Fino all’età di cinque anni per lo scrittore argentino Adrián N. Bravi rifugiarsi sulla cima di un tavolo per sfuggire all’acqua è un gesto abituale. Nel “Bajo” di San Fernando, il quartiere in cui risiede a Buenos Aires, le inondazioni del fiume Luján sono talmente invasive da costringere gli abitanti ad abbandonare le case. All’epoca Bravi non poteva immaginare né che nel suo stesso sobborgo anni prima aveva vissuto anche Adelaida Gigli né che il destino li avrebbe fatti conoscere nel 1988 a Recanati, nel luogo in cui entrambe le loro famiglie decisero di emigrare.
Dall’incontro di due esistenze simili, entrambe “divise tra due mondi”, nasce un’amicizia indissolubile. Lo scrittore ne affida il ricordo alle pagine del suo ultimo libro Adelaida, edito da Nutrimenti e candidato al Premio Strega 2024. Il romanzo è stato proposto da Romana Petri con la seguente motivazione:
[…] La scrittura mirabile di Bravi è come uno specchio. Lui scrive guardandoci dentro, ma non trova sé stesso. Flaubertianamente indentificato con Adelaida è lei che fa muovere, rivivere, soffrire, ma avere ancora qualche fondamentale, fugace appuntamento di felicità nell’ultima parte della sua vita solitaria. È da quello specchio che Bravi si accorge, nei funerali di Adelaida, di come sia inutile, a volte, chiudere gli occhi dei morti. Chi l’ha detto che non possano vederci? Un’opera di rara bellezza (molto più di una biografia). Bravi, con Adelaida, ci offre in dono la vita di una donna unica, che nessun lettore potrà mai dimenticare.
La donna di Contorno
Nata nel 1927 a Recanati da madre argentina e padre italiano, Adelaida abbandona l’Italia per sfuggire dal clima di repressione imposto dal regime fascista. Arrivata a Buenos Aires, s’immerge nella vita culturale argentina, iscrivendosi alla facoltà di Lettere e Filosofia e collaborando alla fondazione della rivista Contorno con diversi intellettuali, tra cui il futuro compagno David Viñas. Unica donna in redazione, si distingue da subito per la personalità anticonformista e il linguaggio mordace.
I redattori, senza una dimora fissa, si riunivano a discutere nei bar della città o, quando non era possibile, nello studio legale di Ismael Viñas. Durante le riunioni Adelaida metteva in discussione tutto, non c’era argomento, anche il meno importante, che non fosse sottoposto alle sue osservazioni. “Era come Jean Moreau”, aveva detto in un’occasione David Viñas, “una donna da pazzi. Un miscuglio italo-spagnolo-argentino incredibile e scriveva in modo geniale.”
In quegli anni, Adelaida ha due figli, María Adelaide “Mini” e Lorenzo Ismael Viñas Gigli, entrambi militanti del movimento rivoluzionario montoneros per contrastare lo spietato regime del generale Jorge Rafael Videla. La crescente violenza repressiva della dittatura militare schiaccia anche le loro esistenze: tra il 1976 e il 1980 i due ragazzi vengono rapiti dall’Alleanza Anticomunista Argentina e scompaiono senza lasciare traccia, entrando nella lunga lista dei desaparecidos. Lacerata dalla perdita, a Adelaida non resta che richiedere il passaporto italiano e far ritorno nella sua Recanati.
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Tra due paesi, tra due lingue
Sospesa tra due mondi, Adelaida «viveva tra due lingue e le usava all’occorrenza per far tacere quegli spettri interiori che la perseguitavano di continuo.» Consapevole del potere del linguaggio, Bravi opta per l’italiano, mettendo da parte lo spagnolo con cui lei era solita appellarsi ai ricordi e dare voce agli orrori del passato. Agile anch’egli nell’oscillazione linguistica, si districa nel racconto di Adelaida con la sua lingua adottiva e prediletta per la creazione letteraria.
Mi viene in mente il giorno in cui era stato inaugurato il Giardino delle parole interrotte, che si trova in un quartiere di Recanati chiamato Fonti San Lorenzo, dedicato alla memoria dei suoi figli e la commozione nelle sue parole, mentre ringraziava i presenti. Iniziò parlando in un italiano fluido per passare poco dopo, senza accorgersene, allo spagnolo, la lingua dei suoi sentimenti e dei suoi dolori.
Proprio come Adelaida era solita rifugiarsi nell’italiano nei momenti in cui era sopraffatta dal dolore, Bravi comprende che preservare la sua storia significa allontanarla dalla lingua «in cui lei ha vissuto tutta la sua tragedia» e proteggerla in una forma nuova, differente, nella speranza di una riconciliazione.
«La vita come insurrezione»
Adelaida (acquista) è il racconto di un’esistenza, di un’amicizia, di un paese. Lettera dopo lettera, poesia dopo poesia, foto dopo foto, Bravi raccoglie i frammenti di una vita straordinaria e li assembla ricalcando fedelmente il racconto di chi l’ha vissuta in prima persona. La sua scrittura si trasforma in un efficace strumento di memoria, affetto e resistenza, opponendosi con determinazione a qualsiasi tentativo di cancellazione e oblio. Nella prosa limpida e precisa, tratteggia un ritratto vivo di uno spirito ribelle, brillante, indomito, declinando al singolare il fermento culturale, l’impegno politico e l’instancabile resilienza di un’intera generazione in lotta per la libertà.
In questa storia ci sono tanti buchi e tanti spazi scoperti che non sono stati colmati, alcuni sono dovuti alla riservatezza della stessa Adelaida, altri alla mia negligenza, perché certe volte quando si fermava nel mezzo di una storia o di un racconto, io non la spronavo a proseguire per capire meglio la situazione. Forse per pudore o per timore di violare la sua intimità. Lasciavo che fosse lei a raccontarmi quello che le andava di riferire (…) In fondo, la nostra vita non è altro che una schiera interminabile di buchi. Alcuni comunicano in modo sotterraneo tra di loro, altri, invece, restano isolati o troncati di netto nella storia individuale.
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