Una giovane donna intraprende un viaggio nella sua memoria, attraverso una scatola di fotografie di famiglia. Con i ricordi riemergono l’angoscia e la sofferenza del passato, legate all’oscura figura del padre. È questo il nucleo narrativo di Album di famiglia (Entre los rotos, ossia “In mezzo ai rotti”) , romanzo della scrittrice messicana Alaíde Ventura Medina pubblicato all’estero nel 2019 e di recente tradotto in italiano da Sara Papini per la collana I Selvaggi di Polidoro Editore.
La trama di Album di famiglia
La protagonista, di cui non conosciamo il nome, è una giovane donna messicana, entrata in possesso di una scatola contenente delle fotografie della sua famiglia. Alcune istantanee le fanno riaffiorare alla mente momenti felici, risalenti alla prima infanzia, ma si tratta perlopiù di ricordi dolorosi, macchiati dalla presenza di un padre manipolatore e violento. Le vessazioni continue hanno ripercussioni su tutta la famiglia: la madre diventa una donna via via più silenziosa e mesta, una presenza fantasmatica che sembra trovare conforto soltanto nella compagnia del figlio; lo stesso figlio – e, dunque, fratello della protagonista – si trasforma in un guscio vuoto, esile e triste, votato al silenzio perenne come segno di protesta inconscia.
A reagire diversamente è la protagonista, che al mutismo del fratello sostituisce una loquacità chiassosa e un’espansività esplosiva. Il suo meccanismo di difesa è nascondersi dietro la facciata di ragazza estroversa, alla continua ricerca di intessere rapporti duraturi per sentirsi completa. Come confessa all’inizio del romanzo: «noi rotti procediamo spezzati a metà, o così pensiamo. Per questo motivo ci prodighiamo per cercare il pezzo che ci completa. Io ho sempre voluto fare parte di una squadra».
La struttura di Album di famiglia
Il romanzo è diviso in tre parti, ognuna delle quali composta di tanti minuscoli capitoli, della lunghezza di una, due, massimo tre pagine. Il ripescaggio di una foto dalla scatola del fratello è, per la protagonista, il punto di partenza per riflessioni su se stessa e la sua famiglia. La situazione è chiara sin da subito: il padre è un uomo violento, che tiene in tirannica soggezione la moglie e i figli con abusi verbali e fisici. Ciò che però emerge con più lentezza, man mano che i ricordi si accumulano e le impressioni si ammassano, è lo stato di totale devastazione in cui riversano la madre e soprattutto il fratello, Julián.
L’intreccio non è lineare. Data la sua natura diaristico-riflessiva, la narrazione segue i pensieri della protagonista che, pescando l’una o l’altra fotografia, si abbandona ai ricordi. Questa struttura a “collana di perle”, fatta cioè di capitoli brevi e condensati, spiana la storia persino per il lettore più intorpidito e aumenta la voracità di quello più curioso. Album di famiglia si presta cioè a una lettura frazionata, fatta di tanti piccoli quadri – ovvero, le fotografie – che fungono da scena a sé stante.
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Lo stile di Album di famiglia
Nelle pagine del romanzo ricorrono due tecniche di racconto, inframmezzate alla narrazione più tradizionale, che la protagonista fa suoi personalissimi marchi di fabbrica: la lista e la voce da dizionario. Con la lista, vengono elencati elementi comuni a una determinata realtà o persona, di cui si riassume la natura, come nell’esempio seguente:
Alcune cose che ho ereditato da papà:
La peluria abbondante
Le ossa grandi
La capacità di ferire
L’amarezza
La passione per la musica ranchera
L’appetito
La superbia
Il dono del tradimento spensierato.
Alcune cose che mi sarebbe piaciuto ereditare da papà:
L’abilità al volante
Il senso dell’umorismo
L’eloquenza.
Ma la lista più importante di tutte è quella che riassume in poche parole il rapporto tra la protagonista e il padre. A proposito della morte di lui, stroncato da un infarto, sentenzia:
Modi in cui papà avrebbe dovuto morire:
Pentito.
Con la voce da dizionario, invece, viene distillata l’essenza di qualcosa secondo la visione della protagonista – spesso, si tratta di definizioni volutamente contraddittorie e provocatorie:
Preoccupazione: le cose che mi preoccupano mi feriscono ancora prima di accadere.
Generoso: che dà, che offre. Regali, consigli non richiesti, ordini, botte.
Parlare: inviare un messaggio. Anche il silenzio è un messaggio. Non parlare è parlare.
La ragione di tali ricorsi narrativi non è solo stilistica, ma anche di caratterizzazione. Liste e voci da dizionario sono un metodo per mettere ordine, dare contorni definiti a una realtà indefinibile e incomprensibile agli occhi di chi, come la protagonista, l’ha vissuta nella sofferenza e nella separazione. Una volontà di assetto e controllo che trova riflesso anche nella prosa essenziale, disadorna, spesso ellittica, come nell’esempio seguente:
Nemmeno il mio [corpo] era abituato a sopportare il peso morto e asfissiante del rimorso. Senso di colpa per le cose che ho fatto e ho provocato. Strisce rosse sulla pelle di mio fratello. Uno zigomo purulento. Un occhio gonfio. L’invenzione di una finta varicella che gli avrebbe permesso di restare a casa due settimane.
Il risultato, per il lettore, è spiazzante. Non viene posto nessun velo alla realtà, la quale è presentata in tutta la sua schietta crudezza.
Il rapporto con il padre: una ferita sempre aperta
«So che sono cresciuta divisa tra fazioni e che il mio modo di stare al mondo è una negoziazione costante tra due poli». Così la narratrice sintetizza la sua infanzia, alla stregua di una guerra. E, in effetti, come un conflitto la sua vita reclama feriti e caduti, abbonda di tradimenti e abbandoni – alcuni subiti, altri provocati.
L’origine della sua rottura, per riprendere il titolo originale, è proprio il rapporto conflittuale con il padre, il quale ha il potere quasi magico di attrarla a sé nonostante le promesse di dolore e i passati soprusi. Proprio per questo motivo lo sguardo di lui è definito un “incendio” e un “abisso”: qualcosa che ammalia pur promettendo di ferire. «Il più grande paradosso della mia vita è che papà mi faceva sentire protetta, proprio quando era lui la causa della mia vulnerabilità» dichiara a un certo punto la protagonista. Una contraddizione destinata a spezzarla, impedendole non solo di vivere bene con se stessa, ma anche con il prossimo.
Frammenti di persone
Sin dall’inizio sappiamo che la protagonista è una “rotta”. Tuttavia, arrivare alla fine del libro (acquista) e comprendere la gravità delle sue ferite, avendole rivissute attraverso i suoi occhi, non fa che acuire la sensazione di ineluttabilità davanti a una cultura patriarcale pervasiva, che porta alla frammentazione di famiglie e individui. Il romanzo di Ventura Medina ci consegna personaggi tragici, ma di vitale realismo, e una storia che scuote nel profondo.
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