Anna sta coi morti. In obitorio non ha paura di toccare la vita che se ne va, di circondarsi di corpi freddi che non hanno più nulla da nascondere. Il suo corpo, invece, un segreto ce l’ha, anzi due: aspetta un figlio e le è stata appena diagnosticata la leucemia. Si potrebbe tentare con la chemio, le dicono, ma questo metterebbe a rischio la gravidanza. Una vita per una vita. Per curarsi, Anna dovrebbe abortire, ma decide di anteporre la vita del feto alla sua. Forte della sua esperienza con la morte, con freddezza accetta di morire pur di portare avanti la gravidanza, senza neanche la certezza di riuscire a dare alla luce suo figlio. Non ammette discussioni, neppure con Enzo, il compagno. La sua decisione è categorica.
Anna sta coi morti è il romanzo che Daniele Scalese firma per Pidgin Edizioni, una storia dalle atmosfere crude e pre-luttuose, il tortuoso percorso di una vita che lotta doppiamente contro la morte, la spettacolarizzazione di un dolore intimo. È l’attesa. Di un figlio, di un lutto.
La vita è ciò che facciamo per noi mentre lei fa qualcosa di noi e sott’acqua non puoi chiederti perché stai annegando, ma come tirarti fuori.
Enzo racconta la storia di Anna, e nel mentre si racconta. La sostituisce nel suo lavoro di tecnico d’obitorio, tra buie mura sterilizzate e corpi rigidi, un luogo ambiguo e pieno di segreti, quasi un conforto rispetto all’appartamento in cui aleggia il clima di lutto della malattia.
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«Anna sta coi morti», il rifugio dal dolore della vita stessa
Sotto suggerimento di Enzo, Anna rilascia delle interviste per il programma televisivo Ricordati di santificare i vivi, partecipa e si presenta sui social raccontando, giorno per giorno, il suo percorso. Mentre malattia e gravidanza avanzano di pari passo, Anna si mostra in pubblico sempre più forte, decisa della propria battaglia, ma nel privato prende il sopravvento una parte vulnerabile dei due. La disperazione dovuto ai sensi di colpa, la debolezza dovuta alla malattia si trasformano in risentimento all’interno della coppia.
Stavamo attraversando una fase acuta di dolore e il dolore non unisce; il dolore scuce e distanzia.
Pur avendo cercato di avere un bambino, rare sono le occasioni in cui li si vede insieme, nella loro relazione non si percepisce la coppia ma quasi il rancore dell’uno verso l’altra. Anna accusa Enzo, Enzo dà la colpa ad Anna della situazione, delle medicine, dalla gravidanza (a ritroso) fino al loro primo incontro.
Attraverso Enzo assistiamo alla lenta distruzione di una relazione, un duplice lutto con cui fare i conti. Ognuno sembra vivere da solo, chiuso nel proprio dolore che li divide e li unisce al contempo. Anna è ancora viva ma profuma di morte, è già morta. Lei e quel feto che più di Anna lotta per la vita.
Anna si strinse a me. Sentii la vita. Poi il solito odore. La morte si era incastrata tra i capelli e i vestiti.
Enzo conosce già la morte, ha dovuto imparare a farci i conti molto tempo prima del lavoro in obitorio, della malattia di Anna. Il ricordo dell’abbandono del padre e della morte di Eva, la sorella, non gli dà tregua. È una cicatrice che neppure Anna è riuscita a guarire. È un vuoto troppo grande per essere colmato, una morte che ingloba altre morti.
I familiari sono pezzi dello stesso corpo, la morte di uno colpisce tutti. La notte della morte di mia sorella per me morì anche mia madre. E nessuno ha la forza di gestire due lutti.
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Un freddo confronto tra la vita e la morte
Anna sta coi morti (acquista) è la storia di due solitudine che non riescono a farsi carico del dolore dell’altro perché appesantiti dalle proprie ferite, ancora brucianti. La morte è la loro compagna, mai nemica o sfidante, è il rifugio dal dolore della vita stessa.
Ci vuole una buona dose di coraggio per guardare attraverso il proprio cuore infranto e trasformare una personale disperazione in una storia e accettare la fine – la propria o di chi ci sta intorno. Daniele Scalese, già autore di due romanzi (Le streghe, Virgilio, e Non desiderare la roba d’altri, Porto Seguro), con uno stile di scrittura minimalista e una penna graffiante afferra il bisturi per aprire un freddo confronto tra la vita e la morte. Un romanzo consigliato a chi non ha timore di usare la propria sofferenza per trasmettere un messaggio collettivo. Allo stesso modo, è un romanzo dedicato a chi non ha paura di affrontare il dolore, di osservarlo dalle fessure dell’oscurità, anzi come Enzo ha bisogno di viverlo rifugiandosi nella propria solitudine.
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