William T. Vollmann è un autore unico, tanto che sia al lettore sia al critico risulta complesso trovare modelli del passato ai quali possa essersi ispirato o comunque scrittori contemporanei a lui assimilabili. La scrittura di Vollmann è travolgente, un perenne flusso di coscienza razionalizzato da documentate statistiche. La sua cultura consiste nell’immagazzinare ed elaborare tutti gli input che il mondo gli fornisce. Qualunque accadimento – dal più grandioso al più banale – diventano spunto per un racconto, una riflessione. Proprio per questo è complesso definirne l’opera, tanto immensa quanto puntuale.
Da qualche anno Minimum Fax sta compiendo un’azione di recupero portando nuovamente in libreria classici come I racconti dell’arcobaleno, Storie di farfalla e Come un’onda che sale e che scende; tuttavia, è con L’atlante che riusciamo – forse per la prima volta – a inquadrare la produzione tutta di uno degli autori più eccezionali dei nostri tempi.
Un pellegrinaggio
Edito originariamente negli Stati Uniti nel 1996, L’atlante è una delle quattro raccolte di racconti di William T. Vollmann. Questa volta l’autore – più delle altre – intraprende un viaggio fisico e metaforico nei luoghi che l’hanno più influenzato e affascinato. È negli anni di pellegrinaggio, infatti, che documenta tutto ciò che lo circonda, trovando gli spunti per i lavori che gradualmente prendono forma nella sua mente. Sì, perché in Vollmann persiste l’urgenza della scrittura, essa sia pura narrativa o saggistica.
Provvisto di un’ironia struggente, scava partendo dalla superficialità di ogni reazione, evento. I dialoghi con personaggi più o meno fittizi diventano quasi delle interviste, senza che essi scadano mai nel banale. Ecco che improvvisamente nel corso della lettura troviamo personaggi familiari usciti da I poveri oppure da Storie della farfalla:
In una notte di pareti azzurre e odore di benzina, le ombre di pavone del suo vestito fluttuavano di qua e di là. Quando ne palancava i olori degli uomini le strisciavano dietro come vermi. Sbarre di oscurità, pareti tigrate di luce e ombra, circondavano il cemento trasformandolo in un nulla dove lei diventava un’icona imprigionata nell’oro. […] Lei giocava con una goccia di sangue, una goccia di sangue piccola e rossa che gli altri credevano un rubino. Lasciò che restasse un segreto nel cavo delle sue mani.
Oppure si delineano chiaramente i paesaggi americani come nei romanzi La camicia di ghiaccio, Venga il tuo regno e I fucili. La storia si interseca così con la finzione, donando alla narrazione di Vollmann un’aurea di affabile rassicurazione. Diventa un bardo, capace di cantare i dolori e le gioie delle origini della propria terra:
Le colline sembravano seni verdi. Nei vasti ammassi di foresta azzurra e verde sorgevano magre betulle bianche bisognose di un abbraccio. Davanti e dietro sorgevano massicci celesti. La Baie Saint-Paul era ampia e azzurra, celeste come un mare. La riva lontana non era che una vaga nebbia solidificata.
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Meditazioni sulla morte
Durante la sua produzione, l’autore ritorna più volte su determinati concetti con alcune significative variazioni. Oltre ad essere un antropologo sui generis, Vollmann non si accontenta di studiare il fenomeno, bensì lo disseziona. Così alcune impressioni sui Balcani piuttosto che del sud-est asiatico verranno riprese in Ultime storie e altre storie, piuttosto che le riflessioni sulla morte e la violenza troveranno terreno fertile nel già citato Come un’onda che sale e che scende.
Proprio la morte per Vollmann rappresenta un leitmotiv della sua opera. Ne L’atlante il capitolo Sotto l’erba risulta decisamente uno dei più suggestivi dell’antologia: si spazia dalla morte della sorella per annegamento alle catacombe romane. Riprendendo le Tre meditazioni sulla morte, l’autore si abbandona a lirismi difficilmente eguagliabili:
Feci spegnere il tuo compleanno come la luce di una candela e smorzai la calce dell’anniversario della tua morte. Dimenticai ogni tua parola, il suono della tua voce e i nostri giochi da salamandre, ma mamma ripose i tuoi vestiti in naftalina dentro un baule di cedro dove diventavano ogni anno più piccoli e più gialli (anche se non ho mai guardato) mentre il tuo viso cresceva con il mio. Adesso sei la mia strega bianca.
Il Vollmann errante
Un viaggio errante senza meta apparente conduce lo scrittore verso la conoscenza. Vollmann vive e lo fa attraverso l’esperienza, forte e matura. Però, la convinzione a volte vacilla ancorandolo alla strenua convinzione d’essere umano e quindi fallibile.
La grandezza di Vollmann giace tra le righe di ogni sua singola annotazione. L’atlante (acquista) è summa della sua enciclopedica produzione, l’ideale sia per l’approfondimento sia per il primo approccio. Punto di partenza e conclusione per scoprire uno dei cantori più appassionati degli ultimi decenni:
Ebbe un attimo di malinconia come gli succedeva sempre il giorno di partire per latitudini sconosciute, ma poi si scoprì a ricordare la notte di dicembre in cui era rincasato da un viaggio, aveva portato di sopra il borsone e si era addormentato in pochi minuti; ma si era svegliato presto, le viscere ancora ingolfate dal tempo di un altro paese dove nulla sovrasta il mare di cobalto.
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