La bicicletta

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Mi tiene ancora per il polpaccio, il piede destro non c’è più. Tento con le braccia di spingere per uscire dall’acqua, ho bisogno d’aria. Mi trattiene, sta cercando di farmi annegare.
Ero venuta qui per distrarmi dallo stress, per rilassarmi e passare qualche ora tranquilla. Stavo seduta vicino a un buco tra gli scogli. A ogni onda fuoriusciva uno spruzzo d’acqua. Mi piaceva il suono e mi piaceva che mi arrivasse addosso qualche goccia fresca. Non c’è più il caldo forte estivo, ma ci sono comunque ancora ventisette gradi. L’ho letto sull’insegna della farmacia poco prima di imboccare il litorale.
Poi sono scesa dalla bicicletta, l’ho poggiata a terra, ho ripiegato un asciugamano e mi ci sono seduta sopra, per evitare la superficie appuntita degli scogli. Mi divertivo a guardare l’arcobaleno formato dal sole, ogni volta che l’acqua fuoriusciva a forte velocità dal buco. Ho chiuso un attimo di troppo gli occhi per asciugare il sale dalle ciglia, e mi sono ritrovata in acqua. Non so nemmeno come ho fatto a non scorticarmi lungo le pareti aguzze, gli abiti un poco si sono strappati. Sono qua sotto non so da quanto, devo respirare. Scuoto la gamba, spingo con le braccia con tutta la forza che ho. Alla fine mi arrendo. Le bolle smettono di salire, i capelli galleggiano verso la superficie, vedo salire verso l’alto la scarpa.
Sono morta?
Mi vedo da un punto sott’acqua, trattenuta da un’alga gigantesca arrotolata intorno alla gamba. Tento di nuotare fino al buco, per arrampicarmi e uscire. Il sole è quasi del tutto tramontato, l’acqua ha perso trasparenza, non riesco a orientarmi. Sono sott’acqua da parecchio, sono morta per forza. Però mi sento viva. Avvicino il piede al moncherino ma non succede niente. Mi aspettavo che si riappiccicasse e che tutto tornasse come prima. Mi adagio sul fondale, tenendo il piede tra le mani. Magari domattina mi verrà un’idea buona. Per ora posso solo aspettare il ritorno della luce. Non è facile restare immobili sul fondo. Provo a sdraiarmi ma la corrente mi tira su. Ho paura che il piede se ne vada in superficie a galleggiare, se mi dovessi addormentare. Lo infilo sotto la maglia. Sento sul viso qualcosa, forse un pesce di passaggio. Sul moncherino avverto dei denti che mordono la carne. L’urlo viene inghiottito dall’acqua, scavo nella sabbia, sprofondo. Non c’è più acqua. Avverto la consistenza di una corteccia di albero. Provo a tastoni ad arrampicarmi, mi pare di aver trovato un punto in cui due grossi rami si biforcano. Mi siedo lì. Un rumore mi fa accapponare la pelle, l’albero sta vibrando. Ho la sensazione di essere sulle montagne russe, mi sento le viscere aggrovigliate. Continuo a salire verso l’alto, vengo scaraventata con forza, ripiombo in acqua con un tuffo poderoso, da non so quale altezza.
Controllo che il piede sia ancora con me, sotto la maglia. Il cielo è scuro. Sento il vento sul viso. Devo essermi allontanata moltissimo dalla riva. Non vedo nessuna luce, né di case né di lampioni o di insegne. Un rumore, sembra quello di un remo nello scalmo, un secondo dopo mi arriva un colpo sulla schiena. Afferro la pala e attraverso l’asta risalgo a tentoni fino all’impugnatura.
– C’è qualcuno?
Non risponde nessuno. Sento solo lo sciabordio del mare contro la barca. Mi aggrappo al bordo, mi lascio cadere all’interno. Non avverto nessun respiro, né movimento. Ci sono solo io. Non so da che parte andare. Mi assicuro che i remi siano all’interno dello scafo e mi stendo a dormire.
Sogno una barca che va a velocità folle in retromarcia, cerco di frenare e non ci riesco, arriva sul bagnasciuga ma non si ferma, corre all’impazzata oltre la strada, nei campi, alla fine si schianta contro un lampione sfasciandosi e catapultandomi in alto.
Mi sveglio di soprassalto, convinta di stare per sfracellarmi da qualche parte. Sono sugli scogli, mezza sdraiata sull’asciugamano. La bicicletta mi è caduta sul piede, si è addormentato, non lo sento più. Lo muovo per riattivare la circolazione sanguigna e inizia il formicolio. Ho l’indice sbucciato, ci sono finita sopra con la testa. Forse ho avuto un colpo di sole. Raddrizzo la bicicletta, farò meglio a tornare a casa a riposare, si sta facendo buio. Mi sistemo i capelli e gli abiti, salgo in sella.
Un tir suona forte, ho la ruota anteriore già in strada, non faccio in tempo a tornare indietro. Il piede si stacca nell’urto. Volo per aria, finisco nel buco, l’indice si impiglia negli scogli, si stacca di netto. Il corpo sprofonda tra le alghe. La corrente lo spinge al largo. Un pescatore sbatte col remo contro qualcosa. La scogliera è battuta dalle onde, c’è un vento fortissimo. Il sole dell’alba illumina una folla di sconosciuti accalcata intorno a un cadavere. Lo guardo anche io.

Racconto di Grazia Palmisano / Immagine di Marina Lucco Borlera

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Redazione MM

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4 Comments

  1. La bellezza in questa storia la si può trovare cercando di immaginare dopo ogni parole letta dove ci condurrà Grazia, quale sorte mai avrà riservato al personaggio di turno. Voi tutti sarete più bravi di me, però, trovando la bellezza nel solo cercare, nel solo leggere, nel…
    Ci vediamo.al prossimo scritto di Grazia, io ci sarò.

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