Da venerdì 8 a domenica 10 marzo l’editoria indipendente è tornata protagonista di una fiera giunta ormai alla sua ottava edizione: Book Pride Milano, che da diversi anni si svolge negli spazi del Superstudio Maxi. Abbiamo partecipato a diversi degli eventi in programma – tutti accomunati dal titolo Cosa vogliamo – e, a qualche giorno dalla chiusura della kermesse, siamo qui a tirare le somme su quelli che ci hanno colpito di più.
«Povere creature!»: dal libro di Alasdair Gray al film di Yorgos Lanthimos
All’incontro «Dall’universo anticonvenzionale di Alasdair Gray allo steampunk femminista di Yorgos Lanthimos», tenutosi nel pomeriggio di sabato 9 marzo, Enrico Terrinoni e Marina Pierri hanno cercato di contestualizzare il fenomeno mediatico di Povere creature!, partendo dall’opera che lo ha ispirato (acquista). Già edito da Safarà Editore, il libro rappresenta, come molte altre opere di Alasdair Gray (1934-2019), una sintesi del gusto e dello stile del suo autore.
Scrittore estremamente colto, Gray è stato capace di attingere al romanzo gotico così da reinterpretarlo in chiave postmoderna. Il libro, perciò, deve molto alla letteratura di genere, senza però rinunciare a una vera e propria propensione politica. Un romanzo “del fare” che, grazie ai suoi continui richiami, diventa addirittura prismatico nell’analizzare le più svariate tematiche.
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Convinto socialista, Gray è riuscito a destreggiarsi tramite una storia sconvolgente tra il femminismo fin de siècle, il socialismo e l’indipendentismo scozzese. Forse, proprio in quest’ottica, il film di Lanthimos, nonostante gli indubbi meriti, manca il bersaglio. Malgrado la trasposizione coraggiosa e l’indubitabile qualità tecnica, la pellicola – vincitrice dell’Oscar per la miglior attrice protagonista, la miglior scenografia, i migliori costumi e il miglior trucco e acconciatura – non riesce a scandagliare a fondo l’universo del suo ispiratore, Gray, un autore eccezionale, da scoprire di libro in libro.
La metamorfosi secondo «Crisalide» di Anna Metcalfe
La giornata di sabato ha visto anche un evento con cui Anna Metcalfe ha cercato di dare una risposta al tema di questo Book Pride: Cosa vogliamo. L’autrice ha esordito con Crisalide, edito da NN editore (acquista): un libro folgorante, una rivelazione nel panorama prima anglofono e poi internazionale.
Come ha precisato la moderatrice Cristina Marconi, si tratta di un’opera che denota una certa maturità espressiva e una completezza di struttura che difficilmente trova dei corrispettivi nella letteratura contemporanea. Crisalide è una sorta di visione, suddivisa in tre parti. In ogni sezione si impone il punto di vista di un personaggio che racconta l’evoluzione della protagonista.
Già nominata dalla rivista Granta tra i venti migliori giovani scrittori britannici, Metcalfe ha dichiarato di aver preso ispirazione da La vegetariana di Han Kang. In Crisalide una donna decide di isolarsi, tagliare tutti i ponti con l’esterno. Sceglie, dunque, di costruirsi al di fuori di ogni pressione sociale, con i suoi ritmi. Per l’autrice, questo suo esordio ha come intento quello di entrare nella coscienza dell’altro, cercando di uscire da sé stessi senza limitare la narrazione. Un obiettivo ambizioso che cerca di rispondere a questa domanda: cosa bisogna fare per sentirsi sicuri?
«La coppia felice», viaggio nella Irish wave
Sempre nel pomeriggio di sabato, la scrittrice irlandese Naoise Dolan ha dialogato con la traduttrice Claudia Durastanti in occasione della presentazione a Book Pride del suo secondo romanzo, La coppia felice (Atlantide, acquista).
Per fare eco al titolo di Jeffrey Eugenides citato da Durastanti durante l’incontro, la “trama del matrimonio” centrale a La coppia felice si dipana in un gioco di relazioni complesse e intricate, di rapporti di dominazione, sottomissione, rovesciamento, desiderio di mobilità sociale e potere. Sono questi temi cari tanto a Naoise Dolan quanto a buona parte della Irish wave della letteratura contemporanea di cui essa stessa fa parte: pur senza paragoni espliciti, Dolan ha sottolineato la necessità, per la sua generazione, di esplicitare una specificità di esperienze rispetto a una dimensione generale della letteratura, e dei mass media in genere, ancora di stampo decisamente statunitense.
Ancora più che una semplice presentazione, l’incontro ha assunto la forma di un dialogo sull’appartenenza culturale e linguistica: Naoise Dolan, giovane autrice irlandese residente a Berlino ha conversato in un perfetto italiano con Durastanti, traduttrice ed essa stessa autrice nata e vissuta tra l’Italia e gli Stati Uniti. È allora in un’Irlanda tragicomica che si collocano i personaggi de La coppia felice: il matrimonio tra i protagonisti Celine e Luke è un escamotage narrativo che fa da perno a questo cambio continuo di prospettive, in un incastro geometrico di amori e disamori, relazioni queer e aspettative di eteronormatività, simpatie e antipatie che ci rende imperfetti, umani e reali.
Cantiere Esordi, una pietra miliare di Book Pride
Da sempre Book Pride dedica ampio spazio agli autori emergenti con alcuni eventi ad hoc, che rientrano sotto l’ombrello dell’iniziativa Cantiere Esordi. Protagonisti del primo appuntamento sono stati Damiano Scaramella, autore di Come in cielo (NN Editore, acquista), Silvana Miano con Nataroccia (Agenzia Alcatraz, acquista) e Domenico Ippolito con Un giorno tutto questo finirà (Exòrma, acquista). La discussione, guidata da Nicola H. Cosentino, è iniziata con la domanda più importante: quando ci si rende conto di essere diventati scrittori? Per Miano questo momento è arrivato quando il suo romanzo ha preso forma, mentre per Ippolito è giunto quando si è reso conto che la scrittura era diventata qualcosa di intrinseco alla propria quotidianità. Secondo Scaramella, infine, scrittori lo si è per un breve momento, ovvero quando si riesce a dar forma alle voci.
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Se Miano, però, è un’esordiente assoluta che dalla finale del Premio Calvino vive tutto giorno per giorno senza pensare al dopo, Scaramella ha alle spalle anni di esperienza come editor e il suo esordio gli ha fatto capire come ci si sente a trovarsi dall’altro lato. Per Ippolito, invece, questo in realtà sarebbe il suo secondo romanzo, ma visto che il primo è stato pubblicato in piena pandemia, considera il suo ultimo libro un nuovo inizio e dunque un secondo debutto.
Dopo una panoramica sui personaggi dei vari romanzi, Cosentino ha concluso il dibattito chiedendo agli autori di cosa parlassero i loro libri – non solo il loro esordio, ma anche quelli che verranno. Miano ritiene fondamentale l’espressione “autodefinirsi”, ovvero la conquista e la difesa di uno spazio di libertà di esprimere sé stessi. Scaramella, invece, ha affermato che i suoi libri debbano parlare dell’”estate”, non in senso stagionale, ma nel senso di sentimento cocente che arriva all’improvviso, mentre Ippolito definisce la ricerca dell’altrove punto centrale dei suoi libri.
Le nuove voci della narrativa italiana
«Quando leggo un romanzo cerco una voce che sia originale. Voi oggi state testimoniando a un’esplosione, delle voci che resteranno. Questi autori hanno scritto per rimanere». È con queste parole che l’autore Mattia Insolia ha presentato i quattro esordienti del secondo appuntamento del Cantiere Esordi di Book Pride. E la domenica di pioggia non ha frenato la voglia dei lettori di conoscere le penne emergenti più interessanti della nuova narrativa italiana.
«Gli esordi sono piccole esplosioni» ha affermato Insolia nel presentarli: Giuseppe Quaranta, autore de La sindrome di Ræbenson (Atlantide, acquista); Morena Pedriali Errani, autrice di Prima che chiudiate gli occhi (Giulio Perrone Editore, acquista); Giulia Della Cioppa, autrice di Ventre (AlterEgo Edizioni, acquista); e Alice Scornajenghi, autrice di Atti puri (Nero Editions, acquista).
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Scrittura, voci, indagini, messaggi e desiderio. Sono questi i temi tratti dagli autori nel descrivere questi romanzi molto diversi tra di loro. Se per Quaranta si è trattato di una «scrittura fatta di nascosto», per Pedriali Errani scrivere era quasi un atto di fede nei confronti della nonna e di tutte le famiglie rom e sinti: «Nel mio caso è nata prima la storia e poi la voce». Il tema della memoria era molto persistente: l’autrice ha iniziato a scrivere dopo la morte della nonna, il libro è ispirato a lei ma contiene una pluralità di voci femminili. Un romanzo per rimettere insieme i pezzi di una pagina che la Storia ha scelto di non ricordare: partigiani rom e sinti, vittime delle leggi razziali e chiusi dapprima nei campi fascisti italiani e poi deportati ad Auschwitz. «Durante la guerra nella lingua sinti non c’era un modo per dire “io” ma solo per dire “noi”, la mia è una storia collettiva», osserva l’autrice.
A proposito di “voci”, per Della Cioppa la scelta è «arrivata da sé, non avrei saputo scrivere questo romanzo in altro modo. Volevo indagare sui rapporti di potere nelle relazioni intime», potere che entrambe le parti esercitano in momenti diversi, come nel suo caso tra Margherita – la protagonista che ha scelto di morire – e la madre. A chiudere il confronto, Scornajenghi ha parlato di ciò che rende la sua raccolta di racconti unica: il «desiderio di andare oltre la paura. E fare questo percorso guidato dal desiderio, senza seguirlo». Mattia Insolia ha affermato di aver cercato con difficoltà un legame tra i loro romanzi, ma alla fine della presentazione è chiaro che il fil rouge è il coraggio: di osare, di credere nella propria storia, di scrivere.
Esordire a ogni età
L’evento «Esordire a ogni età», organizzato da Accento Edizioni, ha visto il direttore editoriale Matteo B. Bianchi dialogare con due scrittori che hanno da poco pubblicato con questa casa editrice il loro primo romanzo: Laura Eduati, autrice di La ragazza Garbatella (acquista), e Fabrizio Bonetto, autore di Museo di un amore infranto (acquista). Matteo B. Bianchi ha spiegato di avere fortemente voluto questo evento per sfatare un falso mito legato ad Accento Edizioni: l’idea che sia una casa editrice “per giovani” – un’etichetta che, a ben vedere, non significa molto. Accento Edizioni si dedica invece agli esordi e, checché se ne pensi, non sono solo i giovani a esordire. Eduati e Bonetto, per esempio, hanno entrambi superato i quarant’anni.
Cosa vuol dire, quindi, pubblicare il proprio primo romanzo a un’età più matura? Senz’altro si ha alle spalle una maggior esperienza, che può riflettersi in modo positivo sulla scrittura. Le storie dei due autori presenti sono però molto diverse: mentre Fabrizio Bonetto ha coltivato a lungo il sogno di diventare scrittore, e ha ancora nel cassetto svariati romanzi scritti nel corso degli anni e che attendono solo di vedere la luce, Laura Eduati è approdata alla stesura di La ragazza Garbatella quasi per caso, partendo da una rubrica che teneva per la sua attività di giornalista. L’autrice, in ogni caso, non si è detta stupita di questo suo esordio tardivo nella letteratura. Ha confidato, infatti, di non essere nuova alle esperienze vissute in un ordine non canonico, poiché ne ha vissute durante la giovinezza alcune spesso associate a un’età più matura, così come altre solitamente associate alla gioventù sono arrivate per lei solo in un secondo momento. E la pubblicazione del primo libro non ha fatto eccezione.
Forse è proprio questo il grande insegnamento che possiamo trarre dall’evento «Esordire a ogni età» di Book Pride: superare l’idea che esista un tempo “giusto” per le diverse esperienze e ricordare che ognuno di noi è nel proprio tempo, che non ha niente di più o di meno di quello degli altri. Eduati e Bonetto, inoltre, si sono mostrati concordi su un punto, dedicato in particolare a chi vorrebbe cominciare a scrivere ma non sa da dove cominciare: la scrittura è più una questione di disciplina che di talento. Non è mai troppo tardi per cominciare, se lo si fa con lo spirito giusto.
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Trame interspecie, la nuova call del Premio Italo Calvino
Mario Marchetti – presidente del Premio Italo Calvino –, Orazio Labbate e Danilo Zagaria hanno infine discusso e presentato il tema della nuova call di narrativa breve del Premio Italo Calvino: le trame interspecie e tutte le questioni attorno ad esse come la presenza di esseri e sensibilità anormali, l’intrecciarsi di specie diverse, l’esistenza di nuove ecologie e di altre soggettività.
Marchetto ha iniziato dicendo che il pensiero ebraico-cristiano ha posto un solco ben definito fra ciò che è umano e ciò che non lo è, in quanto l’uomo è dotato di un’anima. A seguito di ciò, c’è stato l’Umanesimo, che ha posto l’uomo al centro dell’universo, e la modernità, che lo riteneva l’unico essere dotato di ragione. Se con il Romanticismo si comincia a mettere in dubbio la visione antropocentrica della realtà concependo l’uomo come fuso con la natura, in epoca contemporanea si è cominciato a capire come il totale sfruttamento della natura abbia reso il nostro mondo più fragile e messo in discussione il nostro stile di vita non-negoziabile.
Labbate e Zagaria hanno dunque posto al centro il problema della rappresentazione della natura da parte della cultura. Il primo, per esempio, ha raccontato di come Lewis Carroll faccia parlare la natura per enigmi in quanto comunque entità inanimata, mentre Zagaria ha riconosciuto come il discorso sull’intelligenza dei non-umani sia provocatorio, ma necessario affrontarlo per rappresentare le relazioni fra umani e non-umani senza antropomorfizzare quest’ultimi come fa, per esempio, Bernardo Zannoni con I miei stupidi intenti.
La questione, quindi, si concentra sul momento di cortocircuito che ha luogo nell’istante in cui l’elemento alieno, ovvero estraneo, entra in contatto con noi. Citando Underland di Robert McFarlane, Zagaria ha affermato la necessità di attingere da altre cosmologie, come quelle amerindie, che concepiscono l’uomo come l’inizio di tutto e la creazione del resto come derivante da esso, negando così l’antropocentrismo. Confrontando, invece, M.P. Shiel e Theodore Sturgeon, Labbate ha ribadito, invece, la necessità di lavorare su uno stile che metta in risalto il mutamento della nostra mente nel rapporto con ciò che è non-umano.
Articolo a cura di: Francesca Cerutti, Francesca Fenaroli, Lorenzo Gafforini, Alberto Paolo Palumbo, Serena Votano
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