Book Pride 2022, tenutosi al Superstudio Maxi di Milano, ha segnato il ritorno dei festival in presenza: occasioni di incontro, dialogo, esperimenti di comunità dopo questi anni di isolamento.
Il ritorno dopo la pandemia
Non ricordavamo più come si facesse. Non ricordavamo le file all’ingresso, così vicini gli uni agli altri da poter ingannare l’attesa ascoltando i discorsi degli sconosciuti. Le porte che si aprono sugli stand allineati ordinatamente e destinati a diventare stazioni, porti. Un serpentone di libri, un mosaico di copertine colorate. Passi che si mischiano, voci che si incontrano, non ci facciamo caso ma è la danza della libertà. Mani sconosciute si passano volumi, biglietti da visita e cataloghi – la paura del contatto è un ricordo lontano.
Book Pride 2022 non è stato solo un appuntamento per appassionati di letteratura e addetti del settore, ma una vera e propria riscoperta della libertà. Un’occasione per conoscersi di persona, per sentire il suono delle voci degli autori che abbiamo imparato ad apprezzare. Abbiamo preso treni, metro, alloggi posticci, basta un divano e uno zaino in cui stiano i libri acquistati con l’imperdibile sconto fiera.
Il ritorno dei festival come momento di sviluppo culturale
Dopo due anni di pandemia, di divieto assoluto di assembramenti, i festival sono tornati ad occupare il panorama culturale italiano. Da Bookcity lo scorso autunno, al pluricitato Festival di Sanremo con cui abbiamo inaugurato l’inizio del 2022 al ritmo di Dargen D’Amico e Gianni Morandi, questo tipo di eventi assume un’importanza fondamentale nel periodo storico che stiamo cercando di superare. Dal 2020, infatti, presentazioni di libri, dibattiti, conversazioni letterarie e tavole rotonde sono migrati su Internet, dandoci la possibilità di trascorrere serate piacevoli ad ascoltare i nostri autori preferiti in pigiama. Per quanto ci fossimo abituati all’idea di “uscire restando in casa” e per quanto sotto certi punti di vista potesse anche piacerci – soprattutto in inverno –, aspettavamo il momento in cui spazi espositivi, cinema e teatri sarebbero tornati ad essere affollati. Sognavamo gli assembramenti proibiti.
Un festival non è un semplice programma stampato su carta patinata o una serie di incontri uno dopo l’altro, quanto un’officina di cultura. Un lavoro che coinvolge più persone con mansioni e qualifiche diverse ma un solo scopo: favorire lo sviluppo culturale. Occasioni come queste diventano un vero e proprio momento di incontro tra persone provenienti da ogni angolo d’Italia, incontro che non potevamo avere seguendo delle dirette Instagram. I festival diventano così dei momenti intrinsecamente sociali, degli esercizi di vita comunitaria.
Lingua e diritti al centro
A Book Pride si è parlato di diritti, incontri e scontri di civiltà, lingua, moltitudini di popoli. Il fil rouge è l’alleanza, le forme di collettività umane e non, i legami che le uniscono e i conflitti che le dividono. La letteratura diventa un collante tra i popoli e, in questo caso, un’occasione di ritrovo. Un altro tema che ritorna è quello della lingua, a volte persa, altre ritrovata nelle pieghe del tempo e nelle righe della pagina. Di quella di Grace Paley – autrice di Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta, edito da SUR – hanno parlato Anna Toscano e Gianni Montieri, riflettendo sulla dimensione di estraneità provata dall’autrice americana di origine ucraina davanti alle difficoltà della sua famiglia di comprendere il suo modo di esprimersi.
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E di lingua e diritti – in particolar modo diritto all’aborto – si è discusso anche con Lorenzo Flabbi, traduttore di Annie Ernaux. Un festival deve necessariamente rivolgersi all’umanità parlando dell’umanità, a maggior ragione in un momento come questo, in cui si passeggia per gli stand con la consapevolezza che non troppo lontano da noi si sta consumando una guerra. Qualcuno potrebbe chiedere perché si facciano iniziative di questo tipo, in tempi bellici. Perché è l’unico modo per parlarci, stringere alleanze, educare al dialogo anziché ai conflitti, una sfida sempre più difficile.
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