Quest’anno il Salone del Libro ha avuto come protagonisti anche i cantautori, come Vinicio Capossela e Francesco Guccini. Entrambi hanno dedicato al pubblico aneddoti e immagini della loro vita e carriera… in veste di autori. Infatti, stavolta non presentavano dischi, ma libri. Del resto, fin dal Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan, nessuno ha mai messo in dubbio un legame sempre vivo tra i parolieri della musica e gli scrittori.
Vinicio Capossela presenta «Eclissica»
Vinicio Capossela porta già dal suo nome, un nomen omen, il peso di una erudizione invidiabile e di un amore viscerale per la letteratura. Si chiama Vinicio, infatti, come Marco Vinicio, protagonista del romanzo Quo Vadis? del Premio Nobel per la Letteratura Henryk Sienkiewicz.
Cominciamo da qui il nostro racconto dell’incontro con il cantautore perché è dalla conoscenza, quasi obbligata fin dal nome, di meraviglie della letteratura che bisogna partire per conoscere Capossela. La sua presentazione parte sì dal suo libro, Eclissica, ma si sposta anche e soprattutto verso la bellezza della parola e della letteratura in generale. Citazioni di grandi autori e cantautori decorano la cornice dorata all’interno della quale c’è tanta sincerità e verità.
Una verità che si rivela nella natura stessa di Eclissica (acquista), un diario di bordo in cui è la protagonista è l’umiltà e la semplicità. «Il decoro ci sta rovinando», ha detto Capossela, spiegando come adori vivere vicino a un quartiere “sporco”, nel senso positivo. «Sporco di vita, di umanità», afferma. La pandemia ha incrementato quella diffidenza che le convenzioni sociali come l’idea di “decoro” avevano già alimentato nei cuori delle persone. Ci mancava solo questo, dice Capossela, per dare all’umanità ancora una ragione in più di etichettare qualcuno come diverso.
L’incontro si concentra molto sull’idea di comunità e di casa. La casa non consiste in quelle quattro mura che definiamo così, ma in tutto il mondo. Un legame profondo tra gli esseri umani. Da qui citazioni letterarie che rimandano all’idea di unione tra gli uomini, a una Itaca che consiste nel mondo stesso. Per questo ovunque andiamo, siamo diretti verso casa. Vinicio Capossela a tal proposito cita Novalis:
«Dove siete diretti?»
«Sempre verso casa».
Importante sottolineare anche come a questo discorso sia corrisposta una coerenza nei fatti. Conclusasi alle 21, la conferenza sarebbe andata a confluire in un firmacopie, ma il Salone stava chiudendo. L’umilissimo Vinicio Capossela decide allora di firmare le copie in piedi mentre si muove verso l’uscita del Salone del Libro, scambiando chiacchiere e aneddoti, in un momento di condivisione unico nel suo genere. Alle foto con mascherine predilige firme e dediche e non perde occasione di incantare con riferimenti etimologici riguardo ai nomi delle persone che si trova davanti. Ogni volta che firma un libro, è lui a ringraziare l’altro, non il contrario. Si sente il bisogno di contatto di un cantautore che ama stare tra la gente “sporca”, nel senso di umana. Così avviene questo atipico firmacopie senza gli ammiratori non in fila e l’autore in cattedra, ma con il cantautore che passeggia insieme a loro, tutti ancora più consapevoli di stare andando verso casa.
Francesco Guccini presenta «Tre cene»
Nella serata di sabato 16 ottobre la Sala Oro del Salone del Libro ha ospitato Francesco Guccini. Definita da Nicola Lagioia uno degli eventi più attesi della manifestazione, la presentazione ha registrato il tutto esaurito. Fin dall’ingresso Guccini è stato accolto da un lungo applauso. Il cantautore, ormai più che ottantenne, avanza sul palco e ringrazia per la grande affluenza. Con lui ci sono il giornalista Massimo Bernardini e l’attore Fabio Zulli. Guccini presenta il suo Tre cene (l’ultima invero è un pranzo) (acquista) edito da Giunti Editore.
Tre pasti, dunque, che raccontano un’Italia dei decenni passati. Dagli anni Trenta – preludio al secondo conflitto mondiale – agli anni Settanta, per finire poi in una narrazione alle porte del nuovo millennio. Guccini parla in maniera colloquiale, senza alcuni fronzoli. Spesso si esprime con il dialetto abbandonandosi a calorose descrizioni del suo Appennino. Nel cantautore più che nostalgia c’è consapevolezza. A distanza di più di trent’anni dal suo debutto narrativo – con Cròniche epafàniche (acquista) del 1989 –, Guccini ritorna con la voglia di raccontare la sua terra in tutte le sue sfumature.
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Momenti goderecci si alternano ad amare riflessioni. I suoi personaggi sono prima protagonisti di scene comiche e grottesche e poi vengono abbandonati a un destino tragico o che, comunque, spinge il lettore ad interrogarsi sulla nostra storia. È un dato di fatto, un’ovvietà, che l’Italia narrata da Guccini non ci sia più, eppure possiamo ancora oggi scorgerne i lineamenti. Tre storie appassionate in cui viene evidenziato in tutta la sua popolarità un amore incrollabile per l’uomo e il suo destino.
Guccini afferma di dedicarsi ormai esclusivamente alla narrativa. Lo contraddistingue, ed è più che mai presente, la volontà di raccontare ciò che ha vissuto. Più di una volta accenna al fatto di stare pensando alla stesura di un libro intitolato Racconti modenesi. La presentazione è costellata di aneddoti, coloriti dal suo accento marcato. Zulli legge alcuni brani tratti dalla prima cena e conferisce al testo tutta la sua tipicità: il dialetto emiliano si alterna al toscano, proiettando lo spettatore nel racconto.
Ad ogni intervento del cantautore il pubblico applaude. Lui ride fra sé, borbottando qualcosa sul fatto che non sia necessario. Nella Sala Oro, per questa piacevolissima ora, c’è stata un’atmosfera di altri tempi e Francesco Guccini continua a influenzare intere generazioni con la sua opera.
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