Lea Russo è sempre stata affascinata da Vittoria, così come molti degli abitanti di Scauri, che erano soliti supporre molte cose su di lei. Supposizioni destinate a rimanere tali perché di Vittoria nessuno ha mai saputo realmente qualcosa.
Edito da Sellerio Editore, primo romanzo di Chiara Valerio per la casa editrice, «Chi dice e chi tace» è candidato al Premio Strega 2024 su proposta di Matteo Motolese con la seguente motivazione:
Chiara Valerio sceglie la forma dell’inchiesta, dell’indagine per scrivere un romanzo di rara intensità, ritmato con straordinaria sapienza narrativa, sull’ambiguità dei nostri desideri, su come ciò che sappiamo degli altri – quelli che ammiriamo, che amiamo – ma anche di noi stessi sia un orizzonte sfuggente, parziale, sempre in movimento.
Lea, Vittoria e il ritratto di una Scauri degli anni Settanta
Tutti facevamo sempre le stesse cose. Tutti sapevamo tutto di tutti. Tutti ci accontentavamo di ciò che avevamo davanti agli occhi. Tutti attribuivamo un certo valore alla forma. (…) Tutti sapevamo tutto di tutti. Tutti facevamo sempre la stessa cosa. Era facile trovarsi, e facilissimo evitarsi.
È Scauri, un paese del basso Lazio, il luogo in cui Vittoria decide di vivere gli ultimi vent’anni della sua vita, un posto in cui sapeva che non avrebbe incontrato persone della sua vita precedente, della sua vita romana. Dà inizio a questo nuovo capitolo con Mara, una ragazza che potrebbe essere sua figlia, ma che figlia non è. Poi, un giorno, Vittoria viene trovata morta nella sua vasca da bagno: un incidente apparente, un evento che tutti definiscono disgrazia e accettano come tale, ma che per Lea Russo non lo è. Da qui, inizia il romanzo.
L’arrivo di Vittoria rompe la quotidianità di Scauri: in paese tutti conoscono tutti, tutti sanno (apparentemente) tutto di tutti, ma nessuno conosce Vittoria, la sua storia, il perché si sia trasferita accompagnata da una ragazza così giovane. Si dice che abbia adottato Mara, si dice che i genitori di Mara siano morti e che lei se ne sia fatta carico. Ma a Scauri si dicono molte cose: la gente è abituata così. Quando però la sua elegante figura diventa familiare, le domande si placano. Eppure «nonostante la confidenza che tutti sentivamo con lei, sapevamo solo ciò che vedevamo.»
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Esplorando l’ignoto
Chi dice e chi tace è in primis un percorso alla scoperta di sé stessi, in cui Scauri, anziché fungere da semplice sfondo, diventa una presenza quasi opprimente. In un contesto in cui tutti credono di conoscere tutto, basandosi unicamente su ciò che vedono, emerge che nessuno, in realtà, conosce davvero la propria identità. Le pagine diventano dunque testimonianza di un viaggio attraverso i meandri della memoria, un’esplorazione in territori ignoti, un’indagine sull’essenza stessa dell’identità umana. Un percorso che si intreccia di conseguenza (e inevitabilmente) con i misteri di un paese che custodisce segreti come radici sotterranee, perché «la memoria del paese ha mille nodi» e «ha radici che si scambiano informazioni.»
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Riflessi di resilienza
Lea si ritrova a vagare in questo labirinto di domande senza risposta, incerta se sia alla ricerca di una verità che risponda ai suoi interrogativi personali o che sveli i misteri celati dietro la morte di Vittoria. Una ricerca ossessiva che la porta ad esplorare la propria coscienza. Ma quale verità si cercano, alla fine? L’unica certezza è che la verità stessa non è una condizione statica e immutabile, ma piuttosto un concetto dinamico e mutevole che può essere influenzato dal trascorrere del tempo e dalle circostanze.
Era un rompicapo. Non che cos’è la verità, ma quando è la verità. Quando una cosa è vera e quando smette di esserlo o quando è falsa e diventa vera. Insomma, la verità rispetto al tempo non vale niente.
L’assenza di dialoghi ben scanditi dà l’impressione che Chi dice e chi tace (acquista) sia un continuo flusso di coscienza, in cui ci si dà del tu, del lei o del voi a seconda dell’argomento: una scelta perfettamente in linea con la narrazione poiché «nel paese si toglie e si dà confidenza secondo l’argomento di cui si sta parlando e secondo cosa si vuole ottenere.»
Dorasia Ippolito
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