Coltiva il dubbio Pier Luigi Luisi, e nel farlo dà vita a una storia di rinascita e riscatto, un viaggio spirituale che intreccia introspezione e ascesi, lavoro sui sentimenti e riflessione antropologica.
Non c’è da stupirsi dato il percorso intellettuale e umano dell’autore, docente universitario di Biochimica e scrittore dalla vena delicata, ben profusa nell’“autobiografia sognata” – per ricorrere al sintagma di Gérard Genette – All’ombra dei fichidindia (Medea, 2021).
Anche stavolta, dopo aver raccolto ataviche suggestioni, inafferrabili nel loro legame con le singolarità umane, Luisi puntella Le cinque porte della felicità (Edizioni fuori stampa, 2022) di riferimenti colti, che focalizzano il suo bagaglio intellettuale tracciando, al tempo stesso, le direttrici di un percorso impensato.
Cos’è la felicità?
Che cos’è la felicità e come è possibile raggiungerla? A partire da questa domanda Pier Luigi Luisi dispiega il suo sguardo limpido, privo di potere e dunque mai giudicante, osservatore dell’animo umano in subbuglio, pronto a interrogare e interrogarsi.
La storia che racconta, stavolta, è quella di un uomo in cammino, Marcello, ex monaco buddista richiamato nel passato dall’amico Matteo, che – al contrario di lui – ha condotto il percorso fino in fondo, imparando a respingere i desideri, a sublimarli. Gravemente malato, Matteo conserva una tempra che induce il protagonista a uno scandaglio interiore fatto di incontri e memorie (in)felici, in un viaggio à rebours che procede all’indietro, tra occhi di donne amate e volute, mai dimenticate.
La bella castellana, anzitutto, indimenticata passione, poi Adelaide, la piccola Maria, Eva, e la monaca Hong che gli illustrerà le porte della felicità, tanto agognata da essere imprendibile, irriducibile a una sola definizione, a una strada prestabilita.
Leggi anche:
Un caleidoscopio di storie e stili
Un viaggio alla scoperta del sé
È un personaggio-uomo Matteo, di quelli che Giacomo Debenedetti inquadra per definire il Novecento, per fissarne i contorni inquieti e fuori dai margini. Un individuo blasé che ri-scopre la fuga dal disincanto, che fa del dubbio uno strumento di riappropriazione, di scoperta del sé.
Non c’è stereotipia nella scrittura di Luisi, il suo Nepal non sfiora mai l’orientalismo ma è uno scrigno di alterità trasparente, un luogo in cui elaborare la varietà dell’esistenza. In Le cinque porte della felicità (acquista) ogni parola, ogni immagine è misurata, la prosa è in equilibrio tra forma e senso, come a rendere questa storia una partitura leggera, uno sguardo prolungato sull’inafferrabilità dell’animo.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!