Il 22 febbraio scorso Elena Stancanelli ha proposto per il Premio Strega Come d’aria di Ada D’Adamo, uscito il mese precedente per Elliot Edizioni, con la seguente motivazione:
Come d’aria è un libro che fruga dentro il cuore del lettore. Serviva la lingua esatta e implacabile di questa scrittrice per riuscire a sostenere un sentimento tanto feroce. C’è tutta la rabbia e tutto l’amore del mondo nel racconto di questa danza che lega due donne. Avvinghiate l’una all’altra, in una assoluta e reciproca dipendenza. […] In questo libro si entra con enorme facilità, ma da questo libro si esce cambiati. C’è una tale quantità di vita, nelle sue pagine, da lasciarci senza fiato.
Il libro è stato selezionato nella dozzina di candidati del prestigioso premio letterario, ma appena due giorni dopo l’annuncio, il 1° aprile, la sua autrice ci ha lasciato dopo una lunga lotta contro un male incurabile. E proprio la malattia è il tema portante di questo romanzo: quella di Ada, ma anche quella di sua figlia Daria.
«Come d’aria»: la trama
Sei Daria. Sei D’aria. L’apostrofo ti trasforma in sostanza lieve e impalpabile. Nel tuo nome un destino che non ti fa creatura terrena, perché mai hai conosciuto la forza di gravità che ti chiama alla terra. Gravità, che ogni nato conosce non appena viene al mondo. […] Tu non sai lo splendore quotidiano dello stare in piedi, la “piccola danza” che muove ognuno nell’apparente immobilità del corpo verticale. Né immagini il mistero del peso che si trasferisce da una gamba all’altra e origina il passo. Altra è la gravità che ti riguarda: “condizione che desta preoccupazione o annuncia pericolo”. Condizione che sempre accompagna i documenti che ti definiscono: “handicap grave”, “ipovisione di grado grave”, “grave compromissione”, “contributo disabili gravissimi”…
Si apre con queste parole dolorose, che non lasciano spazio a fraintendimenti, Come d’aria di Ada D’Adamo. Il romanzo autobiografico narra la storia di Daria, figlia dell’autrice, affetta da oloprosencefalia. Una malattia molto grave, diagnosticabile prima della nascita e per la quale è prevista la possibilità dell’aborto terapeutico, ma di cui per qualche ragione i medici non si accorgono prima che Daria venga al mondo. È così che, nel giro di poco, la gioia di Ada per essere diventata madre si trasforma nella consapevolezza di avere una bambina con una disabilità gravissima e invalidante e un’aspettativa di vita incerta.
Raccontare la disabilità senza inutili pietismi
In Come d’aria Ada D’Adamo parte dalla sua vicenda personale per raccontare la disabilità di Daria senza inutili pietismi e, soprattutto, senza mai indorare la pillola, come si può leggere da questa sofferta constatazione tratta da una lettera inviata dall’autrice a Corrado Augias nel 2008:
Gentile Augias, un “bravissimo” medico non è stato in grado di leggere da un’ecografia che mia figlia sarebbe nata con una grave malformazione cerebrale. Oggi la mia bimba, poco più di due anni, è persona pluridisabile, invalida al cento per cento. […] Non tutti hanno la forza fisica, gli strumenti psicologici, i mezzi economici, la cultura che ci vuole per combattere contro la burocrazia implacabile, contro la crudeltà di certi medici e l’inciviltà imperante, la solitudine e la stanchezza e, infine, contro se stessi e la propria inadeguatezza. […] Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta. Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l’aborto terapeutico.
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L’autrice ricorda che la sua lettera ha suscitato solidarietà in molti lettori, ma anche indignazione in altri. Sembra così facile – e così superficiale – giudicare da fuori queste parole strazianti, che a ben vedere costerebbero moltissimo a qualsiasi genitore. La verità, ci dice Ada D’Adamo, è che malgrado le belle parole della politica e della società, le persone con disabilità e i loro familiari sono nei fatti abbandonati a sé stessi.
La bellezza, nonostante tutto
Daria è ipovedente, non parla, non cammina: in breve, non è autosufficiente e mai lo sarà. Fin dalla sua nascita Ada e il compagno Alfredo vivono in funzione di lei e delle sue necessità. E il destino infligge a Ada un secondo, durissimo colpo, con una diagnosi di cancro. In Come d’aria l’autrice racconta la sua strenua lotta contro questa malattia, con cicli di radioterapia prima e di chemioterapia poi. Un solo pensiero: che ne sarà di Daria, quando lei non ci sarà più? Ci sarà il padre, certo. Ma poi, quando a sua volta sarà lui a non esserci più? Se – contro ogni aspettativa, vista la speranza di vita delle persone affette da oloprosencefalia – Daria dovesse sopravvivergli, quale futuro ci sarebbe per lei?
Prima della diagnosi di cancro, prima della nascita di Daria, c’era una grande passione nella vita di Ada: la danza classica, forse l’arte che per eccellenza esprime la ricerca della bellezza e della perfezione dei movimenti. Per una beffa del destino, a sua figlia saranno negati non solo i virtuosismi che riescono a pochi ballerini al mondo, ma anche i movimenti più elementari. Da continua ricerca di bellezza, la vita di Ada diventa segnata dalla frustrazione di non riuscire a comunicare con la figlia, che si esprime solo con versi spesso indecifrabili, di non poter immaginare cosa le passa davvero per la testa. Eppure, a ben guardare, c’è davvero qualcosa di bello e prezioso nelle persone che circondano Daria e nella cura che le riservano:
E poi il pensiero riconoscente verso il mondo della riabilitazione: persone che non perdono tempo a rimpiangere quel che ti manca ma sfruttano il poco che hai. E quel poco diventa tanto. Brevi attimi di felicità fioriscono tra le pieghe dei giorni. Durano un istante, ma è grazie a questi istanti che si può andare avanti.
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Lo strano destino di «Come d’aria»
A Come d’aria tocca in sorte un destino comune a pochi libri: continuare la propria corsa per un importantissimo premio letterario anche dopo la fine della vita terrena della sua autrice. Per uno scrittore, ogni libro può tramutarsi in un frammento di immortalità, e questo sembra quantomai vero per Come d’aria, che ci emoziona e continua a raccontarci la storia di Ada e Daria ora che la sua autrice non può più farlo. La storia di una donna e di sua figlia, legate in modo indissolubile da un destino segnato dalla malattia, ma anche – ben prima di ogni cosa brutta – dai loro stessi nomi:
Appena conosciuti, io e il tuo babbo avevamo coniato un acronimo a partire dal mio nome, A(di)A: “Ada di Alfredo”. Ma anche “Alfredo di Ada”. Poi, quando sei nata, quel “di” che stava a significare il reciproco possesso (io sono tua, tu sei mio) è diventato D, l’iniziale del tuo nome. Io, lui e tu nel mezzo, al centro esatto del nostro amore. Un amore d’aria. E il mio nome sta pure dentro il mio cognome. […] Da lì comincia questo gioco di parole, senti se ti piace:
d’adamo
d’adamo
d’a(di)a
d’a(ri)a
d’aria
Finirò col disciogliermi in te? Sono Ada. Sarò D’aria…
Davanti alla commovente vicenda di Ada D’Adamo, il pensiero corre inevitabilmente a un altro libro candidato allo Strega, anzi, a quello che lo ha vinto nel 2021: Due vite di Emanuele Trevi. In uno dei passaggi più toccanti del libro – dedicato a Rocco Carbone e Pia Pera – lo scrittore romano afferma:
Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene.
E, proprio grazie a Come d’aria (acquista) e ai lettori che lo accoglieranno, sappiamo che Ada D’Adamo, a cui è stata concessa una prima vita così breve, potrà invece contare su una seconda che durerà ancora molto a lungo.
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