Quest’anno le scuole superiori hanno la possibilità di adottare anche un libro di letteratura italiana un po’ diverso dal solito: Controcanone di Johnny L. Bertolio, edito da Loescher. Come si può intuire dal titolo, il manuale intende integrare il “canone” dei tradizionali libri di italiano, che si occupano di autori imprescindibili della nostra letteratura, dagli stilnovisti fino agli scrittori del secondo Novecento, tutti però con un tratto in comune: sono solo uomini.
In effetti, nei programmi scolastici le scrittrici trovano pochissimo spazio. Perfino Grazia Deledda, vincitrice del Nobel per la letteratura nel 1926, viene nel migliore dei casi trattata in modo frettoloso. Questa tendenza può portarci a trarre la conclusione errata che per molti secoli le donne non si siano mai occupate di letteratura. Controcanone ci mostra che certo, le letterate erano meno di quelle che sono oggi, ma comunque esistevano, e si prefigge di ridare dignità a tutte le personalità escluse dal canone scolastico.
«Controcanone»: le donne narrate dalle donne
Se si torna con la mente alle lezioni di italiano a scuola, ci si accorgerà che nelle opere trattate le donne sono sì presenti, ma sempre narrate da un punto di vista maschile. Una su tutte, Beatrice, la donna-angelo per eccellenza, che accompagna Dante nel suo viaggio in Paradiso. Scrivere è senz’altro anche immaginare situazioni che non ci riguardano in prima persona e sarebbe molto riduttivo pensare che un uomo non possa raccontare una donna dal proprio punto di vista. Ma, molto probabilmente, la narrazione al femminile offrirà un’altra prospettiva, filtrata da un diverso vissuto e una diversa sensibilità nei confronti di certe tematiche. E conoscere anche questa prospettiva può rappresentare solo una ricchezza.
Scopriamo, per esempio, che in un’epoca in cui le donne avevano di fronte solo due destini – sposarsi e avere figli, oppure entrare in convento – la poetessa veneziana Moderata Fonte (1555-1592) presenta il non avere un uomo accanto come una scelta di estrema libertà: «Libero cor nel mio petto soggiorna, non servo alcun né d’altri son che mia». Un inno straordinariamente moderno all’autodeterminazione, concepito in un tempo in cui non esisteva nemmeno il concetto stesso di femminismo. Almeno nel suo sonetto, per un istante, Fonte immagina un momento in cui le donne smetteranno di avere dignità solo in funzione di un uomo o di Dio.
Tutti conosciamo la vicenda della Monaca di Monza, raccontata da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi e ispirata a quella reale di Marianna de Leyva. Sono molti meno, invece, a conoscere per esempio Arcangela Tarabotti (1604-1652), suora entrata in monastero per volontà del padre e autrice di opere di denuncia come Tirannia paterna, in cui puntava il dito contro il fenomeno delle monacazioni forzate. Abbiamo così la possibilità di approcciarci a una situazione arcinota da una prospettiva inedita: quella di chi l’ha davvero vissuta sulla sua pelle.
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Narrare la violenza
Un tema presente fin dalle opere più antiche è quello della violenza sulle donne, poiché si tratta di un fenomeno che purtroppo ha contraddistinto ogni epoca. Ce lo ricorda anche la copertina di Controcanone, su cui spicca un quadro del 1659 di Elisabetta Sirani che raffigura l’episodio della tebana Timoclea, che conosciamo grazie al biografo greco Plutarco. La donna si vendicò dello stupro subito da un capitano di Alessandro Magno gettandolo in un pozzo dopo avergli fatto credere che lì fossero nascosti oggetti di valore. Allo stesso modo, per esempio, conosciamo grazie a un altro uomo, Tito Livio, la storia di Lucrezia che, dopo essere stata violentata dal figlio di Tarquinio il Superbo, si suicidò per il disonore. Fin dai tempi dell’antica Roma quello di Lucrezia è presentato come un modello estremo di virtù. Ma quanto ha pesato su questa idea lo sguardo maschile?
In Controcanone, invece, possiamo leggere un componimento della poetessa Veronica Franco (1546-1591) in cui è lei a denunciare la violenza subita da un’altra donna, che non solo era stata percossa, ma aveva anche rischiato di essere sfregiata dal suo aggressore. È direttamente a lui che l’autrice si rivolge nelle sue terzine, senza la minima deferenza, invitandolo a tornare in sé:
Dunque alla mia presenza vi fu opposto
ch’una donna innocente abbiate offesa
con lingua acuta e con cor mal disposto;e che, moltiplicando nell’offesa,
quant’è più lei stata paziente
in voi l’ira si sia tanto più accesa,sì che, spinto da sdegno, impaziente
le man posto l’avreste adosso ancora,
se nol vietava alcun ch’era presente;ma voi la minacciaste forte allora,
e giuraste voler tagliarle il viso,
osservando del farlo il tempo e l’ora.
Senz’altro episodi come quello narrato da Veronica Franco erano assai frequenti nel XVI secolo, e troppo spesso costellano ancora oggi le pagine di cronaca nera. Come molte altre donne, l’autrice conosce in prima persona la paura e i tentativi di sottomissione da parte degli uomini e, denunciandoli apertamente nella sua opera, prova a fare la sua parte per contrastare questi fenomeni.
Uno sguardo diverso sul Novecento
Particolarmente interessante è il capitolo sul Novecento, secolo ricchissimo di sperimentazioni e fermento letterario, non solo da parte degli autori uomini, ma anche delle donne. Viene data la rilevanza che merita alla già citata Grazia Deledda, ma anche a importanti scrittrici spesso dimenticate dal canone scolastico, come Sibilla Aleramo o Lalla Romano. Ampio spazio è dedicato anche alla poetessa Maria Luisa Spaziani, che forse qualcuno ricorderà come la Volpe della raccolta La bufera e altro di Eugenio Montale. Potrebbe nascere una bella occasione per una lettura parallela dei versi di Spaziani e di quelli che le dedica Montale, integrando così davvero “canone” e “controcanone” in classe.
Non si può poi parlare di letteratura italiana novecentesca prescindendo dal romanzo storico, genere che ha conosciuto una grande fortuna nella seconda metà del secolo. Nell’immaginario collettivo il più celebre è forse Il nome della rosa di Umberto Eco, ma Bertolio ci ricorda che non è stato certo l’unico. Cita infatti opere di grandissimo valore, come per esempio Rinascimento privato di Maria Bellonci (romanzo vincitore del Premio Strega nel 1986) o La Storia di Elsa Morante (già vincitrice dello Strega nel 1957 con L’isola di Arturo).
È importante ricordare che il Novecento segna per le donne una novità importantissima, che forse può sembrare scontata ai lettori di oggi ma in realtà non lo è affatto: la scrittura – stavolta intesa come professione – ha smesso definitivamente di essere prerogativa maschile e si è aperta anche alle donne, che con il XX secolo, hanno iniziato a vivere della loro attività di romanziere, poetesse, giornaliste, saggiste. Per loro la scrittura non era più alla stregua di un passatempo: era un mestiere a tutti gli effetti.
Percorsi tematici per l’inclusività
Controcanone (acquista) non abbraccia solo la produzione letteraria “femminile”, ma in generale tutta la letteratura degli esclusi. I capitoli finali del libro propongono infatti percorsi tematici orientati verso l’inclusività, nelle sue diverse accezioni. Troviamo, per esempio, alcuni componimenti della poetessa transgender Giovanna Cristina Vivinetto, così come estratti del romanzo La linea del colore della scrittrice di origini somale Igiaba Scego, che racconta la storia del passato coloniale dell’Italia – una pagina buia della nostra storia, con cui a distanza di tempo non abbiamo ancora fatto davvero i conti.
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Etnie, identità di genere e orientamenti sessuali sono sempre stati molteplici, ma troppo a lungo molti di questi non hanno trovato un riflesso nel nostro canone letterario: è il momento di inserirli, ci dice Bertolio, e dare anche a queste voci il posto che meritano. Nella speranza che, in futuro, non ci sia più bisogno di parlare di “canone” e “controcanone”, ma che nel panorama letterario tutte le diverse voci possano godere di pari dignità.
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