«Corpi minori» illuminati dal vortice dei sentimenti

«Tutti i corpi sono minori sotto la lente del desiderio»

7 minuti di lettura

Corpi minori di Jonathan Bazzi (Mondadori, 2022) è un romanzo che ha inizio mentre il tarlo del sentimento sta già divorando i pensieri del protagonista. 

L’inquietudine messa a nudo è l’esplorazione dei ricordi che riporta indietro la storia, sulle tracce dell’origine del non amore. Un romanzo affascinante nel suo essere fastidioso, nel riuscire a dar voce al contemporaneo bisogno di essere amati. O amati male, anche solo per un’ora.

Di crescita, desiderio e inadeguatezza

Se in Febbre, primo romanzo dell’autore, era prevalente il percorso di crescita, di consapevolezza e di formazione, in Corpi minori l’autore si lascia andare all’esplorazione dei luoghi che compongono la geografia del desiderio.

Quella che Bazzi traccia è una mappa precaria che parte da Rozzangeles, la periferia di Milano, il «rifugio inaccettabile» da cui fa di tutto pur di scappare, perfino accettare un amore che non sopporta. Tutto pur di lasciarsi alle spalle quella gabbia che è Rozzano e finalmente approdare alla città, «la terra promessa».

È possibile vivere con un uomo che non si ama? Il protagonista lo fa, decide di farlo, s’incastra in un’inadeguata vita di coppia

«Una storia d’amore a cui non manca nulla, escluso l’amore». Pietro gli offre una casa, la stabilità economica e affettiva che nella sua vita non ha mai conosciuto. Genitori separati, compromessi morali, perenne senso di mancanza.

Insoddisfatto, poliforme, messe le prime radici a Milano si dedica a infinite strade che non sembrano mai appartenergli: Filosofia all’università l’Accademia dell’arte, i corsi di musica, lo yoga. L’esistenza gli presenta un indefinito numero di opzioni, tuttavia è difficile trovare la strada giusta.

Eterno protagonista del romanzo, però, come si preannuncia il titolo, è il corpo. Anzi…

Le persone: esseri narrativi che non si appartengono, fatti per essere ricomposti, raccontati dagli altri.

Come se fosse lo sguardo altrui a dare la vita, a rendere autentica l’esistenza dell’altro. Un Io impossibile da descrivere dall’interno. E più ci si avvicina al centro di Milano, capitolo dopo capitolo, più il protagonista sembra finalmente trovare uno spazio (che non è più un tentativo di incastrarsi) in un amore totalizzante. Con Marius.

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L’amore che libera l’animale sabotatore

Giovane, sfuggente, frammentato come il protagonista. Marius diventa casa, diventa un luogo sicuro in cui corpo e spirito si fondono in una nuova forma. Un desiderio che non si limita alla soddisfazione di un bisogno ma si lascia andare al vortice emozionale. Un amore tanto viscerale quanto pericoloso

Innamorarsi significa in ogni caso spaccare il guscio, lasciare la polpa esposta, offrirla, come la carne di Prometeo.

Se da una parte vuol dire aprirsi, mostrarsi in tutta la propria vulnerabilità, dall’altro devasta, strazia. E libera l’animale sabotatore di sé stesso che è rinchiuso nel protagonista. 

Ho ucciso il mio amore una sera di dicembre inoltrato, tra le vetrine e i passanti, perché non sapevo come si fa, com’è che si continua ad amare, a lungo, nel tempo. Non me l’ha mostrato, non ce lo mostra nessuno. Bellissimo prima, lui noi, semplicemente bellissimo ogni frammento degli otto mesmerici mesi che ci stanno alle spalle – aprile, maggio, giugno: finalmente, mi ripetevo, sei nato per questo. Luglio, agosto, arriviamo a dicembre, arriviamo a questa sera di metà dicembre quando, ubbidendo alla piccola voce sbucata dal nulla, inizio a smembrarlo, mani nude, pezzo dopo pezzo.

Il mostro emerge da dentro. Viviseziona un amore nuovo, inesplorato. E cosa si fa adesso?

Tornare all’inizio, ricominciare.

Inspiro, ti amo?

Espiro, non ti amo più.

Corpi minori, un romanzo figlio del nostro tempo

Quella di Corpi minori (acquista) è una prosa eclettica, sintattica, scandita dal ritmo respiratorio che diventa uno strumento per assorbire il reale, nuotare sulla superficie della verità e non affogare nella matassa di sentimenti. Un linguaggio ultracontemporaneo che sin dal primo romanzo contraddistingue Jonathan Bazzi. 

Dopo l’esordio con Febbre aveva due scelte, una sfida: raccontare qualcosa di autobiografico o scrivere un’altra storia, magari inventata.

La scelta è ricaduta su qualcosa che è una via di mezzo: ha raccontato la modernità, senza filtri, qualcosa di sé e della vita di tutti, rivista ma senza abbellimenti. Figlio del nostro tempo.

Se la storia dell’infanzia in periferia sembra un po’ una ripetizione del primo romanzo, lo snodo vitale del tempo ci appare unico e uguale a tante altre vite che nella voce di Jonathan Bazzi sembrano finalmente trovare uno spazio per raccontarsi.

Consigliato a chi, tra lezioni universitarie, amori (da una notte o più), scoperte e primi lavori di sopravvivenza, cerca un modo per nascondere i lividi sentimentali, l’indifferenza del futuro, l’ossessione per una strada a cui si deve appartenere per forza, costi quel che costi. Dedicato a chi si è sempre sentito un corpo minore. 

Tutti i corpi sono minori sotto la lente del desiderio, minore è il corpo desiderante, che corre, innalza, gravita attorno a corpi più grandi e lucenti, fiammeggianti, abbacinanti, il corpo che elegge altri corpi a stelle e pianeti, fuoco orbitale, la ragione di tutto.

Ogni attrazione è gerarchia.

Non esiste alcun centro al di fuori di quello che ci siamo inventati.

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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