Esattamente 700 anni fa, il 14 settembre 1321, moriva in esilio a Ravenna Dante Alighieri, il poeta per eccellenza della letteratura italiana, su cui si è detto e scritto (e si continua a dire e scrivere) tantissimo. Nel giorno dell’anniversario della sua morte vogliamo ricordarlo con un’opera molto particolare, pubblicata alcuni mesi fa dalla casa editrice padovana Becco Giallo: Dante a tempo di rap.
Dall’«Inferno» a «Infernum»
Il libro, scritto dal docente di Letteratura italiana Patrick Cherif e illustrato da Roby il Pettirosso, presenta l’Inferno in una chiave inedita: attraverso le canzoni dei rapper Murubutu e Claver Gold, che hanno dedicato l’album Infernum ad alcuni dei più celebri personaggi della prima cantica della Commedia. Personaggi che diventano archetipi riferiti ai problemi dell’uomo contemporaneo e riescono a parlare anche ai giovanissimi, che magari vedono l’Inferno soltanto come qualcosa di noioso, da studiare controvoglia per le interrogazioni di italiano.
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In Dante a tempo di rap saltano all’occhio assenze importanti, come il conte Ugolino, Farinata degli Uberti, Brunetto Latini. Non si tratta di una dimenticanza, ma di una precisa scelta dei due rapper, che hanno preferito focalizzarsi sui personaggi che più si prestavano a essere trasposti in un contesto contemporaneo. Troviamo così altri personaggi che fanno saldamente parte dell’immaginario collettivo legato alla Commedia, come Caronte, Ulisse, Paolo e Francesca, ma non solo. Le canzoni a nostro avviso più belle, toccanti e calate nella contemporaneità di Infernum riguardano due personaggi forse meno noti ai più, ma non per questo meno importanti: Pier della Vigna e Taide.
Pier della Vigna
Io son colui che tenni ambo le chiavi
del cor di Federigo, e che le volsi,
serrando e diserrando, sì soavi,
che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi; […]
La meretrice che mai da l’ospizio
di Cesare non torse li occhi putti,
morte comune e de le corti vizio,
infiammò contra me li animi tutti;
e li ‘nfiammati infiammar sì Augusto,
che lieti onor tornaro in tristi lutti.
L’animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece contra me giusto.
Con questi versi (Inferno XIII, 58-61 e 64-72) Dante presenta Pier della Vigna, incontrato nella selva dei suicidi. Si tratta di un consigliere di Federico II di Svevia che, non sopportando le calunnie fatte circolare da altri cortigiani invidiosi, si toglie la vita, finendo così all’Inferno, nel girone dei violenti contro sé stessi.
Murubutu e Claver Gold trasportano la storia di Pier della Vigna in un contesto molto più moderno e senz’altro familiare anche ai lettori più giovani. Raccontano infatti la storia di un ragazzo vittima di bullismo che, per questo motivo, decide di farla finita:
Troppe botte sulle costole, sputi ed i calci
Gli insulti degli altri, fra tutti i miei pianti
Sempre solo contro loro, negli occhi gli sguardi
E se mi muovo capto l’odio, le parole hanno moli giganti
Quindi mamma, scusa tanto, non sono felice
Il mio cuore prende il largo da ogni sguardo ostile
Nella stanza, sul mio banco, all’alba giù in cortile
Oggi non ci sono più, c’è un albero di vite
Il riferimento all’albero di vite scelto dai due rapper rimanda alle piante in cui, nella Commedia, sono trasformate le anime dei suicidi e alle quali saranno appesi i loro corpi dopo il Giudizio Universale. Il dolore di Pier della Vigna è lo stesso del protagonista della canzone, ed entrambi sfociano nel medesimo, tragico esito. Allo stesso modo, così come Pier della Vigna racconta a Dante la sua storia affinché possa raccontare la verità tra i vivi e riabilitarlo, anche Claver Gold e Murubutu vogliono garantire che la storia del giovane suicida non sia cancellata o alterata. I commenti offensivi sui social si possono eliminare, il male che provocano è indelebile.
In Dante a tempo di rap, però, Patrick Cherif sottolinea un’importante differenza, figlia di un cambio di mentalità rispetto al Medioevo. Dante prova compassione per Pier della Vigna, ma considera il suo gesto un peccato. Per questa ragione, pur ritenendolo innocente, lo colloca all’Inferno. Murubutu e Claver Gold, al contrario, non condannano il giovane suicida e usano la canzone come strumento di denuncia e condanna del bullismo.
Taide
Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe»,
mi disse, «il viso un poco più avante,
sì che la faccia ben con l’occhio attinghe
di quella sozza e scapigliata fante
che là si graffia con l’unghie merdose,
e or s’accoscia e ora è in piedi stante.
Taïde è, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse ‘Ho io grazie
grandi apo te?’: ‘Anzi meravigliose!’.
E quinci sian le nostre viste sazie».
Taide è una prostituta che Dante e Virgilio incontrano nella bolgia riservata agli adulatori (Inferno XVIII, 127-136), condannati a essere immersi nello sterco. Il poeta fiorentino si sofferma su di lei per pochissimi versi (da cui emerge un certo disprezzo), mentre Murubutu e Claver Gold decidono di rendere giustizia alla sua umanità dedicandole un’intera canzone, tutta incentrata sulla sua solitudine ineluttabile:
Oggi in centro Taide ha visto un uomo
Che correva lungo ad una strada
Raggiungeva una ragazza sola e un suono
Taide guarda bene mentre lei lo chiama
Intorno a loro tutto si fa sfondo
Il cuore al trotto inonda e rende i loro baci
Lei che per baciare chiede il doppio
Che darebbe per un bacio gratis
Non c’è condanna nelle parole dei due rapper, ma solo pietà. In questa canzone struggente – che a tratti ricorda Bocca di rosa di Fabrizio De André, a tratti Barbara di Jacques Prévert – puntano il dito contro la condizione di solitudine di cui l’uomo contemporaneo è vittima, e da cui non sa uscire.
Taide viene descritta in molti gesti quotidiani, uguali ai nostri. Non ci sentiamo più così diversi da lei. Almeno una volta tutti, come la Taide di Murubutu e Claver Gold, ci siamo trovati a guardare con dolore la felicità degli altri, che ci è parsa inaccessibile. Almeno una volta a tutti è sembrato che l’amore fosse prerogativa degli altri.
Un continuo dialogo con la Commedia
Dall’analisi effettuata da Patrick Cherif in Dante a tempo di rap (acquista) si nota immediatamente l’immenso lavoro a livello filologico svolto da Claver Gold e Murubutu nella composizione delle loro canzoni. Sono infatti numerosi i rimandi alla Commedia, come osservato per esempio nei versi della canzone Pier riportati sopra. La cura filologica da parte dei due rapper si fa notare – e apprezzare – fin dalla canzone che apre il disco, Selva Oscura, in cui nel giro di poche righe vengono richiamati in ordine sparso alcuni tra i personaggi più noti dell’Inferno: Caronte, Ulisse, Minosse, Pier della Vigna.
Una Commedia a ritmo di musica
La Commedia è un testo fortemente musicale, nato per essere cantato, anche se spesso ce ne dimentichiamo. Non si trattava certo di musica rap, si intende, ma con la loro scelta di raccontare il loro viaggio nell’Inferno degli uomini contemporanei attraverso uno dei generi musicali più in voga oggi Murubutu e Claver Gold non snaturano affatto le intenzioni di Dante.
Dalla lettura di Dante a tempo di rap, ma anche dall’ascolto di Infernum, giungiamo a una conclusione: la Commedia racconta una storia dal carattere universale, capace ancora di parlarci e di farci rispecchiare nelle vicende narrate a distanza di 700 anni. Non è una frase fatta. Dante ha creato personaggi che sono diventati archetipi di vizi, virtù, forza e debolezze degli esseri umani, e Murubutu e Claver Gold hanno saputo calarli alla perfezione nella nostra contemporaneità.
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