Fra le stagioni (a Fausto)
sono stato in città
dove gli alberi se ne stavano come me mezzi spenti
a osservare muri di flanella, e disperso
apparentemente disinvolto camminando tra i caffè
in palpitanti seni oscurati
non sapendo cosa volere
inspiegabilmente ancora su questo
sconnesso mondo
raccogliendo cenere nella brezza di stagione
fra l’erba nuova
penso sempre a chi è bruciato
prima di me
e ti ricordo, provo a ricordare tutto
di quello che abbiamo fatto insieme
di come sei stato un padre
vivo
nelle nostre giornate sulla neve
a sciare
e in particolare
sicuramente una bella giornata
di bagliore che si rifrangeva sui manti delle piste
dove a una curva ti trovai
rotolato nel bosco, che facevi le tabelline
per capire se la testa fosse ancora intatta
i tuoi Ray-Ban li rintascammo
solo in primavera
coperti di terriccio
oh sì era
sicuramente una bella giornata
sulla neve
anche per morire,
ci provasti a finire in un buco nero
fra pesanti rami di abeti oscillanti
giaciglio di miriadi di nebulose,
ma solo da un anno
hai preso il tuo posto lassù su quelle montagne –
marzo che ti ha dato la luce
se la riprende
ricordo il motore caldo
di una Golf III tirata al massimo
sulla nuda profumata terra croata
scricchiolante, quella lunga
autostrada solitaria che io non feci mai
trasognato e piantato a pensare
su una terrazza con mia madre,
le onde placide sbattevano sotto di noi
dentro l’oscurità ormai scesa
centinaia di isole filtrate da
lenzuola bianche e pulite che ti aspettavano,
nel mio cuore ti accoglieva la gioia
come ora nei giorni e nelle notti
in un rogo universale
una fiamma ancora ci consuma
insieme
c’è sempre piaciuto
pensare di sapere cosa fa la differenza
trovando una conseguenza e
cose
– anche se pur non volendo a volte dobbiamo dimenticare
i pezzi della nostra vita –
che non torneranno
più, poco del tutto da fare
da ricordare, da sapere, in fondo
a volte bisogna solo spegnerla la luce
e chi mai
ce lo spiegherà adesso
questo, oh sì come forse disse qualcuno
muore spesso chi ha un’anima
spero che sia attraversando
sicuramente una bella giornata.
Ion
non ti sei mai voluta vedere
con i miei occhi, se io guardo
la tua ombra vedo da che parte
arriva lo splendore in giornate
perfette ferite
dalle incomprensioni
litigiose – di te non mi manca qualcosa
assorbita per sempre dentro me
siamo persone diverse, dicesti una volta
poi dopo qualche altra inutile parola
ci confidammo alle nostre anatomie
mettendoci nudi, mettendoci scalzi
nelle dimenticanze vergini
nei turbinii dei nostri spazi continentali
a chi mai verrebbe in mente
di farla tanto difficile
non ci possiamo lamentare della nebbia
con i miei occhi, se io guardo
il sole sul viso della pace
duri rami ruvidi e scuri
aprono la tenera carne dei fiori
e una colomba dal becco dorato
gioca con le nostre labbra
per insegnarci a cantare
mi inginocchio al prato profumato
di mezzogiorno
qui non mi troverai volontario
a combatter guerre
in un accenno in un primo
con i miei occhi, se io guardo
risveglio
di primavera.
«Non provo dolore per questo»: confessioni d’un poeta
E grazie a ogni dolore, anche al più forte,
perché qualcosa tuttavia ha dato,
e grazie alla più disperata sorte
perché una sorte tuttavia c’è stata.
Evgenij Evtušenko, Grazie
La poesia di David Tognoli è una continua ricerca espressiva e stilistica. Iniziata nel 2018 con la raccolta sperimentale di haiku New pops, è proseguita negli anni. In particolare, si ricorda il recente poemetto Catarsico, un viaggio allucinato e psichedelico in una città martoriata tramite la testimonianza di un reietto. Tuttavia, Tognoli è un artista che non si limita all’ambito letterario: infatti ha partecipato a diversi progetti musicali spaziando nelle varie sonorità. Sono proprio il suono e il ritmo, quindi, che assumono un’importanza fondamentale nella sua poetica. I due inediti qui proposti si pongono in perfetta continuità con le sue due ultime raccolte: La foresteria (2020) (acquista) e Non si litiga con il cielo (2021) (acquista).
Leggi anche:
Tre inediti di Nunzio Bellassai
Come suggerisce nel sottotitolo de La foresteria – Diari poetici e poesie prosaiche –, Tognoli scrive le proprie poesie quasi come fossero delle confessioni. E come tutte le confessioni che si rispettino, le parole sono un flusso continuo. Percepiamo fin da una prima lettura il fluire della vicenda. Sì, perché spesso i componimenti del poeta partono da un’impressione per raccontare qualcosa. Il verso rimane ancorato alla realtà, avendo però la capacità di librarsi grazie a specifiche impressioni. La poesia diviene prosa e viceversa. La struttura poetica, più che per ossequi stilistici, è utile al lettore per comprendere la portata di alcune parole, vicende. Tognoli così ci accompagna in un percorso nel suo privato, commovendo e interrogando il senso delle cose.
«Nelle nostre giornate sulla neve»
In Tognoli non si percepisce nostalgia, bensì malinconia. Il ricordo viene vagliato tramite le parole e l’autore trova inevitabilmente un significato. Non parliamo di morale. In questi componimenti non vi sono insegnamenti o verità presupposte. Vi è il continuo desiderio di capirsi tramite il vissuto.
In Fra le stagioni viene delineato un ritratto tenero, ricolmo di dolcezza, di una figura paterna. La solitudine del poeta condiziona l’ambiente circostante in un dialogo imperituro.
Leggi anche:
Tre inediti di Gerardo Masuccio
La desolazione è foriera di speculazioni. La memoria finisce per ripercorrere momenti di ingenua e spontanea felicità. Gli «alberi mezzi spenti» vengono sostituiti da una bella giornata di neve i cui «baglior[i] si rifrangeva[no] sui manti delle piste». Il poeta ritorna bambino e rivive con cognizione di causa alcuni attimi di incondizionata allegria. La figura di riferimento viene ammantata di un grande affetto tramite una serie di aneddoti. Di primo impatto vediamo un personaggio comico, spensierato. La neve viene sostituita da scorribande in macchina sulla terra croata. Momenti di svago vengono incastonati nelle strofe.
La morte dell’altro
Fra le stagioni è certamente un componimento maturo. La narrazione, come anticipato, sì prosegue, ma sempre e solo per giungere a una constatazione. La scelta del passato, già di per sé, ammanta il tutto di una nebbia rada. Tognoli fornisce il suo punto di vista; sicuramente condizionato, ma pur sempre sincero e privo di supponenza. La morte dell’altro si configura come dolore, ma non solo. Permane il senso profondo della gratitudine. Sapere di aver avuto la fortuna di per poter vivere e aver condiviso. Anche nella poesia A mio padre – forse uno dei momenti più lirici della poetica dell’autore – emerge questo sentimento:
Ho ancora tanto da conoscere,
Tanto da fare per conoscermi mentre
Ti sento forte e audace, poi
Ti sento forte e spaventato.
«Ion», noi e le viole
In Ion, invece, Tognoli analizza il rapporto di coppia. L’io poetico è cresciuto e condivide il suo essere in una relazione. Se Fra le stagioni è una sorta di educazione affettiva, qui siamo di fronte a una vera e propria educazione sentimentale. Emerge fin da subito l’intrinseca incomunicabilità con l’altro; l’incapacità di comprendere il reciproco punto di vista.
Leggi anche:
«La prima volta che il dolore mi salvò la vita»
Come suggerisce l’autore, “Ion” significa sia “viola” – colore e fiore – per riprendere il «prato profumato» dell’ultima strofa sia “noi” al contrario. Si evidenzia così anche dal titolo come le parole e le emozioni possano spingersi in direzioni disparate, a volte anche diametralmente opposte. Il poeta si interroga sull’altro. Uomo e donna si uniscono in un abbraccio perpetuo e anche la separazione li tiene uniti in quel sentimento.
Nei momenti di crisi lo studio quasi anatomico dell’altro, tuttavia, porta a malessere. Giustamente Tognoli scrive: «a chi mai verrebbe in mente / di farla tanto difficile». Questo sentimento è perfettamente esemplificato in un passaggio di Non si litiga con il cielo:
siamo foci a delta
facili da discendere
struggenti a risalire
passi trasognati a disperdere
distanze di sicurezza
sul canale del mondo
verso il non-luogo comune
La natura dissezionata
Come in Fra le stagioni, anche in Ion sono presenti le immagini legate alla natura, in tutta la loro poeticità. L’ambiente rurale, incontaminato, condiziona da sempre la produzione di David Tognoli. Proprio in questi momenti ci consegna attimi di lirismo ponderato ed elegante. La sua è l’incessante ricerca della purezza, contro le contaminazioni della società. La poesia è anche questo: tendere verso un benessere dissezionando il nostro vissuto e quello che è stato. Tognoli scava a mani nude in ogni attimo e ne coglie sempre qualcosa, pronto a seminare nuovamente.
L’autore
David Tognoli nasce nel 1984 a Edolo, in provincia di Brescia. Negli anni ha pubblicato la raccolta di haiku New pops (Erga editore, 2018), la silloge La foresteria (Albatros Il Filo, 2020) e il romanzo in forma poetica Non si litiga con il cielo (Porto Seguro Editore, 2021). Recentemente ha anche pubblicato il poemetto sperimentale Catarsico (Porto Seguro Editore, 2022). È anche cantautore con il nome d’arte David Moriarty e musicista cantante nella band Teich.
Illustrazione di Giulio Leopoldo Bellocchio
© Riproduzione riservata
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!