«Di là dal tramonto»: l’ultimo fuoco di Francis Scott Fitzgerald

Stewart O’Nan racconta il sofferto «secondo atto di vita americana» dello scrittore

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Francis Scott Fitzgerald sosteneva che «non esiste il secondo atto di una vita americana». Il declino non è un’alternativa ammessa. Nessuna uscita di scena, nessuna rassegnazione, nessun tramonto. Uno spirito statunitense racchiuso nelle parole conclusive de Il Grande Gatsby (acquista), «ieri c’è sfuggito, ma non importa domani correremo più forte, allungheremo di più le braccia e un bel mattino.» Eppure, la vita mette a dura prova questa convinzione, ponendo l’autore americano di fronte al momento di rottura, di crollo: il suo crack-up.

La dolorosa presa di coscienza di Fitzgerald, il suo graduale processo di disgregamento, vengono rievocati tra le pagine di «Di là dal tramonto», il romanzo di Stewart O’Nan. Edito negli Stati Uniti nel 2015, il libro arriva nelle librerie italiane per Minimum Fax, tradotto da Dante Impieri.

I colpi della vita

C’è un altro genere di colpi che arriva dall’interno, che avverti solo quando è troppo tardi per correre ai ripari, quando prendi coscienza senza appello che per certi aspetti non sarai più quello di un tempo.

Il crollo, Francis Scott Fitzgerald

Nel 1937, la vita Fitzgerald si sta sgretolando. Il ruggito dei dorati anni Venti risuona come un rimbombo lontano. Le promesse di giovinezza sono ormai esaurite nell’oscurità come uno sfavillio fugace. La salute precaria, la malattia della moglie Zelda, le ristrettezze economiche: la dura offensiva della vita spinge l’autore americano nella City of Stars. Eppure, Los Angeles per lui non splende come una sfavillante scommessa. Hollywood non è la terra dei sognatori e dei desideri realizzati, ma si rivela solo una fredda macchina da soldi che non lascia spazio all’esitazione: «un polmone di acciaio

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La terra in cui il sole tramonta

Per tutto l’autunno sentì la mancanza dell’Est, il malinconico mutar colore delle foglie e l’odore del fumo di legna durante giornate sempre più brevi. Gli mancava la pioggia nei tetri pomeriggi bui, gli scoiattoli affaccendati a seppellire ghiande per l’inverno. Qui il sole splendeva sempre uguale sulle palme, le auto e i viali. Del deserto soffiavano venti caldi, e le colline prendevano fuoco (…) Forse era una questione di sensibilità, o solo stanchezza, ma Scott non vedeva nulla di romantico nella brillante, incompiuta California.

Nella terra in cui il sole tramonta, Fitzgerald si cimenta nelle sceneggiature. Scettico, lavora a lungo sui dialoghi, evitando di cedere alla tentazione dell’alcool per anestetizzare l’amarezza. Nel tentativo di recuperare l’ebrezza delle feste dell’età del jazz, si concede agli eventi mondani di Hollywood. Si intrattiene con Humphrey Bogart, Dorothy Parker e Irving Thalberg. Ritrova il suo irriverente amico Ernest Hemingway. Cede alla lusinga di Sheilah Graham, in cui spera, invano, di rivedere la sua giovane e perduta Zelda. Attorno a lui non rimangono che fantasmi di un passato irrecuperabile. Proprio come i personaggi dei suoi libri, Fitzgerald entra in contatto con la disillusione, guardando ai momenti passati con il dubbio se siano anch’essi frutto dell’artificio dell’immaginazione.

Un fuoco incontrastato nell’oscurità

O’Nan tratteggia con coraggio un ritratto intimo di Fitzgerald. Tra le pagine, emerge un’immagine dolorosa di un’anima fragile, profondamente sensibile, strenuamente attaccata alla vita. La storia di un uomo che, al di là di qualsiasi illusoria consolazione, trova nella scrittura l’unico, solido appiglio al quale aggrapparsi. Immerso tra le parole, alla costante ricerca di una realtà più sincera ed accogliente, riesce ad anestetizzare i colpi di quella reale.  

L’unica cosa al mondo su cui poteva fare affidamento era la propria sensibilità. Se aveva sprecato il suo talento, come sosteneva Ernest, non era perché l’aveva usato poco, ma piuttosto, come pensava certe mattine, col cuore che saltava nel petto per il troppo caffè, era vero il contrario.

Con Di là dal tramonto, O’Nan affida al lettore gli ultimi anni di vita, il forzato «secondo atto di vita americana», di un uomo impegnato nella sfida più grande: non perdersi nel suo «processo concertato di demolizione». Martoriato dai colpi della vita, Fitzgerald non tradirà mai sé stesso, ma continuerà a bruciare nell’oscurità, come un fuoco destinato ad esaurirsi.

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Costanza Valdina

23 anni, nata a Perugia, studia letteratura americana all’Università Ca’ Foscari di Venezia. La descrivono come un’instancabile lettrice, un’incurabile cinefila e una viaggiatrice curiosa. Negli anni si è innamorata della scrittura e del giornalismo, ispirata dall’ideale che “pensieri e parole possono cambiare il mondo.”

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