Quando pensiamo a Glasgow, la prima cosa che ci viene in mente sono i film di Ken Loach. La città scozzese ci viene spesso presentata come una città grigia dove il sole si intravede appena. Memorabile è infatti la battuta del protagonista del film My name is Joe: «Che cosa fai con gli occhiali scuri? Ti aspetti che esca il sole?».
Glasgow è allo stesso tempo una città con due anime: una città che cerca il riscatto – come dimostra la nomina di Città europea della cultura nel 1990 –, ma che sembra sempre intrappolata nel suo fallimento come città industriale, con persone che continuano a vivere ai margini della società in preda alla disoccupazione, alla violenza e all’alcolismo.
In questo contesto è cresciuto Douglas Stuart, che dopo il successo di Storia di Shuggie Bain, con cui vinse il Booker Prize nel 2020, torna in libreria con Il giovane Mungo (Mondadori, 2022), un romanzo che attraverso una storia di formazione e di amore omosessuale ci restituisce Glasgow in tutta la sua bellezza contraddittoria.
La trama di «Il giovane Mungo»
Il giovane Mungo è ambientato a Glasgow agli inizi degli anni Novanta: il thatcherismo è finito, il primo ministro è il conservatore John Major, ma la Scozia fatica ancora a riprendersi dalla crisi industriale vissuta alla fine degli anni Ottanta. Il romanzo si apre in Scozia occidentale con Mungo Hamilton, il protagonista, che si ritrova a trascorrere un periodo in campeggio con due persone di dubbia moralità: St. Christopher e Gallowgate.
Lo scopo di questo campeggio, organizzato Maureen, la madre del protagonista, detta Ma-Mo, è quello di fare di Mungo un uomo. Ma-mo, infatti, e così anche il fratello di Mungo, Hamish, non approvano il fatto che il più piccolo della famiglia sia omosessuale, ma soprattutto, essendo loro protestanti, che si sia innamorato di un cattolico, James Jamieson. In una Scozia dove ancora imperversano le guerriglie fra cattolici e protestanti per il controllo del territorio, Mungo dovrà imparare a diventare uomo: accettare sì se stesso, ma sopravvivere in un contesto che non gli permette nessuna via di fuga.
«Il giovane Mungo» e il rapporto con «Storia di Shuggie Bain»
Chi ha già avuto modo di conoscere Douglas Stuart, non può non notare dei punti in comune fra Il giovane Mungo e Storia di Shuggie Bain, il primo romanzo dell’autore scozzese naturalizzato americano. In entrambi i romanzi, per esempio, abbiamo due famiglie disfunzionali formate, come quella dell’autore, da una madre, un fratello e una sorella maggiori e caratterizzate dall’assenza della figura paterna, che o è presente ma vive al di fuori della famiglia oppure è totalmente assente: Shuggie vive con sua madre Agnes e i fratelli Catherine e Leek, mentre la famiglia di Mungo è composta dalla madre Maureen, da Hamish e la sorella Jodie.
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Un altro motivo ricorrente è il rapporto madre e figlio. Shuggie e Mungo, infatti, si ritrovano entrambi a comportarsi in maniera protettiva nei confronti di madri alcolizzate che trovano la consolazione dai propri sensi di colpa e rimorsi nel rapporto disfunzionale con uomini che oltre al sesso non provano nulla per loro.
Non manca, inoltre, la questione dell’omosessualità, anche questa mutuata dalla vita dell’autore. I protagonisti dei due romanzi di Stuart vivono in un ambiente iper-mascolinizzato dove sembra essere difficile vivere secondo il proprio orientamento sessuale, un ambiente dove devi essere per forza uomo: amare le donne, non provare sentimenti, fare a botte con gli altri e fare cose da uomo. Shuggie, ad esempio, deve imparare dal fratello Leek come si cammina da veri uomini e imparare le regole e i risultati delle partite di calcio, mentre Mungo deve fare da ombra a Hamish e imparare da lui a essere violento e criminale.
La Glasgow di Shuggie Bain e Mungo tra periferia e mascolinità
Il contesto sociale in cui sono ambientati i due romanzi è quello della Glasgow industriale e mineraria, quello delle periferie povere dove si vive di sussidi statali spesso spesi in alcolici che ha vissuto la crisi dell’industria mineraria durante il governo Thatcher e che fatica a riprendersi durante il governo Major.
La Glasgow di Shuggie Bain dove «i giovani di interi quartieri popolari, cui erano stati promessi i mestieri dei loro padri, adesso non avevano futuro» si rispecchia in quella di Il giovane Mungo, dove i giovani, rappresentati da Hamish, sono abbandonati a se stessi, alle guerriglie fra bande e alla delinquenza. Shuggie vive col sogno di diventare parrucchiere, Mungo, invece, è un protestante che vuole amare un cattolico: i due non hanno purtroppo via d’uscita, e non possono far altro che convivere con questo ambiente tossico e violento.
«Farò di te un uomo»
Mungo, dunque, nasce in un contesto dove la violenza e la mascolinità sono all’ordine del giorno, dove «non c’era niente di più vergognoso che essere un finocchio; imbelle, rammollito come una femminuccia». Persino il carattere mite e dolce di Mungo non è ben visto dagli altri, dato che «quella stessa dolcezza turbava i maschietti». Persino essere figli che, ad esempio, aiutano le proprie madri in casa e hanno un senso per la creatività, può essere motivo di imbarazzo, al punto che li si definisce “artistici” per indicare una presunta omosessualità e dunque un certo carattere effemminato.
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Per Mungo appare fin da subito difficile manifestare la propria omosessualità. In questo caso sono emblematici i personaggi di James, il cui rapporto col padre si aggrava nel momento in cui quest’ultimo scopre l’omosessualità del figlio e lo minaccia di cacciarlo di casa se non si trova una fidanzata, ma anche di Chuck Calhoun, definito dagli abitanti del quartiere “Cicchetta”, un soprannome che allude al suo orientamento sessuale definito “spregevole” dai più. È proprio James che il più delle volte si dimostra timoroso di rivelarsi per quello che veramente è:
“Cristo santo, Mungo. Devi avere il cervello in pappa. Te lo sei scordato com’è, là fuori? Se lo sapessero, ci prenderebbero a coltellate! Ci aprirebbero dalle palle fino al mento solo per avere qualcosa da raccontare al pub”.
Mungo e James, dunque, sono costretti il più delle volte a nascondere la propria omosessualità, per esempio andando con le prostitute, oppure, nel caso di Mungo, prendendo parte – seppur restando in disparte – alle rappresaglie organizzate da Hamish e i suoi contro i cattolici. I due sono costretti a comportarsi da veri maschi per essere accettati dal loro contesto sociale.
Cosa significa essere veramente uomini a Glasgow?
Come per Shuggie, anche Mungo è costretto a sottoporsi a un processo di correzione per diventare, come dice il primo, «nuovo di zecca». Per Mungo un’occasione del genere si materializza nel suo campeggio nella Scozia occidentale assieme a Gallowgate e St. Christopher, due alcolisti che Maureen ha incontrato agli incontri degli alcolisti anonimi e che si scopriranno essere ex carcerati per abusi su minori:
Sua madre lo aveva affidato a una coppia di pedofili, con uno zaino pieno di fumetti stropicciati e un mazzo di carte, passatempo per tutta la famiglia, adatto anche ai bambini. Ma-Mo pensava che quei due avrebbero dovuto insegnargli un padre, cose che avrebbe potuto insegnargli lei se solo ci avesse provato, cose di cui lui non avrebbe mai avuto bisogno se avesse vissuto tutta la vita a Glasgow, come in effetti aveva fatto, al pari di tutte le persone che conosceva.
Mungo impara, dunque, che l’uomo glasgowiano per eccellenza in realtà non è altro che un modello che viene sempre meno. È una persona piena di ambiguità, ma allo stesso tempo incapace di assumersi la responsabilità di fronte alle proprie colpe e alla propria famiglia. È un modello di uomo ormai sulla via del tramonto, ma che cerca ancora di imporsi attraverso la violenza.
Quello che apprende il protagonista, dunque, è ciò a cui approda anche Shuggie Bain: per essere normali bisogna convivere con la violenza di una mascolinità che ha paura di perdere il proprio primato, e per farlo bisogna reprimere ogni tipo di senso di pietà e compassione:
Mungo non voleva nient’altro che condividere il proprio dolore con loro. Far provare ai suoi familiari le lunghe ore spaventose che aveva provato lui. Ma Gallowgate aveva ragione, non avrebbe mai potuto condividere la sofferenza, perché la sofferenza avrebbe offuscato i loro occhi e sotto sotto si sarebbero chiesti che cosa avesse fatto lui per meritarsela. Mungo trattenne a stento le lacrime e placò il tremore del labbro. Non avrebbe dato loro la soddisfazione della pietà. Non era più il loro bimbetto.
I dolori del «giovane Mungo»
Ironico e malinconico allo stesso tempo come il grigiore delle giornate scozzesi e attento alle dinamiche sociali delle periferie scozzesi come i film di Ken Loach, Il giovane Mungo (acquista) di Douglas Stuart percorre il solco tracciato in precedenza da Storia di Shuggie Bain. Stuart si dimostra ancora una volta capace di parlare della sua Scozia e del suo ceto proletario ed emarginato attraverso personaggi che vogliono scappare, riscattare se stessi e gli altri attraverso una ricerca della normalità che risulta impossibile per via di una mascolinità imperante sebbene fragile. Come Shuggie, anche Mungo impara che essere normali significa convivere con il proprio immobilismo e il grigiore della propria realtà e reprimere ogni senso di pietà per restare a galla.
Hamish avanzò verso James. Era ciò che voleva credere, una cosa molto più facile da concepire rispetto all’altra verità, ossia che Mungo era stato con questo ragazzo e gli era piaciuto, che Mungo aveva sognato l’alito di James zuccherino di latte e cereali, che lo aveva preso nella bocca o che gli aveva sfregato il naso contro la morbida peluria bionda sopra la spaccatura delle natiche, che gli si era strusciato contro nella vasca fredda finché l’acqua stagnante non si era riempita di bolle. Hamish non poteva essere il fratello di un pervertito. Non sarebbe mai stato il fratello di un finocchio.
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Un commento perfetto per questo romanzo di un grande autore struggente.
Bravo con le parole tu, e immenso e doloroso con la scrittura Lui.
Romanzo tagliente e terribile, ricco di violenza tossica tipica dell’ambiente patriarcale a cui stanno cercando di abituarci in tutti i modi.
Stimo Lui per aver messo al Mondo un romanzo così essenziale in questo periodo, e stimo te, per averlo recensito in modo così appropriato e preciso.