Pubblicato per Mondadori, Euforia è il primo romanzo per adulti di Elin Cullhed. L’autrice, che aveva debuttato nel 2016 con il romanzo young adult The Gods, torna per parlarci della vita travagliata della poetessa Sylvia Plath.
Con Euforia, Cullhed ha ottenuto il Premio August – il più importante riconoscimento letterario svedese – e fin dalla pubblicazione, nel novembre 2021, l’opera è stata ampiamente elogiata dalla critica. Ad oggi, è candidato al Premio Strega Europeo 2022.
Ma cosa ha reso Euforia un libro così tanto amato?
«Euforia»: il frutto di un’ossessione
Euforia racconta l’ultimo anno di vita di Sylvia Plath, il 1963. Tutto inizia dall’incontro di Sylvia con la moglie del direttore della banca. Sylvia ora abita nel a Court Green, nel Devon e aspetta il suo secondo figlio da suo marito Ted Hughes.
Il ritratto che Cullhed dipinge di Sylvia Plath è subito chiaro, sebbene sia in parte anche frutto di pura immaginazione. La poetessa viene presentata come ferocemente innamorata: della vita, della scrittura, di suo marito e dei suoi figli. Eppure, questi continui momenti euforici vengono presto seguiti da profondi attimi di sconforto e depressione. Sono continue montagne russe che Sylvia descrive al lettore e a lui affida i puoi pensieri più problematici.
Il rapporto con Ted Hughes
Ciò che più costituisce questa condizione altalenante è l’amore per suo marito, Ted Hughes. Il Poeta Laureato, che Sylvia ha sposato da giovane e con cui presto ha avuto dei figli, è un uomo difficile con cui convivere e i loro caratteri sono difficilmente compatibili. Tra i due nasce un amore passionale ma malato, composto da gelosie e conflitti. Sylvia è continuamente afflitta da una forte gelosia, successivamente giustificata dal fatto che Ted l’abbandoni per l’amante. Questo sentimento la porta a desiderare di avere costantemente accanto il marito, ma si sente libera quando lui non è con lei.
Quando ero così felice – quando vivere era una tale beatitudine – allora mi veniva paura, perché sapevo per esperienza che in quel momento sarebbe arrivata la catastrofe. Cercai di respingere il terrore, ma lo sentivo distintamente, come un lieve sfarfallio che mi risaliva in gola.
Questa ossessione si acuisce nel momento in cui Ted se ne va dalla loro casa nel Devon per tornare a Londra. Sylvia si ritrova dispersa nei suoi pensieri: si bea degli attimi di pura euforia quando capisce di essere di nuovo libera di essere chi desidera, ma cade nella più profonda depressione non appena Ted ritorna a popolare la sua mente.
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«Euforia»: l’aiuto della scrittura
Come combattere questi continui sbalzi d’umore? Sylvia opta per affidare i suoi pensieri alla scrittura, rimetterli alla carta. Proprio durante il 1963, completerà La campana di vetro e «diventerà finalmente una scrittrice».
Elin Cullhed decide, quindi, di affidare la voce di Sylvia Plath ad un’intima prima persona che possa raccontare al lettore tutto ciò che sta vivendo come un diario. I diari della poetessa americana sono stati di enorme aiuto per cercare di comprendere i motivi che l’hanno portata al suicidio, hanno permesso ad ammiratori e studiosi di entrare nella sua testa e scoprire l’animo di Sylvia Plath.
Euforia (acquista) sembra voler diventare un nuovo diario, lasciato volontariamente al lettore. Un modo per rivelare il suo vero punto di vista riguardo al suo ultimo anno di vita. Un anno che ha portato Sylvia verso, anche, una maturità stilistica. La gravidanza, la nascita del suo secondogenito e l’abbandono del marito, permette alla poetessa di rinascere una seconda volta e questa seconda possibilità porta con sé una nuova ondata di creatività.
Impugnai la salda penna, che sparò le parole come proiettili diretti contro la realtà! Bang! Bang! Bang! Bang! Nemmeno succhiai l’estremità della penna perché non c’erano intervalli! Non c’era altro che un pensiero e adesso stava per nascere! Stavo partorendo tutte le parole che, accidenti a me, stavano bene insieme e creavano qualcosa di più grande e vero di ciò che la realtà avrebbe mai saputo evocare! Stavo vincendo sulla realtà!
Una speranza per Sylvia Plath
Il libro si conclude nel novembre del 1963. Prima del debutto di La campana di vetro. Prima della tragedia. Sylvia sta traslocando, sta tornando nella sua Londra, sta andando a vivere al 23 di Fitzroy Road, nella casa di Yeats, il suo poeta preferito. È con i suoi figli, è euforica.
Ma questa volta non ci viene mostrato il momento successivo, la discesa della montagna russa. Siamo nel punto più alto, in attesa di cadere. Siamo tesi, insieme a lei, verso un futuro sconosciuto ma con una sensazione di paura addosso. Eppure, tutto si ferma lì.
Sappiamo tutti come la storia andrà a finire, Sylvia stessa ne sembra consapevole, ma ci viene sottratto il momento della verità. Elin Cullhed ci lascia una speranza, come se potesse evitare, chiudendo la storia, che la tragedia si compia. Ci lascia un ricordo di Sylvia dolceamaro ma non triste.
Una piccola speranza, un mondo in cui Sylvia ha davvero ripreso a vivere, ha sostenuto i suoi figli, ha sconfitto l’ossessione per Ted. Un mondo dove la montagna russa è finita e la poetessa può scendere a godersi la pace.
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