Aborto e desiderio di libertà: «L’evento» di Annie Ernaux

La vincitrice del Nobel per la Letteratura racconta la vergogna di una ragazza desiderosa di diventare indipendente

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L'evento

Quest’anno il Premio Nobel per la Letteratura è stato assegnato all’autrice francese Annie Ernaux, con la seguente motivazione: «per il coraggio e l’acutezza clinica con cui scopre le radici, gli alienamenti e i vincoli collettivi della memoria personale». In Italia la scrittrice è particolarmente nota per il suo romanzo L’evento, ancora di forte attualità. Pubblicato in Francia nel 2000, è la denuncia letteraria di una donna a cui, da ragazza, è stato proibito per legge di poter disporre di sé stessa e del proprio corpo. «Nell’ottobre 1963, a Rouen, ho aspettato per più di una settimana che mi venisse il ciclo».

Una studentessa, poco più di ventitré anni, aspetta che le venga il ciclo, ma nulla. Ogni giorno spera di trovare piccole macchie di sangue, ma niente. Nel frattempo, la tesi attende di essere scritta, gli esami sono in arrivo, una nuova vita cresce dentro di lei. Ormai è certo, il ciclo non verrà. Il dottore che la visita dice: «I figli dell’amore sono sempre belli», e lei pensa: «È orribile».

«L’evento»: la trama

Il corpo della ragazza si modifica, «il seno e i fianchi spingevano sotto i vestiti», la vita fluisce normalmente. Eppure qualcosa dentro di lei è in evoluzione, in attesa che l’evento accada. Ma l’evento a cui la ragazza va incontro è un aborto clandestino, l’unica scelta che ha a disposizione. Per raggiungere il suo obiettivo deve affrontare tappe disperate, tra l’ostilità e l’indifferenza delle persone che ha intorno.

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Sarà una «fabbricante d’angeli» ad aiutarla, le costerà quattrocento franchi, un raschiamento in ospedale, ma le darà indietro la vita che, in quei mesi, è rimasta come sospesa. Ne uscirà diversa, dirà: «Ho ucciso mia madre in me in quel momento». E poi ancora, riferendosi alla fabbricante d’angeli, «mi ha strappata a mia madre e mi ha gettata nel mondo». Una doppia disintegrazione della maternità.

«L’événement», al cinema

Da L’evento è stato tratto un film intitolato La scelta di Anne (L’événement), regia di Audrey Diwan, che ha conquistato il Leone d’oro alla 78° Mostra di Venezia. Un quadro della Francia negli anni Sessanta, un gioco di sguardi e di silenzi. Gli occhi spaventati di Anne sono pieni di vergogna, ricercano un disperato aiuto. Ma gli amici si rifiutano di assecondarla, i genitori ignorano quanto sta succedendo, gli insegnanti sottolineano un calo nel rendimento scolastico, i medici non vogliono o non possono aiutarla.

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Riprende la storia del libro ma in maniera più introspettiva, lo spettatore è sempre un passo indietro alla protagonista, la osserva e spera per il meglio. Spiazza, il pavimento sotto i piedi sembra scomparire, restano soltanto Anne e il suo disperato tentativo di sovvertire la condizione femminile, di liberarsi di quella malattia che trasforma le donne in casalinghe. Un film apprezzabile per i suoi toni realistici, dove l’aspra paura di non farcela sostituisce le quotidiane discussioni su Sartre e Camus.

«L’evento», una forma letteraria di protesta

Nessuna suspense ma una buona dose di trasporto emotivo, un’immersione clandestina nella vergogna di una determinata ragazza desiderosa di diventare una donna indipendente. Stesso stile di scrittura evocativa che ritroviamo nei suoi altri romanzi, Memoria di ragazza, Una donna, Il posto e L’altra figlia, sempre affilata, concisa, si affida al linguaggio per raccontare il percorso di una vita che non ha nulla per cui stupire, si offre come specchio per raccontare la storia di tanti. «Aver vissuto una cosa, qualsiasi cosa, conferisce il diritto inalienabile di scriverla».

L’evento, tuttavia, ha in sé un’esigenza diversa. La denuncia di un diritto negato, la ferita di molte donne costrette a gravidanze indesiderate. L’esperienza di una giovane donna che cerca, in ogni modo possibile, di abortire in una società in cui parlare di aborto è impossibile. È un doloroso tabù

È una corsa contro il tempo di una ragazza costretta a cavarsela da sola. Mantiene il segreto con i genitori, chiede invano aiuto al medico che la visita e ad altri, le amiche le dicono che è proibito, lo studente che l’ha messa incinta ignora il problema.

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È lei a trovarsi in quella situazione, dunque è lei che deve trovare un metodo per sbarazzarsene. E il più in fretta possibile. L’importante, le spiegano, è che venga registrato come «aborto spontaneo», in questo modo non sarà accusata di nulla. Così Annie Ernaux non ha paura di raccontare le pratiche “casalinghe” a cui una ragazza deve ricorrere. L’autrice non ha paura di grattare le ferite di tante donne vittime della legge e della classe sociale a cui appartengono.

L’evento (L’Orma, 2019) è un romanzo consigliato (acquista) a chi desidera riconoscere la clandestinità della libertà, per seguire il resoconto nudo di un’esperienza terribile, per riflettere sulla nostra legge 194 e sulla costante presenza di un’altissima percentuale di medici obiettori di coscienza, di cui è un esempio il Molise, che al momento conta un solo medico non obiettore. È una forma letteraria di protesta in cui l’autrice non parla solo di sé ma di una pagina della storia sociale, in cui Annie Ernaux riconosce il dovere di raccontare e raccontarsi.

Annie Ernaux scrive la vita

La sua vita è un pretesto narrativo, c’è sempre qualcosa del presente che la riconduce al passato. Nel raccontare le sue memorie, smuove qualcosa di noi che abbiamo dimenticato, un ricordo offuscato di qualcosa che ci appartiene. Annie Ernaux, una delle maggiori scrittrici contemporanee e ora anche Premio Nobel per la Letteratura, guida il lettore al bilancio esistenziale: chi siamo, dove sono la madre e il padre, gli affetti e la società. Nel contorno, la scuola, i libri, gli amici, le canzoni, l’adolescenza e l’amore. La paura, il coraggio e l’ardire. I suoi libri sono un viaggio a ritroso. Scrive la vita, quella parte di storia che non è solo sua. È nostra. Con dignità e impegno sociale, recupera le radici da cui proveniamo, illumina i ricordi con una luce nuova e ci riporta al presente diversi, senza più afflizioni.

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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