Dovremmo iscriverci al club dei folgorati. Cos’è? Una rete internazionale di persone che sono state colpite da un fulmine. E noi cosa c’entriamo?
Ci sono eventi che ci segnano in eterno, ci lasciano ammaccati, rotti dentro, incapaci di portare avanti una vita a tutti gli effetti “normale”. Chi sono dunque i folgorati?
Esteriormente, dopo un anno, loro sono delle persone normali. Hanno ripreso il lavoro. Però sono inquieti, non dormono la notte. E c’è un bambino che immagina in continuazione catastrofi, vede il sole scontrarsi con la terra. Però fuori niente. Sono rimasti solo dei buchini quasi invisibili, quelli di entrata e di uscita del fulmine.
Allo stesso modo, i personaggi di Susanna Bissoli sono un po’ “folgorati” dalla vita e dal male del secolo: il cancro.
«I folgorati»: niente lacrime ma sorrisi
Vera, protagonista assoluta del romanzo I folgorati (Einaudi, 2024), scopre che per la seconda volta nella sua vita si riaffaccia la neoplasia al seno, la stessa malattia che ha colpito sua madre e molte donne della sua famiglia. La protagonista ha 47 anni, non lavora più, ama Franco – che però non riesce a starle accanto nella malattia – e sceglie rintanarsi da suo padre, Zeno, un uomo vecchio, malconcio, impegnato a stare in equilibrio un’esistenza con una gamba «cancara». Vera inizierà le cure, supportata dalla sorella minore, Nora, e dalla nipote adolescente, Alice. È come se tutti loro fossero stati colpiti da un fulmine, più e più volte.
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In un susseguirsi di dialoghi intensi, esilaranti, comunque realistici, questo libro racconta la forza testarda di una famiglia che, pur nella vulnerabilità e nel dolore, riesce a trovare la forza per supportarsi e non morire asfissiata della sofferenza che la vita riserva ad alcuni.
Quelli che muoiono si chiamano fulminati. I folgorati sono quelli che sopravvivono.
In questi giorni bui fatti di cura e malattia, Vera fa una scoperta: nella stanza privata del padre trova quaderni su quaderni da lui firmati. Inizia a leggerli. Non sono appunti o diari, sono un grande romanzo scritto a penna. Titolo: Un uomo fortunato. Con la sua quinta elementare, Zeno è riuscito in un’impresa impossibile per la figlia: ha scritto una storia, dall’inizio alla fine. Ecco allora che Vera si propone di trascrivere il libro, e forse in lei si riaccende il desiderio – mai tralasciato – di diventare una scrittrice. «Le storie bisogna pure finire di raccontarle», non lasciarle a metà. La donna si avventura. Ed è qui che Vera incontra Susanna Bissoli, l’autrice, in un libro che affronta il dolore con il buonumore: niente lacrime ma sorrisi.
Penso che sono sopravvissuta e che forse dovrei cominciare a farmene qualcosa, di questa vita che avanza.
La salvezza che si cela nelle parole
I folgorati si caratterizza per una narrazione dove i dialoghi sono la colonna portante: mai teatrali ma veri, tra italiano e dialetto invitano a respirare l’intimità di un padre e una figlia molto meno distanti tra loro di quanto credevano di essere.
Vera è una donna che ha sempre saputo prendersi la sua libertà, respirare i suoi spazi a pieni polmoni, fuggendo in Grecia; adesso che si trova nuovamente colpita dalla malattia, la vita rimescola la gerarchia delle cose che sono importanti nel suo presente. Soprattutto se il futuro è una linea temporale su cui preferisce non indagare. Fondare un club dei folgorati diventa allora necessario.
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I folgorati (acquista) è un romanzo sulla scrittura e sulla salvezza che si cela nelle parole. Ma anche sulla malattia e sul tornare a vivere. Dedicato a chi in queste pagine saprà individuare i tratti familiari di una propria storia e riconoscere sulla propria pelle i segni di un folgorato. Non si sopravvive a un fulmine come se niente fosse.
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