Irrealtà, delirio, amore

«Furia» di Clyo Mendoza

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«Furia» di Clyo Mendoza

Di stirpi condannate alla solitudine ne è piena la letteratura – da Emily Bronte a Gabriel Garcia Marquez –, eppure c’è qualcosa in questo romanzo che altera gli stati di coscienza. In Furia, Clyo Mendoza (Polidoro Editore, 2023) mescola realtà e delirio, esplorando le pieghe dell’erotismo, per raccontare una storia di figli, di corpi, di donne selvagge che incarnano la furia del deserto.

«Furia»: la condanna di una stirpe

Ambientato in Messico in diversi periodi storici, la trama è un intreccio di vite, di personaggi che inevitabilmente cadono negli stessi orrori. L’autrice costruisce una saga familiare suddivisa in cinque parti, attraverso flashback e punti di vista differenti, per individuare il primo colpevole che potrebbe aver dato inizio alla condanna della stirpe.

Dall’amore tra i due soldati disertori Lázaro e Juan, alle amiche Sara e Cástula, passando per il famigerato Vicente e la moneta d’oro, per concludere con María e Salvador e l’amore disperato che li unisce, l’autrice dà vita a una cornice disordinata in cui esplora ambiguità e limiti nel desiderio, rendendo plausibile, reale e quindi accettabile ciò che comunemente non lo è.

Finito il romanzo si ha la certezza di non aver attraversato il deserto alla ricerca della verità, ma di essersi mossi alla cieca, di aver perso l’orientamento dopo una serie di magie e allucinazioni, e di essere tornati al punto di partenza, deliranti e febbrili, e per questo furiosi. Nessuno è mai tornato indietro dopo aver incontrato la propria anima, ma la lettura di questo romanzo lascia esattamente la stessa sensazione. Siamo inermi di fronte a un destino già scritto.

A volte, quando mi guardava, notavo come il suo corpo di cane desiderasse il corpo di una donna, il mio corpo. Il corpo di un cane che sentiva la mancanza di qualcosa di diverso, qualcosa che non fosse, come lui, una bestia.

L’autrice spinge il lettore all’incontro con storie di sangue e di morte, di incesti e violenze, episodi sgradevoli con personaggi instabili e mostruosi, ma soprattutto con l’odio e l’amore: contorto, asfissiante, immortale, salvifico. Non c’è un prima e un dopo, sembra chiaro. Tutto è eterno. Il corpo, l’identità, gli oggetti, i cani. I personaggi potranno anche morire, ma le loro storie continueranno a ondeggiare nel deserto, ombre dei racconti di chi ha assistito a tutto ciò.

Ha visto quei due cani neri attraversare la strada e ha dovuto frenare, non aveva altra scelta. Ha paura di averne ucciso uno e sebbene scendendo dall’auto si dica: sarai cretino; certo che fermarsi ora per due miseri cani che comunque sarebbero morti di fame, Salvador ha molta paura. Ha visto la camminata di quegli animali e ha pensato che fosse innaturale. Come guardare le rose blu troppo a lungo: le rose blu non esistono in natura, eppure ci sono.

Perdersi nel deserto della propria anima

Furia (acquista) è un romanzo dai toni weird, inquietante e ipnotico, lontano dal realismo magico. Clyo Mendoza, poeta e romanziera messicana, firma un esordio sensazionale, impossibile da incastrare in un genere perché ogni definizione risulterebbe scevra di ogni significato. L’autrice confonde le carte, sovverte gli schemi, per ricordare che un romanzo è prima di tutto indagine: della storia, del mondo, della propria anima.

Nata a Oaxaca (Messico) nel 1993, Clyo Mendoza è vincitrice nel 2017 del prestigioso premio Sor Juana Inés de la Cruz per la poesia (la più giovane a ottenerlo) con la sua raccolta Silencio. Ha pubblicato in diverse antologie poetiche (Poetas parricidas, 2014, Tiembla, 2018, Los reyes subterráneosVeinte poetas jóvenes de México, 2015); un’altra opera poetica intitolata Anamnesis è apparsa nel 2016. Ha beneficiato di varie borse di studio, tra cui quella del FONCA (Messico) e della Fundación Antonio Gala (Spagna). Furia è il suo primo romanzo, finalista del premio Finestres de Narrativa en Castellano 2021.

Consigliato a chi non ha paura di muoversi nel deserto, assetato di perdersi nei diversi piani di irrealtà, a chi in un romanzo sa di non trovare una via d’uscita, ma l’eternità di un corpo disposto a tutto pur di seguire il proprio destino. Un romanzo per scoprire «a quante disgrazie scampiamo senza che ce ne rendiamo conto».

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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