Innamorati di Galileo Galilei

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Galileo Galilei

Galileo Galilei è un nome che almeno una volta chiunque avrà sentito pronunciare, soprattutto in ambito scientifico. Ciò in quanto si tratta senza ombra di dubbio del padre della scienza moderna, ideatore del metodo scientifico, detto anche sperimentale. Nato proprio oggi, 15 febbraio, nel 1564 a Pisa.

Per quanto possa sembrare lontano dall’ambito umanistico, a Galileo Galilei dobbiamo anche lo sviluppo di un nuovo linguaggio. Il fisico, astronomo, matematico, ma anche filosofo, ha infatti contribuito alla nascita della lingua italiana per come la conosciamo ora. Scopriamo come e perché possiamo innamorarci di quello che a tutti gli effetti si può definire uno degli autori più importanti della storia della letteratura italiana.

Per cominciare: le «Considerazioni al Tasso» e le «Postille all’Ariosto»

In barba a chi combatte la crociata contro i saperi umanistici e vorrebbe un mondo fatto di soli saperi scientifici, Galilei aveva già chiaro ai suoi tempi come il sapere fosse unico e come matematica e lettere fossero l’una al servizio dell’altra e viceversa. Questa è la ragione principale per cui ad oggi troviamo questo autore non solo nei testi di filosofia, ma anche nei manuali di letteratura, sia per le scuole superiori sia all’università. Anzi, la figura di Galileo Galilei si studia in ambito accademico, con la completezza di analisi delle sue opere, soprattutto in facoltà umanistiche.

I motivi sono molteplici. Innanzitutto, prima di essere quello che con un termine moderno chiameremmo a buon diritto “scienziato”, Galilei era un critico letterario. Sono diverse le sue considerazioni e postille sugli autori, come ad esempio Francesco Petrarca, più difficili da trovare nelle librerie e ristrette a una cerchia particolare di ricercatori che le conoscono a menadito.

Galileo Galilei non era un grande lettore: prediligeva pochissimi autori, racconta il suo discepolo Vincenzo Viviani, anche lui matematico che gli esperti ricorderanno per il teorema geometrico che porta il suo nome (afferma che la somma delle tre distanze dai lati di un qualunque punto di un triangolo equilatero è costante e uguale all’altezza del triangolo). Nell’ultimo periodo della sua vita, tuttavia, Galilei (che morì l’8 gennaio 1642 ad Arcetri in condizione di cecità) incrementò la sua attività di letture dedicandosi ai suoi studia humanitatis avendo dovuto limitare l’attività scientifica a causa della condanna del Sant’Uffizio.

Ma già da giovane aveva parlato di Torquato Tasso e anche di Ludovico Ariosto, in una serie di considerazioni. La particolarità di questa sta nella puntigliosa analisi che Galilei opera soprattutto della lingua: questa sarà, come vedremo, un elemento fondamentale anche dei suoi trattati scientifici. Quando la matematica ci sembra ostica e lontana da noi dentro le mura scolastiche, dovremmo ricordarci la veemente lotta di Galileo contro i termini complessi usati dagli intellettuali, poiché la scienza doveva essere per lui prima di tutto chiara e comprensibile a tutti. Un autore di letteratura è allora tanto più apprezzabile quanto la lingua è curata nel modo adatto a trasmettere un messaggio.

Le Considerazioni al Tasso, secondo Viviani, furono scritte quando ancora l’autore della Gerusalemme liberata era in vita. Quindi Galileo non era, come noi, un lettore di classici, bensì immerso nella letteratura a lui contemporanea, deciso a conoscerne i risvolti e i pregi. Un critico letterario tra i più moderni.

Per proseguire: il «Sidereus Nuncius»

Queste considerazioni su Galilei, per quanto comprovate, non trovano grande spazio nella narrazione della vita e produzione dell’autore. Ciò in quanto il tutto è oscurato dalla “sfida” alla Chiesa che – suo malgrado, poiché Galilei non era anti-clericale né tantomeno ateo, ma figlio del suo tempo – compì con le sue scoperte scientifiche controcorrente. La prima grande opera che manifesta ciò è il Sidereus Nuncius, un trattato di astronomia scritto in latino (a differenza de Il Saggiatore e del famosissimo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo che saranno scritti in volgare, italiano).

Il titolo significa Messaggero stellare/degli astri, in quanto questo è il primissimo trattato dove Galileo Galilei racconta le scoperte fatte grazie all’invenzione del suo cannocchiale. L’attività intellettuale (scientifica e letteraria) dell’autore si muove infatti su due fronti, quelli su cui si muove la scienza moderna: da un lato documentazione e registrazione teorica, ma sempre, dall’altro lato, con la guida di un riscontro empirico e sperimentale: parte tutto dall’osservazione attraverso il cannocchiale. L’elenco delle scoperte di Galileo Galilei è molto ingente, specie per l’epoca.

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Ad esempio, notò che la superficie della Luna non era perfetta come si sosteneva all’epoca sotto la guida di Tolomeo, bensì come dirà lui aspera et inaequali (scabra e disuguale). Aspera che ci ricorda l’aspra e forte della selva selvaggia di Dante (che Galileo aveva letto e studiato). Ancora, studiò la Via Lattea, tracciò lo schema completo della cintura di Orione e notò quattro satelliti “medicei” (che chiamò così in onore dei Medici) che orbitano attorno a Giove. Questo sarà il punto di non ritorno per la scienza e per la vita di Galileo Galilei: sarà il primo punto a favore della teoria eliocentrica.

Già con questo trattato, Galilei fu sottoposto a censura seppur tacita: gli fu chiesto privatamente di evitare di insegnare questa teoria, poiché contraddiceva l’Antico Testamento e il pensiero della Chiesa, che si basava sulla teoria tolemaica per cui era la Terra al centro del sistema solare, ferma, con il Sole che le girava attorno. L’aspetto più prettamente letterario che qui ci interessa riguarda però lo stile: Galilei scelse di scrivere questo trattato in latino poiché era la lingua più parlata dai colti e quella della scienza (sarebbe come scrivere in inglese al giorno d’oggi), ma non rinunciò per questo alla chiarezza e all’entusiasmo nell’esposizione.

Forte di quel modus operandi che consisteva nel parlare chiaramente di scienza, Galilei prediligeva una prosa lineare in cui alternava l’entusiasmo per le scoperte alla precisione del racconto: stiamo parlando d’altronde della natura, della luna, del cielo, tutti elementi che hanno sempre affascinato uomini comuni e quindi tanto più poeti e filosofi. Continuò a insegnare in modo canonico a Padova, ma con questo scritto cominciò a conquistare diversi intellettuali e sostenitori grazie ad uno stile asciutto e semplice, ma anche poetico:

Cresce nella Luna, che ormai s’accosta alla quadratura, l’illuminazione solare, aumenta sulla terra la riflessione della sua luce; si estende lo splendore nella Luna per tutto un semicerchio, e le nostre notti rifulgono più chiare; finalmente l’intero volto della Luna, col quale guarda la Terra, è irradiato dal Sole opposto di fulgentissimi raggi, brilla per ogni dove la terrestre superficie inondata dallo splendore lunare; poi la Luna decrescente più deboli manda i raggi verso di noi, più debolmente è illuminata la Terra; la Luna volge a la congiunzione, notte cupa occupa la Terra.

Innamorati di Galileo Galilei: «Dialogo sopra i due massimi sistemi»

Il capolavoro di Galileo Galilei, summa del suo pensiero scientifico e non solo, è però il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano. È un trattato scritto in volgare, sotto forma di dialogo. Il genere dialogico non è nuovo per l’epoca di Galileo Galilei: lo avevano infatti usato già illustri autori classici come Tacito o Cicerone, ma anche Dante Alighieri o Francesco Petrarca. Tuttavia, la novità della scelta del genere consiste nell’adoperarlo per il sapere puramente scientifico, facendo del confronto pacifico tra le idee il principale terreno fertile della narrazione. Il dialogo serve a esporre la teoria eliocentrica (i due sistemi a confronto sono, come spiega il titolo, quello tolemaico e quello copernicano) con uno stile comunque intenso ed elegante ma anche semplice, come semplice è la stessa matematica in quanto linguaggio di Dio, ma fatta di equilibrio e rigore.

Al centro del progetto di Galilei c’era lo scopo di raggiungere un pubblico quanto più ampio possibile, in modo che anche i meno colti (che non conoscevano quindi il latino) potessero comprendere il suo linguaggio. Per rendere tutto più funzionale ideò anche parole nuove o prese parole già esistenti conferendo a esse un significato nuovo. Usò per questo anche diverse metafore e similitudini per rendere bene le idee che voleva esprimere.

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I protagonisti del dialogo, che si svolge a Venezia nel corso di quattro giornate, sono tre: Simplicio (che prende il nome dall’antico filosofo del VI secolo Simplicio di Cilicia), Sagredo e Filippo Salviati. Quest’ultimo, si capisce nel corso dell’opera, è sostanzialmente l’alter ego dell’autore, che vuole spiegare con rispetto e con un confronto costruttivo il suo modo di pensare a Simplicio. Non è un caso secondo molti che “Simplicio” riecheggi anche la semplicità di un ragionamento elementare.

Simplicio è infatti aristotelico e difende un sistema ben preciso, quello tolemaico, a dispetto del sistema copernicano propugnato invece da Salviati/Galileo. Sagredo è invece un patrizio veneziano che si dimostra subito piuttosto ingenuo ma comunque sicuro della nuova scienza copernicana, che espone in modo più cauto Salviati. L’espediente letterario dietro al dialogo è certamente quello di aggirare la censura della Chiesa nei confronti di Galilei, che sarà comunque condannato dal Sant’Uffizio, costretto all’abiura e al confino. Fuor di trucchi, il dialogo è rivoluzionario per il confronto delle idee che mette in gioco e per la prosa scientifica unica nel suo genere che Galilei elabora.

Lo scopo non è mai quello di affermare una distanza incolmabile tra la Chiesa e la scienza, anzi già nelle sue Lettere copernicane Galileo aveva spiegato come, semplicemente, la Bibbia andasse interpretata e non presa alla lettera, tenendo a mente il suo fine spirituale e morale ma non scientifico. Scienza e fede non sono inconciliabili, ma si muovono in due ambiti diversi: la prima insegna come funziona il cielo, la seconda come si va in cielo. Ecco perché per qualsiasi lettore Galilei rappresenta una lettura indispensabile: per il suo stile e per gli insegnamenti ancora incredibilmente moderni che sa dare.

In copertina:
Artwork by Eleonora Imparato
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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. Ha un master in giornalismo, è docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale. Autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti «Dipinti, brevi storie di fragilità».

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