Giorni contati è una raccolta atipica, apice artistico di un autore distintosi soprattutto nella prosa. Un percorso inusuale quello di Lucio Klobas, scrittore di origine istriana che fin dall’adolescenza vive nel bergamasco. Autore di opere estrose, contraddistinte da una notevole invettiva e originalità per il linguaggio narrativo, qui si abbandona a un’espressione più dismessa, patetica e profondamente sincera:
Anna ama camminare,
la domenica mattina andiamo
in città alta a prendere l’aperitivo
incontriamo qualche conoscente
parliamo brevemente
poi torniamo a casina (così lei
chiama la sua casa)
ci aspetta un pomeriggio sontuoso
tra le lenzuola di lino fresche
di bucato e infinite tenerezze
Anna, un omaggio per te
Gli artifizi della letteratura vengono così accantonati, in virtù di una riflessione personale che assume sempre i più i contorni di una confessione a cuore aperto. La silloge, che consta di ben centosessanta componimenti, è stata scritta nel 1993 in occasione della scomparsa della moglie del poeta, Anna Luzzana.
Composta in tre giorni in una febbrile eccitazione, l’autore ha consegnato il manoscritto su fogli dattiloscritti all’amico Giuseppe Pontiggia, con l’idea di farne un libretto da consegnare a parenti ed amici. Tuttavia è proprio l’intuizione di Pontiggia a portare questo prezioso volumetto a Il Saggiatore che lo pubblicherà nel 1994. Il libro, divenuto piccolo oggetto di culto per appassionati del genere, troverà poi anche una seconda edizione nel 2012, stavolta per Doppiozero.
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Anna, quando ti ho perduta
La scrittura diviene per Klobas una necessità irrinunciabile e improrogabile. In epigrafe l’autore sceglie – quasi si trattasse di un manifesto, di un’enunciazione artistica – la frase di Thomas Bernhard: «Quando perdi la persona più vicina al cuore, tutto ti sembra vuoto, dovunque guardi tutto è vuoto, e guarda e riguarda vedi che tutto è realmente vuoto, e lo sarà per sempre».
Ma in Klobas non emerge la necessità di riempire quel vuoto, anzi; la sua è una circumnavigazione di quella precisa assenza. L’abisso che assume le fattezze di una fossa o della profondità di un loculo: la mortalità considerata in quanto tale. Il dramma privato è il centro del nostro universo e il resto sembra non avere nessuna importanza:
Mi chiedo affranto:
Cosa costa a Dio
che è onnipotente
e può tutto
concedere alla mia Anna
qualche supplemento di tempo?
Cosa sono per Lui
pochi granelli di anni in più
nel mare sterminato
dell’eternità?
Ma ho il sospetto
che tutto sia stato fissato per sempre
e che eventuali domande di proroghe
non saranno accolte
Anna, opera d’arte piena di ricordi
In Giorni contati (acquista) ci sono Lucio e Anna, immersi inevitabilmente nelle loro esistenze e fautori di una storia d’amore eccezionale; eppure ci sono anche i due amanti, archetipi di una classica storia d’amore conclusasi con una fatale separazione. È proprio quest’equilibrio a conferire all’opera una sua dignità: la vita intesa come opera d’arte e opera d’arte in quanto non ricercata, ma tramutatasi in tale durante gli anni.
Klobas ricorda, ricorda incessantemente. Gli antri della malattia vengono abbandonati per panorami più riposanti, dove il loro amore ha trovato il coronamento che gli spetta. Anna rifulge per la sua energia, l’incontrastata voglia di vivere. D’altra parte il poeta può constatarne la straordinaria natura e la memoria riprende gli attimi con una dolcezza incontrastata.
È come se Klobas riprendesse e custodisse su pellicola i momenti decisivi della sua relazione. Attimi che sembrano tratti da un film di Guy Gilles, dove l’amore viene sviluppato nell’ottica di un tempo passato:
A Nizza la mattina con il mare
azzurrino che si stende in lontananza
percorriamo la Promenade des Anglais
è una passeggiata obbligatoria
lei la conosce a memoria
ma finge di scoprirla con me
scattiamo numerose foto
per il nostro album di ricordi
ci piace indugiare su quel viale
favorito dalla natura
Anna è felice per me – lo vedo –
è come se mi donasse quello spettacolo
da lei ereditato in altri tempi
Anna, custode del suo segreto
Il nome Anna compare nella maggior parte dei componimenti e anche quando non compare aleggia. Giorni contati è un omaggio alla vita, una raccolta che vuole – anzi, pretende – conferire una dignità ai vivi. Anna non assume i tratti divini in quanto scomparsa, ma lo è per sua stessa essenza. Agli occhi dell’amato ogni suo gesto, osservazione, assume i contorni di una tanto timida quanto decisiva voglia di essere.
Anna diventa così una dea rituale, intenta a introdurre l’amato ai piaceri della vita di coppia. Fra i due si instaura complicità e l’aulico viene abbandonato per ricercare nella semplicità del linguaggio l’assurdo miracolo della quotidianità. Perciò la storia di Lucio e Anna è una storia universale, dove la parola tenera o il momento fugace diventa pretesto per scrivere.
Tutto assume una luce diversa, più tenue, diffusa, con l’arrivo della morte. Gli episodi non sono premonitori, però vengono colti come un’irresistibile profezia. I dolori continui e lancinanti sono anticipazioni di una malattia mortale. La gioia sembra un debito da pagare per il fatto che siamo perduti, in una valle di lacrime.
Comunque sia – tralasciando le visioni fataliste –, Giorni contati si impone per la sua ineccepibile trasparenza. Klobas abbandona i vezzi del verso e la prosa viene spezzata – più o meno bruscamente – per enfatizzare il drammatico. Anna sia come dea sia come vestale, custode di un segreto antico e indecifrabile, anche per il poeta stesso:
Anna continua a lamentarsi
dei dolori
il suo corpo è invaso da dolori
lancinanti
nonostante ciò il suo viso
mantiene i tratti nobili e puri
che l’hanno da sempre contraddistinto,
è un segreto che Anna non vuole
rivelare
come non vuole rivelare il segreto
della sua eterna giovinezza
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