Nell’«etterno dolore» di New Orleans

«Giù nel cieco mondo» di Jesmyn Ward

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«Giù nel cieco mondo» di Jesmyn Ward

«Abbattere. Raccontare. Quanto tempo / Ancora dovrò vivere in una nazione / Che crede si possa crescere in / Una tomba?». Così scrive Jericho Brown in Palo, poesia tratta da La Tradizione, raccolta poetica vincitrice del Premio Pulitzer per la Poesia nel 2020. La storia degli afroamericani è una storia di rabbia, sofferenza e morti ingiuste. Una storia che parte dalla tratta degli schiavi e che continua con le mai sopite tensioni razziali, e che necessita di essere raccontata in ogni modo.

Il racconto della schiavitù dei neri d’America ha subito rivisitazioni sempre più originali. Da Octavia E. Butler e il suo Legami di sangue ai più recenti La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead e Il danzatore dell’acqua di Ta-Nehisi Coates, il racconto sulla schiavitù ha visto la contaminazione del fantastico, del fantascientifico e della mitologia cajun per proporre riflessioni sempre attuali sul ruolo dello storytelling in materia di questioni razziali. In questo filone rientra sicuramente Giù nel cieco mondo, nuovo romanzo di Jesmyn Ward (NN Editore, 2023), due volte vincitrice del National Book Award per Salvare le ossa e Canta, spirito, canta.

La trama di «Giù nel cieco mondo»

Ambientato ai tempi della schiavitù dei neri d’America, Giù nel cieco mondo narra la storia di Annis, una ragazza costretta a vivere in schiavitù. Il suo vero nome in realtà è Arese, «lei che arriva al momento giusto», un nome appiattito dal suo padrone – e anche padre, infatti è figlia di uno stupro – e che è legato a una tradizione leggendaria. La madre di Annis, infatti, porta spesso la figlia nel bosco per impartirle gli insegnamenti di Mama Aza, sua nonna, una donna guerriera sposa di un re del Dahomey che ha insegnato alla figlia l’importanza degli antenati.

Un giorno, Annis e sua madre si separano dopo che quest’ultima è stata venduta. La protagonista, allora, resta sola assieme ad altre persone vendute come schiave in un viaggio verso un vero e proprio inferno dantesco, ovvero New Orleans. Lì la sua guida sarà lo spirito di Mama Aza, che aiuterà Annis a sopravvivere «nel cieco mondo», in mezzo alla sopraffazione e alla violenza.

Jesmyn Ward fra Dante Alighieri e la letteratura afroamericana

In questo nuovo romanzo, Jesmyn Ward abbandona la finzionale ambientazione di Bois Sauvage per cimentarsi nella realtà, in particolare nel contesto della schiavitù dei neri d’America. In Giù nel cieco mondo si trovano comunque i temi della narrativa di Ward: la sopravvivenza in un mondo fatto di ferite e macerie, le relazioni umane, il corpo femminile, l’importanza della testimonianza e, se consideriamo Canta, spirito, canta, anche l’eredità dei fantasmi del passato.

Non si parla a caso di fantasmi, anche perché il romanzo è dedicato non soltanto a Brandon Miller, il marito morto a causa del Covid, ma anche a Joshua, il fratello morto investito da un bianco ubriaco e che fa scaturire le riflessioni dell’autrice nel memoir Sotto la falce, in cui l’autrice di DeLisle, nel Mississippi, stabilisce un legame fra la violenza, la povertà e le questioni razziali. Ward torna ai fantasmi del passato per indagare le origini di quanto raccontato in Sotto la falce, e lo fa avvalendosi del mito e della tradizione letteraria, come spiega la traduttrice Valentina Daniele in postfazione:

Jesmyn Ward ha sempre intrecciato strettamente la scrittura con la materia del mito. Nei suoi romanzi, ogni personaggio porta con sé il retaggio di un intero popolo, strappato – o più esattamente rubato – alla propria storia individuale e collettiva; e il racconto di quel trauma e del dolore che ha inflitto per secoli deve avvenire attraverso una lingua in grado di rendere sacri l’orrore e il dolore, per impedire di dimenticarli. In Giù nel cieco mondo, però, Ward sceglie una strada diversa. Non è il mito né il mondo degli spiriti a scandire la presa di coscienza della protagonista, Annis/Arese, ma è un’opera letteraria, non a caso fondativa di un’altra lingua: l’Inferno di Dante.

In questa sua trattazione della schiavitù, Ward attinge non soltanto alla tradizione dei fantasmi del bayou risalente alla mitologia cajun – a cui, fra l’altro, attinge un grande modello di Ward, Toni Morrison –, o alla letteratura di William Faulkner – un altro grande modello molto presente nell’opera di Ward, almeno nell’ultimo capitolo della trilogia di Bois Sauvage –, ma anche e soprattutto alla Commedia di Dante, che diventa vera e propria stella polare di Ward e che viene riletta alla luce del passato dei neri d’America.

L’Inferno dantesco a New Orleans

Dante Alighieri diventa fin da subito importante, in quanto all’inizio del romanzo Annis racconta di come origliava le lezioni delle sue sorellastre su «un uomo, un italiano di tanto tempo fa che scende all’inferno», e ascolta anche alcuni versi iconici dell’Inferno dantesco come «Or discendiam qua giù nel cieco mondo» oppure «per me si va ne la città dolente». Restando in tema dantesco, non solo la casa del padrone appare come un vero e proprio inferno, un luogo buio e asfissiante, ma anche il viaggio di Annis con i Georgiani costituisce una vera e propria discesa nell’inferno in quella «città bollente» di nome New Orleans descritta come un alveare, la cui forma è simile all’inferno dantesco.

In questa reinterpretazione dell’Inferno di Dante, Annis interpreta il ruolo del sommo poeta, mentre a Mama Aza spetta il ruolo di Virgilio, e la mamma della protagonista diventa la Beatrice la cui ricerca disperata dovrebbe portare la protagonista a «uscire a veder le stelle». Come Dante, la ragazza farà esperienza del dolore delle persone attorno a lei – Phyllis, Safi, Esther e Emil su tutti. Se, però, il viaggio di Dante è allegorico e volto alla purificazione dell’anima, quello di Annis è autentico, e più che mostrare i vizi dell’uomo e una via alla purificazione, cataloga invece la sofferenza dei neri d’America cerca un modo per tramandarla e raccontarla a chi verrà dopo di lei.

Le storie degli antenati

Fondamentale in questo viaggio simil-dantesco è il ruolo delle storie. In questo senso Giù nel cieco mondo ricorda Show Way, libro illustrato di Jacqueline Woodson che, partendo dalla storia della schiavitù arriva fino alle lotte per i diritti civili ribadendo l’importanza di tramandare storie e tradizioni di generazione in generazione. Fin dall’inizio del suo nuovo romanzo, Ward pone al centro l’importanza dell’oralità già nel rapporto fra Annis e sua madre:

Mamma è sempre stata una donna che nasconde un cuore tenero: una donna che brucia come una lanterna allo zolfo per guidarmi nel buio del mondo, una donna che mi fa un regalo ogni mese, quando si sguaina per insegnarmi a combattere.

Il regalo della madre di Annis è quello delle storie di Mama Aza e dei suoi antenati, storie di lotta e coraggio che sono quelle che insegnano alla protagonista «un modo per ricordare un altro mondo. Un altro modo di vivere. Non era un mondo perfetto, ma non era sbagliato come questo». Le storie degli antenati fanno da contraltare alla realtà che vive Annis, dove si lasciano annegare gli schiavi oppure li si punisce per dei piccoli sbagli seppellendoli vivi in delle buche.

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Nell’inferno di Annis, non solo l’odore dei morti prende il sopravvento su quello dei vivi, ma dalla terra e dalla profondità delle acque dei fiumi si sentono «antichi gemiti» le cui storie la protagonista deve ascoltare su suggerimento di Mama Aza stessa, poiché sono espressione, ricordo e testimonianza delle sofferenze patite: «mia madre sapeva», afferma la protagonista, «che il mondo era impregnato di spirito, che non c’era bisogno di andare in paradiso o all’inferno per esserne testimoni; sapeva che era tutto qui. E ora lo so anch’io».

Ricordare e testimoniare

Sono proprio gli spiriti che parlano ad Annis: «Noi parliamo perché tu senti». Annis si renderà presto conto che gli spiriti non riporteranno indietro sua madre e che purtroppo non possono salvare gli schiavi morti nel cammino verso New Orleans o vittime delle violenze subite dai nuovi padroni. Gli spiriti possono solo mostrarle una via, e questa via parte dal passato e arriva fino al presente. Essi mostrano la sofferenza, devono rendere necessaria la sua esistenza affinché Annis comprenda che, se vuole la libertà per sé e per gli altri, se «vuole camminare in un mondo fatto da me», deve combattere.

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Per ottenere la libertà, Annis deve passare per le stesse sofferenze patite da Mama Aza, da sua madre e da tutti gli altri schiavi come lei. Deve cibarsi dello stesso fango in cui sono seppelliti gli spiriti, quegli stessi spiriti che generano in lei «un seme, una canzone»: la protagonista deve combattere per poter tramandare le storie degli spiriti e la sua storia a chi verrà dopo di lei. Per ricordare alle generazioni future che non sono figli di schiavi, ma di guerrieri, con una propria voce, proprie tradizioni e dignità di uomini e donne. Solo così potranno uscire a vedere le stelle: cantando le proprie storie, facendo cantare gli spiriti.

L’amor che move Annis e l’altre stelle

Giù nel cieco mondo (acquista) riprende un discorso che Ward ha iniziato con la trilogia di Bois Sauvage e Sotto la falce e che idealmente riprende il percorso tracciato da Toni Morrison, Jacqueline Woodson e tanti altri autori come Octavia E. Butler e Colson Whitehead. Fondendo tradizione letteraria, mitologia cajun, storia e attualità, Ward ribadisce ancora una volta l’importanza di un dialogo continuo fra i vivi e i morti, fra la storia passata e quella presente. Restando in tema dantesco, «l’amor che move il sole e l’altre stelle» altro non sono che gli spiriti del passato, che chiedono riscatto attraverso il risveglio della coscienza, indispensabile per combattere per la libertà e la giustizia.

Percorrerà via terra la lunga strada che abbiamo affrontato, tornerà alla casa di mio padre, tornerà al vivaio del suo mare. Danzerà da torrente a rivolo, si dissolverà sull’acqua, si asciugherà sugli scheletri della gente affondata di Mama Aza e poi si ricongiungerà a sua madre: l’Acqua.

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Alberto Paolo Palumbo

Insegnante di lingua inglese nella scuola elementare e media. A volte pure articolista: scuola permettendo.

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