Cosa significa vedere la tua famiglia cadere in pezzi e non riuscire a fare nulla per impedirlo? Cosa significa soddisfare le aspettative di un padre che chiami per nome quando parli di lui, mentre solo nei momenti più intensi riesci a pensarlo come “papà”? Cosa fare quando tua sorella si smarrisce e non riesci a non arrabbiarti perché non ha cercato il tuo aiuto?
I giudizi sospesi di Silvia Dai Pra’ (Mondadori) lascia in sospeso tutte queste domande e allo stesso tempo insegna al lettore a rispondere a esse. Questo libro è molto di più di un romanzo su una famiglia. È un viaggio emotivo fin troppo intenso che trova nel finale il punto interrogativo dell’esistenza. Con un linguaggio semplice e diretto, l’autrice sa trasportare il lettore nella realtà quotidiana della famiglia Giovannetti.
«I giudizi sospesi»: un dramma familiare
I giudizi sospesi racconta della famiglia Giovannetti, apparentemente felice in maniera quasi anonima. Poiché, come ci insegna Lev Tolstoj, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Così, con il tempo, tutto sarà meno banale all’interno di casa Giovannetti e forse un po’ più oscuro. Lontano dalle certezze della vita quotidiana e della letteratura. Sì perché, in realtà, vita quotidiana e letteratura a casa Giovannetti coincidono. Mauro è un professore amatissimo e conosciuto, che ha cresciuto i figli con l’idea della supremazia del Liceo Classico. La sua Perla, un nomen loquens, un nome parlante, è proprio la figlia Perla.
Eccellente, intelligentissima, brillante a scuola. Il figlio minore, Felix, è continuamente eclissato da questa sua sorella genio in tutto, ma le vuole bene, alla fine. Poi c’è la mamma, così anonima che in una prima definizione di questa trama quasi passa inosservata, finché non afferma la sua identità. Rifiuterà solo in un secondo momento il ruolo di ‘angelo del focolare’. Con il tempo, si scoprirà come il buon vecchio Mauro, per quanto professore perfetto, non abbia messo altrettanta dedizione nel ruolo di marito. In questa famiglia c’è allora già una sorta di oscurità latente. Ma non è questo a turbare davvero l’equilibrio familiare.
Il fulmine a ciel sereno che cambia tutto si chiama, infatti, James. È un homme fatale, in una letteratura (per non dire cinema) costellata da femme fatale. Lui è quella figura affascinante che prende una ragazzina e la trasforma in qualcosa di diverso, è il cattivo, è il personaggio che si dovrebbe odiare.
Un homme fatale che seduce anche il lettore
Invece no: James inganna in prima istanza anche il lettore. Non fosse per alcune incidentali del narratore (che vedremo a breve), sembra tutto sommato un ragazzo sfortunato, nemmeno così stupido, a tratti discriminato da una famiglia troppo perbene per lui magari. È un climax di suspense e di incredibile coinvolgimento che induce il lettore a riflettere e tormentarsi per capire.
Un tratto interessante in un romanzo che sfida gli stereotipi di genere, ma senza per questo voler con fini buonisti o pedagogici dare giudizi. Anzi, i giudizi sono sospesi, per tutti. Sospende e riflette chi si approccia a un libro da un linguaggio incredibilmente efficace. La presenza del romano è molto attiva, poiché la vicenda è ambientata in un posto della provincia di Roma (che vediamo sostituito con asterischi per non essere rivelato). È inoltre adeguata ai toni e ai momenti coinvolgendo come se si fosse in una serie televisiva.
Della serialità, infatti, I giudizi sospesi riprende la possibilità di vedere crescere i personaggi nel tempo. Grazie a salti temporali brillantemente gestiti, personaggi che entrano quasi a fare parte della quotidianità di chi legge vengono descritti attraverso lo show, don’t tell. Ovvero, viene mostrato cosa pensano attraverso azioni e simboli, non con lunghe descrizioni. Per tale ragione, la vicenda scorre velocemente e senza che le pagine pesino.
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Felix: il punto di vista dell’escluso
Il fiore all’occhiello di tutto il libro, non rivelato subito da noi appositamente, è il narratore. Il punto di vista è proprio quello di Felix, che vediamo prima come ragazzino imbranato e poi, con i vari salti temporali, diventa anche un uomo. Con profonda intensità palesa al lettore le proprie idiosincrasie, i dubbi, i contrasti interiori che lo annichiliscono. Felix arriva spesso a pensare di uccidere James, la causa della sua rovina, e si detesta quando non riesce invece a manifestare la giusta aggressività.
Tuttavia, Felix soprattutto si sente un escluso. Escluso all’inizio da Perla come intelligenza a lui superiore, un ragazzo che ricerca il padre e che con il lettore chiama sempre “Mauro”, per nome, tranne in pochi istanti, come in uno dei passi più interessanti del romanzo:
E tu te ne sei pentito, papà? Te ne sei pentito amaramente? Vi chiedete anche voi costantemente, ossessivamente, perché i rapporti con le persone più importanti della nostra vita si riducano, alla fine dei conti, a una serie di domande mai fatte?
Spesso Felix rompe la quarta parete e interroga direttamente il suo interlocutore. Perché non dovrebbe? Il pregio principale di I giudizi sospesi (acquista) è che noi siamo la famiglia Giovannetti, noi apparteniamo alla vicenda, e Felix è nostro fratello che con noi si confida. Un occhio profondo e attento, ma incredibilmente fragile di fronte a un mondo che gli si sgretola davanti.
Allo stesso tempo, è sicuramente uno dei personaggi più veri e onesti della letteratura attuale, così vivo che esce dalle pagine per diventare una persona che si conosce benissimo, si fa conoscere, si fa amare finanche nei momenti in cui andrebbe terribilmente ammonito. Il desiderio di rimproverarlo è quasi incontrollabile, ma non si può, certo, Felix non esiste. Ma esistiamo noi, con le nostre fragilità, con i disagi familiari, i ricordi di una vecchia casa, di un tempo che non sarà più.
Ecco che “il figlio sbagliato” realizza come non è James ad aver rovinato tutto, non solo, e sente la mancanza di cose che forse neppure ha mai avuto. Con dolcezza e malinconia conquista e spinge all’empatia.
«I giudizi sospesi». Quando la letteratura non è un modo di esistere
Altro enorme pregio del romanzo è la presenza di tantissime citazioni letterarie, inizialmente per definire l’intelligenza di Perla, i dibattiti filosofici e letterari della famiglia in cui al centro c’è il prof. Mauro. È quando Perla si smarrisce che sembra quasi che quei libri non esistano più. Come se le pagine vuote che si studiano e che si apprendono per cercare di essere migliori non possano proteggerci dal mondo.
James che sta sotto casa con la macchina a guardare Perla davanti casa sembra a Felix un gesto romantico. Magari proprio dai libri nasce questo fraintendimento, ma rivela poi quanto sia malsano il controllo. E come eterna nemesi di Felix James ricorda al fratello di Perla la difficoltà di aiutare chi non vuole essere aiutato. È la realtà della vita il muro contro cui Felix sbatte la faccia, a nulla servono i libri. Anche Perla abbandona le letture, sembrano un ricordo lontano, anche quando Felix cerca con lei un dialogo sulla base di frasi che amava e sottolineava. Mauro stesso e le sue lezioni, il suo prestigio, rischiano di perdere di significato quando Perla si allontana per sempre.
Penso che i miei genitori, in quella solitudine affollata che gli altri chiamano famiglia, fossero in fondo una bella coppia; penso che si amassero; penso che non si meritassero ciò che hanno vissuto, se mai qualcuno merita quello che accade, se da qualche parte, in qualche modo, in tutto questo c’è nascosto un senso.
Significa, forse, che la letteratura non è un modo di esistere? Eppure il senso che Felix cerca ardentemente lo trova parlando con il lettore, raccontandoci, quindi, la sua storia.
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