Quanto dell’universo possiamo ammettere di conoscere? L’essere umano è prevedibile? La vita dell’uomo è vuota o piena di cose insignificanti? Non avremo mai una precisa risposta a queste domande, ma interrogarsi su questo credo sia una delle tante risposte alla domanda: «A cosa serve la letteratura?».
Il grande cacciatore (e altre violenze) di Carlo D’Amicis, uscito originariamente per :duepunti nel 2011, torna in una nuova versione con TerraRossa Edizioni.
La protagonista di questo racconto lungo sorprende il proprio fidanzato a letto con la vicina di casa, Marilyn, una ex modella di ormai quarant’anni. Il motivo? Il fidanzato le spiega che con la vicina si sente a suo agio, entrambi condividono una passione per gli Ufo. La donna si lascia trasportare in questo perverso ménage à trois che non ha nulla di sessuale, ma la verità è che nella sua vita non conosce altro stimolo che non sia il suo lavoro da infermiera.
Una volta, in uno di quei colloqui attitudinali previsti dalle asl, lo psicologo mi chiese di elencare tre cose che mi piaceva fare.
Impugnò la matita e la puntò sul foglio, dettando l’unica regola: «Non deve pensarci troppo».
Prendendolo in parola, risposi prontamente: «Il mio lavoro».
«Bene», approvò lui. «Poi?»
«Poi», ripetei con un profondo sospiro.
Le due donne condividono quest’uomo per il quale, in fondo, non provano nulla se non affetto, e se si cerca un senso in fondo non è altro che la solitudine. Questo finché tra di loro s’impone la presenza di un cane, a svelare l’abisso che si è aperto tra quegli esseri umani che non aspettano altro che sentirsi amati, vittime e carnefici della loro solitudine.
«Sciò, sciò.»
Girandomi per scacciarlo, notai che trascinava la zampa.
Lo guardai con più attenzione. Sull’orecchio destro c’era una piaga suppurante. Agli occhi un principio di congiuntivite.
Era, del resto, un cane di strada.
«Solo il tempo di medicarti», bisbigliai chinandomi sul cane, e poi gli aprii di nuovo il portellone.
«Il grande cacciatore (e altre violenze)», una folle vita ordinaria
Carlo D’Amicis apre le porte di questo delirio in cui i personaggi finiscono per credere troppo nelle loro teorie, o non ci credono affatto ma non fanno nulla per contrastare il presente. Ed è per questo che si è in grado di entrare in empatia con loro, si entra in contatto con la loro tranquilla desolazione, il loro senso di estraniamento di fronte a una vita alternativa che mai avranno.
Il grande cacciatore (e altre violenze) (acquista) è la storia di una folle vita ordinaria in cui la verità, come una calamità, fa dell’uomo l’unico assassino di se stesso. La casa editrice TerraRossa edizioni dedica il libro a: «Chi talvolta preferisce i quadrupedi ai bipedi e soprattutto ai propri vicini di casa; chi apprezza l’ironia amara; chi sa che il bene e il male possono esercitare il medesimo fascino».
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