L’invisibile è una fiamma che non possiamo afferrare, comprendere. Ogni frammento esistenziale riacquista il suo naturale splendore mentre il tempo e lo spazio si dilatano, in costante equilibrio tra sogno e realtà.
Ne La casa in fiamme di Filippo Polenchi (Industria & Letteratura, 2022), romanzo breve che si inserisce all’interno della collana di narrativa breve L’invisibile curata da Martino Baldi, tutto inizia da un incendio, appunto.
Una vita ridotta in cenere
Le fiamme divorano l’appartamento del protagonista. L’arredamento, le pareti, ogni oggetto viene divorato dalle fiamme fameliche, ogni frammento di una vita viene ridotto in cenere. La vita a cui ormai il protagonista non appartiene più s’incendia e di essa non resta più nulla.
Lui ha conservato dall’incendio in cui ha perso casa alcuni frammenti e fra questi una fotografia che porta con lui per tutto questo tempo.
Il narratore non ha un volto, né un nome. Si presenta al lettore come un uomo che, abbandonata la sicurezza di un impiego universitario come astronomo, vaga alla ricerca di un rifugio in cui sfuggire alla noia e alla routine della propria esistenza.
Non ha più bisogno di nulla, quando s’imbatte in Stella. E no, non è una storia d’amore. Alla ricerca di nuova sistemazione, fa ritorno in una casa di piacere gestita da questa donna che ha «l’aria di poter fare del male anche senza volerlo».
Ci torna per essere un osservatore: da Stella è libero di esercitare il proprio sguardo, ora non più concentrato sugli astri. Il fervore della passione che brilla nello sguardo delle persone si sovrappone all’occhio del narratore, silenzioso testimone di numerose performance sessuali.
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La fiamma interna
Il ritmo viene scandito dalle notti, ore in cui la casa prende vita, quando tutto si ripete ciclicamente. Il tempo si azzera. Festa dopo festa, cliente dopo cliente, il narratore si perde in una routine di perdizione. La casa vive, osserva, respira. Al suo interno pareti e stanze palpitano di un rosso vivo si nutrono dei gemiti, delle urla e delle risate che accompagnano gli incontri notturni. La fiamma continua ad ardere intorno al protagonista. Il suo sguardo non ha mai smesso di ricercare il colore dei corpi in eterno splendore. Sono fiori che lentamente appassiscono, ma non ce ne accorgiamo. La loro bellezza appanna lo sguardo.
Mangiamo in silenzio, senza imbarazzo. L’unico rumore in tutta la casa è soltanto quello delle bocche che masticano. Improvvisamente dico che oggi è il giorno più buio degli ultimi quattrocento anni. Un allineamento di luna, terra e sole che non accade dal 1638 e che accadrà di nuovo nel 2094. Un evento millenario. È una vera fortuna essere in così tanti durante un giorno così buio, concludo.
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«La casa in fiamme», sguardi che esplodono
Filippo Polenchi ha scritto articoli critici su «alfabeta2», «Antinomie», «L’indice dei libri del mese» e pubblicato racconti su «Nazione indiana» e «minima&moralia». Dopo l’enigmatico esordio con Figlio fortunato (66thand2nd, 2021), Fillippo Polenchi torna con un testo ancora più estremo, lucido e ipnotico come un sogno lynchiano.
La casa in fiamme (acquista qui) è un romanzo breve in cui ci si immerge senza il timore di affogare. La scrittura onirica e impressionista di Polenchi riesce abilmente a restituire il quadro di un’esistenza fatta di misteri che il protagonista non ha intenzione di risolvere. Il ritrovamento, da parte del protagonista, di una fotografia – la stessa che era rimasta incenerita dal rogo delle prime pagine –, sarà un confine fra il dentro e il fuori, fra la realtà e la finzione, che il narratore stenta a riconoscere.
La sua seconda prova letteraria, dopo Figlio Fortunato, ricorda un haiku: «Il tetto si è bruciato, ora posso vedere la luna». È una storia consigliata a chi non ha paura di guardare dentro le macerie di sé, ma s’immerge nel magma dei propri traumi riflessi nello sguardo di chi ci circonda. C’è sempre un significato indefinito, invisibile pronto a divampare nelle fiamme di un’esplosione.
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