«La cura. Storia di tutti i miei tagli» e la ripartenza

«Questa è la storia dei miei tagli, e dei diversi nomi che ho dato loro.»

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la cura

Scrollando l’homepage di Instagram si scopre una faccia della medaglia che senza remore disarmiamo, nascondiamo sotto il tappeto di un like e passa oltre. Il tormento non è altro che una forma di depressione, di ansia, di momenti in down a cui non basta la tecnica dell’«Esci un po’, pensa a divertirti. Non ci pensare».

È a quel punto che si trova spazio e conforto nella letteratura, nell’amore e nella devozione di chi si rifugia tra i libri non per vanità ma per necessità. La stessa che ha spinto Icaro Tuttle, che non di letteratura si occupa ma di disegno, a firmare la graphic novel La cura. Storia di tutti i miei tagli. È la storia di una ragazza che alla fine ce l’ha fatta. È riuscita a focalizzare il dolore esistenziale in un’arte immensa, il talento. 

La trama

La cura. Storia di tutti i miei tagli (acquista), pubblicato dalla casa editrice BeccoGiallo, parte da uno spunto autobiografico e, come le migliori storie, affronta il dolore e la depressione senza filtri. I tagli, in un periodo di depressione e autolesionismo, raccontati con la sfrontatezza di un tormento che picchia duro.

La cura non è mai indolore. A volte brucia, a volte nausea, a volte ti mangia le giornate e ti fa camminare strano. A volte poi c’entra con il tagliare via i pezzi di te, con violenza e precisione, in una potatura faticosa, per poter far crescere i frutti nella prossima estate. Questa è la storia dei miei tagli, e dei diversi nomi che ho dato loro.

Tra i vari strumenti: le forbici (sì), il cellulare, la carta di credito, un bisturi, una corda, ecc… Come un argomento tabù, il dolore c’è e si vede ma è sottopelle. È sempre lì, accanto, mentre soffia le candeline, tra i banchi di scuola, sui mezzi. Ti segue, ti sussurra (o ti urla addosso): «Non ce la farai». Come un’ombra, negli anni, «ha saputo riempire i vuoti a regola d’arte». Potremmo chiamarla depressione, ansia, non fa differenza. «E se non dovesse guarire mai?»

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Tiene le sue mani ferme sulle spalle, ne senti il peso, a volte manca l’aria:

Magari hai un calo di Vitamina D, dovresti prendere un po’ di sole. E le proteine, come stai messa? Dovresti mangiare un po’ di salmone… 

I tentativi di una famiglia che spera di poter nascondere il male sotto il tappeto, oltre una campana di vetro. Tentativo fallito. Una speranza che diventa anch’essa parte del dolore: «Non funziona. Non funziona. Non funziono». Pensare che, fallendo, cura dopo cura, si diventa la delusione di chi ci è vicino. Eppure… «Lo sai che vivere è un’altra cosa.»

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La nostra protagonista si trascina, passo dopo passo, nella vita. Muta pelle, cerca di non farsi riconoscere e forse da se stessa. Non ha mai desiderato diventare quella che gli altri si aspettavano da lei, ma tutte le sue versione alternative lì nello specchio un po’ bruciano. E spaventano. 

Ho sognato la fuga per mesi […]. Le ginocchia tremano ancora, ma ho imparato a remargli distante. Il vento di fine estate mi insegna a dimenticare.

Quindi La cura qual è?

Nota soprattutto su Instagram, la matita di Icaro diventa testimone essenziale del disagio, della necessità di dar voce al dilemma della solitudine di un personaggio comune. Icaro, come il mito greco per eccellenza, segue il suo sogno, a costo di scottarsi, e ne fa poesia.

I tagli diventano passi fondamentali, la metafora di un salto, la necessità di toccare il Sole, come Icaro, smetterla di incepparsi sempre negli stessi errori. Forse, dopotutto, un modo per sopravvivere al proprio tormento c’è.

La cura è Ritagliare, Isolare, Mischiare, Recidere, Spuntare, Incidere, Dividere, Scappare, Affettare. In ordine sparso. Soprattutto, la cura è riuscire a ritagliarsi uno spazio lontano dal dolore. Consigliato a chi ha fatto delle proprie insicurezze la necessità di una ripartenza. 

«Ormai è troppo tardi per cambiare trama.» Ma ne siamo sicuri?

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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

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