«Il pittore che divora le donne»: riflessioni sull’erotismo

Uno scontro fra culture sul tema della sessualità

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«Il pittore che divora le donne»: riflessioni sull’erotismo

Classe 1970, Kamel Daoud ritorna con una nuova opera edita da La Nave di Teseo. Nato in Algeria, Daoud sceglie il francese come lingua d’elezione per scrivere i suoi libri e comporre i suoi articoli per Le Quotidien d’Oran, un quotidiano indipendente algerino. Vincitore di un premio Goncourt e di un prix Méditerranée, in Il pittore che divora le donne (acquista), Daoud propone una riflessione affascinante riguardo la visione dell’erotismo nella cultura araba, mettendola a confronto a quella occidentale tramite la visione delle tele del grande pittore Pablo Picasso.

«Il pittore che divora le donne»: due personaggi in cerca di Picasso

L’ opera si presenta come una lunga riflessione di un uomo “arabo” durante una visita notturna concessagli dal Museo Picasso a Parigi. Questo personaggio rimarrà per sempre senza nome e si può affibbiargli facilmente le fattezze dello stesso autore. Durante tutta la durata del libro, il narratore si perde nella visione dei quadri del grande pittore spagnolo, notando le differenze che intercorrono tra Oriente e Occidente riguardo il tema della nudità e dell’erotismo.

In questo viaggio notturno, il narratore ci accompagna in questa lunga meditazione insieme ad un personaggio fittizio, Abdellah, di cui percepiamo la presenza nelle vicinanze. Abdellah è un jihadista e riflette, davanti alle opere di Picasso, sulla decisione di farsi esplodere in quelle sale oscure così da poter purificare l’Occidente attraverso la sua morte.

Per Abdellah lo scopo non è uccidere, ma alterare. Assassinare è restituire il corpo all’eternità, ma cambiare la forma di un labbro, un seno o un sopracciglio, è “correggere” quello che è già assoluto e che non vi appartiene. Questo è punibile, esecrabile si suoi occhi.

Un’opera statica

«Most of the time nothing happened… like a French movie», diceva Nemo Nobody nel film Mr Nobody (2009). E così si presenta anche l’ opera di Kamel Daoud: una lunga meditazione su tutto ciò che concerne l’ erotismo, in tutte le sue forme. Il contesto in cui, però, avviene questa riflessione è silenzioso e statico. Ambientato in un museo durante la notte, tutto rimane avvolto nella solitudine dei propri pensieri. L’unica azione che viene compiuta è la camminata che il narratore compie davanti alle tele esposte, oltre ai fittizi movimenti che il narratore immagina che Abdellah stia compiendo per la città.

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Nulla accade se non un’estenuante e affascinante presentazione sul confronto tra due colossali culture e religioni, uno scontro che persiste da secoli e sembra quasi inestinguibile. Una struttura narrativa tipicamente francese che però non annoia mai. Da questi continui paragoni si possono trarre incessanti spunti di riflessione. Non c’è una ragione o un torto, non c è uno schieramento giusto o sbagliato, ma soltanto due punti di vista differenti. Anche Abdellah, alla fine, non sembra riuscire a prendere una decisione effettiva, confuso e scioccato dall’uso – per lui – indecente del corpo da parte degli occidentali.

Ogni giorno porta con sé una certezza diversa […] L’ erotismo è la religione più antica, il mio corpo è la mia unica moschea e l’ arte è la sola eternità di cui posso avere certezza.

«Il pittore che divora le donne»: il sesso come una battuta di caccia

«L’amore non è un bottino, è uno sforzo. L’ erotismo non è una colpa (almeno da un po’ di tempo), è un trionfo». Così scrive Daoud, mentre osserva diverse opere di Picasso raffiguranti una delle sue muse, Marie-Thérèse Walter, denominata come «la donna dai mille corpi».

È dalla visione di questa donna che tutto comincia, dalle sue nudità ritratte dal pittore, dalle posizioni in cui viene dipinta e dall’immagine che lo spettatore associa alla sua figura. Il narratore definisce la musa di Picasso una perfetta huri, ovvero le donne eternamente vergini e perfette che accoglieranno, nel Giorno del Giudizio, in Paradiso l’uomo che ha vissuto in modo retto e secondo le regole predisposte dal Corano.

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Dalla sua figura, presa a modello per una sessualità libera come quella che si è sviluppata in Occidente, si scatenano le riflessioni del narratore. Ci si ritrova a mettere a confronto la cultura Occidentale, precedentemente nutrita dalla morale cristiana cattolica e ad oggi devota ai dogmi della libertà sessuale, alla cultura Orientale, ancora oggi ferma e ligia ai dettami imposti dal credo e dalle leggi della religione musulmana.

L’ autore – e di conseguenza il narratore – si pone in una posizione neutrale, portando in sé entrambi punti di vista. Nato in un mondo consolidato sui dettami orientali, ma ora parte della società occidentale, vede dall’esterno le ragioni e gli errori di entrambe le culture. Al contrario, il vero pensiero estremista è posto in essere dal personaggio fittizio che il narratore ci presenta, Abdellah. Ancora indeciso, sebbene convinto della sua missione morale, Abdellah non riesce né ad accettare lo scempio che lo circonda né a morire suicida.

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Greta Mezzalira

Classe 1995, laureata in Filologia Moderna. Innamorata del teatro fin dalla prima visione di "Sogno di una notte di mezza estate" durante una gita scolastica. Amante di musical e di letteratura.

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