Una folkloristica epopea russa

«L'immortale» di Catherynne M. Valente

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«L'immortale» di Catherynne M. Valente

L’estate, per Fazi Editore, ha portato nelle librerie un’opera dai tratti curiosi e singolari. Dalla penna di Catherynne M. Valente, autrice americana che spazia dal fantasy alla letteratura per ragazzi, arriva L’immortale. L’autrice ha composto il romanzo grazie – come ricorda nei ringraziamenti a fine libro – all’aiuto della famiglia del suo compagno e alle donne del museo dell’Assedio di Leningrado a San Pietroburgo. Il tutto, impacchettato dalle poesie che accompagnano il lettore durante il racconto, riprese dalle opere di Anna Achmàtova, definita protettrice di Leningrado.

«L’immortale»: la trama

Deathless, nome originale del romanzo, nasce dal folklore russo e dalle storie collettive di un popolo affascinante e creativo. L’opera è una rivisitazione letteraria della leggenda del racconto mitologico intitolato “La morte di Koschei L’immortale”, riportato alla luce da Andrew Lang nella sua raccolta The Red Fairy Book. Nella versione originale, Koschei era un essere immortale che amava rapire giovani donne tramite l’uso della sua magia.

In questo romanzo, Valente dona nuova vita al racconto folkloristico, ponendo l’accento su Marja Morevna, una delle ragazze rapite della leggenda originale. Koščej diventa un co-protagonista della storia, lasciando alla ragazza umana la gloria delle imprese eroiche raccontate nel libro. Marja viene, come nell’originale, rapita da Koščej, in questa veste rinominato Zar della Vita, da sempre in contrasto con il fratello, lo Zar della Morte.

Ma non sei una di noi […]. Tu trasporti la morte in ogni cellula. Ogni minuscolo granello nel tuo corpo sta morendo, più veloce di un gioco di prestigio. Muori continuamente, ogni secondo.

Marja viene, quindi, portata nella città incantata di Koščej, che appare immersa in un mondo lontano da quello reale, invaso dalla morte e dalla continua ribellione che impervia in Russia durante il secolo breve. Viene accompagnata da diverse figure mitologiche e folkloristiche dei racconti slavi, che appaiono come suoi amici e compagni in questa vita continuamente in guerra. Lei non è solo l’ennesima ragazza rapita dallo Zar della Vita, ma una predestinata. Non è una semplice Elena, come le ragazze precedenti, ma una Marja, qualcosa di nuovo e diverso.

Tra la magia e la realtà

Tutto il racconto oscilla tra questo mondo magico e immerso nella fantasia e il mondo reale, afflitto dalla guerra civile e dalla fame. Il contesto storico presente nel romanzo è estremamente realistico e colpisce il lettore con grande forza, dandoci la sensazione di quel dolore e di quella morte che dilaniava le vie di quella che era San Pietroburgo, che è diventata Leningrado e ora diverrà Stalingrado. Le vie cambiano sempre nome, le persone diventano sempre più magre, le case bruciano. Nella seconda parte del romanzo, Marja torna nella sua città natale e tutto racconta quel periodo di carestia e fame che distrusse il popolo russo. L’autrice sceglie anche di accompagnare questi momenti con citazione della poetessa Achmàtova che visse sulla sua pelle quel momento disastrato della storia russa.

E questo dolore, nell’opera dovuto all’avanzare dello Zar della Morte, vive in contrasto con il luogo in cui Marja vive durante la prima parte del romanzo, nella completa immaginazione di un mondo fantastico. Le uniche preoccupazioni di Marja sono quelle di ambientarsi in questa corte strana e per lei aliena, superare le prove che queste divinità serbano per lei, così da ottenere l’amore dello Zar della Vita.

Eppure, man mano che la storia va avanti, il mondo reale non può che conquistare quello fantastico e la morte e il dolore s’inseriscono anche nella magia che tanto la proteggeva.

Pensi che io abbia attraversato il mondo dei vivi e dei morti per essere un’amante del Partito? Sono io la tua lealtà, sono io il tuo kommissar.
E lui le cedeva, sempre.

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Il lirismo del racconto

Il grande punto di forza di questo romanzo è lo stile adottato dall’autrice, che esalta le scelte narrative invece più deboli. La storia è raccontata con una grande forza visiva che pone il lettore ad immaginarsi facilmente ogni scena e ogni angolo del mondo che Valente costruisce e descrive. Ci appare un racconto simile a quello di Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, dove realtà e finzione si mescolano in modo così omogeneo che non si riesce più a definire un limite, ma si crede a tutto e a niente nello stesso momento.

I čerti – cioè noi, demoni e diavoli, piccoli e grandi – sono compulsivi. Ossessivi. È la nostra natura. Giriamo su un binario, in tondo. Marciamo al passo. Recitiamo le stesse storie, ancora e ancora […]. È così che diventi immortale, volčita.

L’uso del folklore è essenziale in un’opera come questa, che riporta alla luce diversi protagonisti dei racconti popolari, come ad esempio la figura di Baba Jaga. L’inserimento di questa mitologia è dovuta visto il tema del romanzo, ma è purtroppo lascia sottointesa. Chi non conosce i racconti slavi deve continuamente cercare informazioni, rischiando di perdere il filo della storia. Sarebbe servito un semplice glossario a inizio o fine del romanzo per semplificare la lettura ad un lettore che per la prima volta si avvicina a questo genere di storia.

La critica

Possiamo vedere anche in quarta di copertina, come quest’opera sia stata paragonata a Jonathan Strange e il signor Norrell. Per quanto entrambe siano un esempio di epopee nazionali, russa e inglese, ci sono due importanti differenze da sottolineare.

Per prima cosa, Jonathan Strange è un romanzo colossale, che appare quasi uno studio di ricerca approfondito, dove tutto è spiegato tramite note lunghe e dettagliate su ogni argomento minore. Al contrario, L’immortale lascia spesso molte questioni di sottotrama a livello superficiale, lasciando che sia la cultura del lettore a colmare le lacune. Spiegare tutto – come è stato detto per Jonathan Strange – non è la situazione, ma omettere può portare il lettore a comprendere poco tutto ciò che invece potrebbe donare una determinata scena o scelta di un personaggio.

In secondo luogo, i due romanzi hanno un pubblico differente. Per quanto entrambi parlino di magia, Jonathan Strange porta con sè argomenti più adulti ma solo a tratti crudi. Al contrario, L’immortale ci dona scene forti, cruenti, che sconvolgono il lettore, ma la trama principale di Marja e lo Zar della Vita appare più simile ad un triangolo amoroso, in cui la divinità sembra sottomessa al personaggio umano.

Mi hanno deto di dimenticarvi, di essere egoista, di essere crudele, di essere un demone. Ma io vi sogno, e nei miei sogni portate l’acqua per Baba Jaga, e avete un uccello di fuoco appollaiato in una gabbia dorata, e Koščej vi ama tanto quanto ama me.

In sintesi, L’immortale (acquista) è un’opera che affascina e conquista, che riesce magistralmente a trasportare il lettore tra la realtà e la fantasia. Porta con sé, però, anche alcuni difetti che riusciamo a perdonare grazie al lirismo con cui la storia viene raccontata.

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Greta Mezzalira

Classe 1995, laureata in Filologia Moderna. Innamorata del teatro fin dalla prima visione di "Sogno di una notte di mezza estate" durante una gita scolastica. Amante di musical e di letteratura.

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