Kurt Vonnegut è stato un importante e controverso scrittore americano, le cui opere hanno un carattere chiaro e riconoscibile: quello di critica ad una società de-umanizzante, alienante, fatta di uomini-macchine, schiavi della tecnologia e guidati da impulsi irrazionali.
Vonnegut, così come la maggior parte degli storici dell’epoca post guerre mondiali, ha una visione estremamente pessimistica della società, specialmente di quella americana che ha vissuto in prima persona. Proprio come Marx, lo scrittore è convinto che il desiderio folle e cieco degli esseri umani di espandersi e di stabilire colonie ovunque, unito al disastro del capitalismo, hanno fatto sì che la società andasse incontro ad un inesorabile declino, innanzitutto culturale.
Kurt Vonnegut e la società moderna
Quella di Vonnegut è una società governata dalla tecnologia, della quale l’uomo diventa schiavo, arrivando a configurarsi come una macchina, un automa che è programmato in un certo modo per svolgere attività precise. Senza possibilità di ribellarsi, ovviamente.
La critica più aspra di Vonnegut, dunque, va ad una società che non si cura degli individui, li lascia in balìa di se stessi, a compiere azioni fuori dal normale ma che, paradossalmente, diventano normali, perché nessuno sta lì a curarsi di loro. Si tratta di una società in cui gli uomini, inevitabilmente, svilupperanno delle psicosi. Psicosi delle quali nessuno si curerà, adottando l’indifferenza come arma e cura contro ogni male. Il declino, allora, non è solo culturale, ma anche interiore: gli uomini de-umanizzati si sentiranno svuotati, involucri di carne ed ossa privi di contenuto, privi di anima.
Vonnegut’s Criticisms of Modern Society
Sono queste le tematiche che emergono con forza e prepotenza in tutti gli scritti di Vonnegut, dai racconti brevi ai veri e propri romanzi. Nel saggio di Candace Anne Strawn, dal titolo Vonnegut’s Criticisms of Modern Society, si fa un’attenta disamina degli elementi principali delle opere di Vonnegut che, inevitabilmente, rispecchiano al cento per cento la sua mentalità e il suo pessimismo cosmico e irreversibile.
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Innanzitutto, Vonnegut parla del declino umano, soprattutto in termini di mancanza di fiducia verso se stessi e verso un mondo caotico, un mondo di «desideri irrealizzati, speranze vaghe, ansie logoranti e realtà cupe» (C. A. Strawn, p. 19).
L’autrice del saggio, inoltre, individua tre temi principali che pervadono le opere di Vonnegut: il primo è l’irrazionalità del comportamento umano. Questo è un tema fondamentale nelle opere dello scrittore, che egli utilizza soprattutto per descrivere le istituzioni americane. Vonnegut sostiene, in linea con altri grandi storici e scrittori come Oswald Spengler e Douglas Adams, che il più grande esempio di irrazionalità umana si nota nel modo in cui i più grandi cambiamenti epocali vengono percepiti.
La conoscenza scientifica e la de-umanizzazione secondo Kurt Vonnegut
È la scienza, ancora una volta, ad essere portatrice di tali cambiamenti ed è sempre lei che si impone nella vita quotidiana degli uomini, stravolgendola e rendendoli degli esseri psicotici e irrazionali. Come afferma Strawn:
L’uomo ha un’immensa conoscenza scientifica, ma conoscenza scientifica non equivale a saggezza: la saggezza è la conoscenza mediata dal giudizio e Vonnegut è convinto che gli uomini non stiano usando il loro giudizio in maniera abbastanza prudente.
Il secondo tema è la de-umanizzazione degli individui, fenomeno che si verifica soprattutto a causa del sempre più invadente progresso scientifico e tecnologico. La Ragione diventa la nuova divinità, mentre l’uomo – in particolare gli scienziati – diventa il suo portavoce, una specie di prete. L’uomo asservito alla tecnologia, dunque. Un uomo non più umano che fa affidamento sulle macchine, diventando egli stesso una macchina.
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Secondo Vonnegut, ciò accade in particolare perché l’America sta diventando sempre più un paese che fa affidamento sulle macchine: quasi tutte le operazioni sono svolte da computer, cellulari, macchine di ogni tipo. L’uomo non sembra più essere necessario in quanto essere umano.
Il terzo tema è l’inumanità degli uomini nei confronti di altri uomini. L’autore mostra un profondo disprezzo per la stupidità e l’avidità umana che si manifestano soprattutto sotto forma di adulazione nei confronti della scienza. Si mostra anche intollerante verso le istituzioni create dagli uomini che hanno il solo scopo di assicurare un successo materiale vacuo e futile, contribuendo a de-umanizzarli ulteriormente e a renderli egoisti. Per lui, però, è la guerra il principale fattore de-umanizzante per l’uomo: porterà inevitabilmente al declino e alla morte della società e di tutti gli individui.
L’Hoover di Kurt Vonnegut
Tutti questi temi si ritrovano espressi in un miscuglio di grottesco, satirico e umoristico in tutte le sue opere, ma in particolare nel celeberrimo lavoro La colazione dei campioni (acquista). Il libro, che in apparenza sembra toccare e trattare tematiche quali la schizofrenia in modo banale e superficiale, ci porta a contatto con due personaggi, Kilgore Trout e Dwayne Hoover, che – inseriti nel contesto di una cittadina americana immaginaria ma pur sempre colpita dal tremendo progresso industriale e tecnologico – incarnano tutto ciò che Vonnegut disprezza: Hoover, fin dall’inizio, viene presentato come un uomo sull’orlo della pazzia, mentre Trout è colui che, col semplice artificio della parola che innesta delle idee, si fa artefice della pazzia di Hoover.
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Se è vero che, per Vonnegut, la caratteristica principale dell’uomo moderno è la schizofrenia, Hoover è l’uomo moderno per eccellenza: schizofrenico, soffre di ecolalia, allucinazioni e scatti d’ira. Il tutto sembra precipitare quando, dopo aver letto un lavoro di Trout dal titolo Ora si può dire, si convince di essere l’unico essere umano dotato di libero arbitrio e di essere circondato da macchine, nate tutte per un preciso scopo e incapaci di provare dolore.
Hoover emblema della società moderna
È così che Hoover arriva al punto massimo della sua pazzia: tutto intorno a sé diventa una menzogna a cui lui crede ciecamente e chi (o meglio, cosa) incolpare se non l’industrializzazione e i tremendi effetti che ha avuto sugli esseri umani?
L’elemento che, a detta di Vonnegut, è più sconcertante è che nessuno sembra accorgersi di questo grave malessere sociale: nessuno si rende conto che Hoover è pazzo, proprio perché tutti intorno a lui soffrono di un grave disturbo mentale (basti pensare alla moglie suicida e al figlio depresso).
Hoover diventa l’emblema di un’intera società annichilita, annientata, ridotta ad essere un ammasso di corpi fisici senza più un’anima e senza libero arbitrio.
Anna Illiano
Immagine in evidenza: Kurt Vonnegut. Fonte: circololettori.it
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