«Libro del sangue», genealogia del futuro

Una storia che attraverso l'araldica e la genealogia ci racconta come il futuro sia determinato dal nostro passato e dalle nostre scelte

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Libro del sangue

«In breve, ho maturato la convinzione che la genealogia dia forma al mondo. […] La genealogia mi ha fatto il regalo più grande, quello che non sapevo di desiderare: mi ha dato la possibilità di cercare». Così scrive Matteo Trevisani, editor di Tlon e autore di Libro dei fulmini e Libro del Sole, in un ebook che ha pubblicato sul proprio sito internet dal titolo Iniziazione alla genealogia. Come costruire il proprio albero genealogico.

La genealogia, la scienza che si occupa di studiare e ricercare le parentele in una data famiglia, diventa terreno di confronto con il passato e permette di plasmare il futuro nel nuovo romanzo dell’autore originario di San Benedetto del Tronto Libro del sangue, pubblicato nel settembre 2021 nella collana «Blu» di Edizioni Atlantide e che chiude una trilogia ideale iniziata nel lontano 2017 in cui la realtà si fonda con elementi esoterici e intrisi di simbolismo come l’astronomia, l’alchimia e la genealogia.

La trama di «Libro del sangue»

Libro del sangue ha per protagonista Matteo Trevisani, un doppio dell’autore che con lui condivide molte cose: è scrittore, s’interessa di genealogia, proviene da San Benedetto del Tronto e anche sua moglie e suo figlio si chiamano Melissa e Cosmo. La vicenda narrata si svolge nel settembre 2021. Il protagonista riceve una mail anonima contenente un albero genealogico diverso da quello che aveva costruito tempo fa dopo lunghe ricerche.

La cosa più inquietante è che nell’albero è segnata la sua data di morte: 21 settembre 2021. Inizialmente, Matteo pensa a uno scherzo, ma le cose si fanno più complesse. Su «La Lettura» legge un articolo che gli è stato attribuito sui mostri marini, in particolare sulla creatura arenatasi al Porto di Fermo nel 1735. La balena a cui si fa riferimento è anche il simbolo araldico della famiglia Trevisani, e della maledizione che vede tutti i membri maschi morti annegati in mare.

Al protagonista, allora, non spetta che riallacciare i rapporti con Giorgia, la figlia del suo maestro Alvise, morto anni fa, per scoprire assieme a lei il mistero attorno alla maledizione che coinvolge la sua famiglia, ma allo stesso tempo per comprendere come sia proprio il passato da cui sta fuggendo a determinare il suo presente e futuro.

«Libro del sangue»: una maledizione fra araldica e genealogia

Così come i precedenti romanzi dell’autore, anche Libro del sangue intesse un dialogo serrato fra passato, presente e futuro intriso di simbolismo ed elementi esoterici. In questo caso, Trevisani si misura con l’araldica, di cui l’autore aveva parlato in un articolo su «La Lettura» – non presente nella finzione del romanzo – e con la genealogia. L’autore crea, così, per usare le parole di Alvise, «non un tempo personale, intimo, ma il tempo di tutti».

Questa frase del vecchio genealogista rispecchia molto quello che Trevisani spiega nella già citata Iniziazione alla genealogia:

Ogni volta che troviamo il nome di qualcuno che è stato dimenticato rimettiamo a posto un pezzo di passato, diamo una struttura alla realtà. È una sensazione difficile da descrivere: l’idea – dai contorni indefiniti – che attraverso il nostro lavoro sia possibile completare ciò che è esistito. Uno dei segreti più grandi è che quella sensazione non si esaurisce con l’albero genealogico personale, ma funziona anche con quello di persone che non conosciamo.

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Come in Libro dei fulmini, a cui nel romanzo è dedicato un paragrafo verso la fine, anche qui Trevisani crea un altro da sé, un doppio letterario, immaginando che «ciò che la scrittura creava potesse avere un potere sulla realtà, su di me». La scrittura, quindi, assume un ruolo fondamentale. Sacrificando la sua vita ai fini della narrazione, l’autore crea un ponte fra la realtà e il simbolo, la vita e la morte. Trevisani plasma sia la sua che la nostra di vita, arrivando alla conclusione che siamo ciò che gli altri hanno deciso per noi, ma anche quello che scegliamo di essere.

Eredità delle generazioni

Il concetto di eredità assume fondamentale importanza nella storia raccontata da Trevisani. Questo coincide perfettamente con l’idea di destino. Se il protagonista ha cercato inconsapevolmente di sfuggire al proprio destino scrivendo di suo pugno l’albero genealogico della sua famiglia, la mail anonima lo richiama a quelle «generazioni luttuose e morti per mare» e all’accettazione che «tutto il suo passato cresce in lui senza una diga adatta a contenerlo»:

La verità è che i nomi non bastano nemmeno a descrivere la vita, figuriamoci i segreti. La causa del silenzio degli estinti sta nella mia ignoranza, perché sono schiavo di tutte le cose che loro conobbero e che io non conosco e che con imbarazzo chiamo destino, il mio destino. Eppure i loro segreti, le loro paure, i loro traumi, i cuori in punto di morte e gli occhi che si aprono per la prima volta sul mondo si trasferiscono distillati in me, e sono costretto a riproporre inconsapevole le loro manifestazioni.

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Il protagonista viene sempre richiamato al suo destino, rappresentato dalla balena, animale che rappresenta la sua famiglia. La balena si ripresenta nell’articolo su «La Lettura» che gli viene attribuito, e nel blasonario della casa di sua madre. La balena è il passato da cui non può scappare; il protagonista deve accettarlo per poter plasmare il futuro e il mondo attorno a sé.

Maledizioni che non si possono spezzare

Come spiega Alvise al protagonista, «le maledizioni non si spezzano», la salvezza sta nel sangue. Spezzare una maledizione e rinnegare il proprio sangue significa rinnegare il proprio passato e negarsi un’idea di futuro: negarsi, dunque, la possibilità della vita. Ecco, allora, che si comprende il senso della data di morte del protagonista: Matteo è destinato a soccombere se non riconosce il suo sangue.

Ero stato l’assassino delle balene, riuscivo perfino a sentire l’orgoglio e la potenza che si provano nel togliere la vita. Lo avevo fatto altre volte, senza saperlo, per tutta la vita. Stavo per farlo ancora. Ero figlio di Giuseppe, che aveva ucciso un simbolo, rendendolo più forte, e quel simbolo si era legato a me, al mio destino, e voleva vendicarsi di quello che quel mio buon padre aveva tolto. Sarebbe bastata la mia anima, per riempirne una tanto grande?

Matteo ha negato più volte le possibilità del passato rigettando l’esistenza di chi lo ha preceduto, e cercando, come i suoi antenati Giuseppe e Filippo, di recidere i ponti con il passato uccidendo la balena, ovvero rifiutando l’idea di un destino di morte – che sia per annegamento o per altre cause – che prima o poi ci attende. Alla fine risulta impossibile scappare dal passato; «non si scappa» scrive Trevisani, «dalla generazione come non si scappa dal destino, e ogni felicità sta in quell’abbandono, nelle cose che devono essere così e non altrimenti».

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Qui, allora, rientra in gioco il tema della scrittura. Come dimostrato dalle parti in corsivo che si alternano a quelle scritte in stampatello, ma anche dalla realtà parallela costruita dall’autore, la scrittura come la genealogia «mette ordine al caos». Collega, cioè, passato e presente e dà forma al futuro. Nel momento in cui Matteo Trevisani – sia l’autore che l’alter-ego autofinzionale – riscrive la propria storia e il proprio passato, pone anche fine all’oblio a cui sono condannate le generazioni passate. Così facendo, dunque, sono possibili delle nuove possibilità di vita.

«Libro del sangue»: storia di maledizioni da accettare

Dopo Libro dei fulmini e Libro del Sole, Matteo Trevisani conferma con Libro del sangue (acquista) una bravura senza pari nel confrontarsi con temi tradizionali come la memoria e l’eredità del passato attingendo a elementi magici e simbolici e concludendo una trilogia che, essendo suddivisa in libri, si potrebbe azzardare essere il capitolo conclusivo del “Testamento” della generazione di coloro che non vogliono accogliere il proprio passato con i suoi errori e dolori, ma la cui accettazione è necessaria per darsi una possibilità di futuro e di vita.

Io sarò un padre morto. Sarò materiale psichico, qualcosa con cui fare i conti o da rifiutare, eppure qualcosa di mio continuerà a vivere nel sangue, nell’eredità delle generazioni future, come quelle passate ora combattono senza sosta dentro di me.

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Alberto Paolo Palumbo

Insegnante di lingua inglese nella scuola elementare e media. A volte pure articolista: scuola permettendo.

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