In Mi limitavo ad amare te, edito da Feltrinelli, Rosella Postorino racconta il conflitto che ha squarciato i Balcani negli anni ’90. Il romanzo, tra i dodici candidati al Premio Strega 2023, è stato presentato da Nicola Lagioia con la seguente motivazione:
Nel suo romanzo, Postorino pratica con grande sensibilità e forza narrativa una lezione letteraria sempre valida: i veri testimoni del tempo sono le sue vittime, chi porta addosso le cicatrici della Storia ne è il testimone più attendibile. Ma i testimoni di questo tipo quasi sempre non hanno voce, e così la letteratura svolge un fondamentale ruolo vicario: raccontare per chi non può farlo.
La guerra degli orfani
Le finestre tremarono, i colombi si scagliarono in volo, la girandola girò e cadde dal vaso, ma il bambino non se ne accorse: una raffica d’aria lo strappò dall’abbraccio scaraventandolo via.
Cadono le bombe sopra Sarajevo. È il 1992 e una granata ha appena separato Omar da sua madre. Era l’ora in cui poteva smettere di essere un orfano, l’ora in cui ogni tanto nel weekend riceveva la visita della donna che l’aveva messo al mondo dieci anni prima e poi lasciato in orfanotrofio cinque anni dopo, con il fratello Senadin. Dopo lo scoppio, il fischio nelle orecchie, i singhiozzi e i calcinacci, Omar sente sua madre gridargli di correre. Quell’urlo lo perseguiterà per anni, sarà la ninna nanna della buonanotte e il canto del buongiorno.
Leggi anche:
Chi sono i dodici semifinalisti del Premio Strega 2023?
Mi limitavo ad amare te è la storia di Omar, Senadin, ma anche di Nada e di suo fratello Ivo, di Danilo e Jagoda. È la storia dei bambini della guerra, di tutte le guerre. Dell’infanzia che viene lasciata a terra per imparare che per sopravvivere ai cecchini bisogna camminare veloci e rasenti ai muri. «Ma cosa sono quattordici anni, papà? Non sono nulla. Di sicuro non sono abbastanza» avrebbe voluto dire Danilo al padre, quando con le mani sulle spalle gli insegnò a mettersi in salvo, lasciando la Bosnia da solo, salendo sul pullman che portò i bambini dell’orfanotrofio di Bjelave in Italia. Un viaggio lungo, che spaventa i piccoli bosniaci. Lontani dalla guerra, sì, ma anche dall’unico posto che sapevano chiamare casa. Mi limitavo ad amare te è un romanzo di formazione corale, dove si segue la crescita dei bambini bosniaci attraverso il tempo e lo spazio, ma è anche un romanzo di distruzione, quella di un paese e di chi lo abitava.
L’Italia
Atterrano avvolti dagli applausi, ma Danilo non capisce: cosa avevano fatto di tanto straordinario? «Non serviva alcun talento ad essere rifugiato, alcun impegno. Bastava la sfortuna di abitare in un paese in guerra, e la sfortuna non era uno spettacolo da acclamare».
Rosella Postorino racconta la storia delle amicizie indissolubili che si creano tra bambini che non hanno nulla, se non la consapevolezza che al loro fianco c’è un’altra persona che – esattamente come loro – avverte la stessa identica paura. Per questo, i bambini si prendono per mano. Come Omar, a cui non interessa se una granata ha portato via un dito a Nada, le stringe la mano e il loro legame li avrebbe accompagnati anche quando sarebbero stati divisi.
Leggi anche:
Il dolore si trasmette di generazione in generazione
La prima notte al San Lorenzo, dalle suore, Omar dorme sotto il letto, per terra «come i randagi di Bjelave». Un po’ alla volta si abitua alle regole, più facilmente di Nada, impertinente e costantemente in castigo, per un motivo o per l’altro. «A volte penso che una mammo morta è meglio di una mamma viva che non ti vuole» scriveva in bosniaco in una lettera per Danilo. Nada resterà dalle suore fin oltre la maggior età, mentre Omar e suo fratello Sen sarebbero stati presi in affido da una famiglia che il bambino non avrebbe mai sentito sua. Continuava a pensare a sua madre, alla granata, aggrappato al desiderio che fosse ancora viva. La sua inquietudine, il suo sentirsi fuori posto, mai a casa, l’avrebbe portato su altre strade, dentro e fuori dal carcere. Le amicizie, le promesse fatte da bambini, però, non sarebbero mai venute meno. «Ti aiuterò a cercare tua mamma» dice Danilo a Omar, da ragazzini. Anni dopo, gliel’avrebbe portata.
«Sarajevo ljubavi moja»
Cantano, i bambini di Bjelave, sul pullman che li porta lontani dalla guerra. Cantano Sarajevo ljubavi moja, Sarajevo amore mio. Con la propria terra negli occhi e nel cuore, Omar, Senadin, Nada, Danilo e gli altri lasciano casa mentre qualcun altro, invece, a Sarajevo resta. In Mi limitavo ad amare te (acquista) Rosella Postorino intermezza i capitoli con i frammenti del diario di guerra di Azra, la madre di Danilo, che anni dopo la conclusione del conflitto si sarebbe suicidata.
«L’estate splendeva sulle miniere d’argento, e Srebrenica cessava di respirare», scriveva mentre il sangue scorreva nelle vie e le case tremavano sotto le granate.
C’è una spaccatura, tra chi fugge e chi resta. Frattura che viene raccontata bene anche da Alessandra Carati in E poi saremo salvi: «Saremmo rimasti al di qua del confine con il nostro destino di spettatori della catastrofe. L’orrore immaginato avrebbe scavato una trincea intorno a ciascuno di noi». Due libri, bambini e storie diverse, lo stesso sentimento di fondo. Lo stesso sradicamento di chi parte, lasciando una Bosnia che non sarebbe mai più tornata quella di prima.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!