Da questo marzo, è approdato nelle librerie la raccolta di racconti di Gwen E. Kirby, Lo schifo che ha visto Cassandra. Con quest’opera, Kirby sancisce il suo esordio letterario dopo aver pubblicato diverse short stories su riviste come Guernica, Ninth Letter e Tin House. In questa raccolta sono presenti sia racconti già pubblicati che opere inedite. In entrambi i casi troviamo sempre la cifra stilistica dell’autrice, che cerca di ricalcare il tema del femminismo con una carica ironica e potente, che attira soprattutto un pubblico giovane.
Ma cosa rende Lo schifo che ha visto Cassandra un libro degno di nota e – soprattutto – della nostra lettura?
«Lo schifo che ha visto Cassandra»: la struttura
Questa raccolta non ha una trama che segue ogni racconto, così da unirli tutti insieme, ma piuttosto un tema – o un fil rouge – che tenta di connettere diverse storie con diversi generi e toni. Kirby cerca, infatti, di proporre delle narrazioni molto diverse fra di loro, con delle specificità che rendono ogni short story un mondo a sè stante. Alcune volte possono esserci vaghi riferimenti tra qualche storia – ad un occhio attento o volenteroso di trovare collegamenti – ma per la maggior parte delle volte, i racconti sono per lo più indipendenti e traggono forza soltanto dal proprio slice of life che viene in esso raccontato.
Richard era paziente, e lei si stupì di essere nervosa. Quando si baciarono capì che non sarebbe mai diventato bravissimo, ma aveva labbra delicate e la tenne stretta a sé, e lei non voleva altro. Quando entrarono in camera, gli posò una mano sul petto.
«Mi chiamo Megan», disse, e desiderò che fosse la confessione di un’identità segreta anziché una sindrome da cui non sarebbe mai guarita.
I racconti, in fatti, sembrano mostrare particolari stralci di vita, per lo più insignificanti all’occhio esterno. Non mancano certo dei particolari interessanti, come le donne mutanti o il fantasma di George Whitefield che giudica una ragazza mentre tradisce il marito. Il punto centrale sta, però, nella quotidianità dei protagonisti. Quello che risalta all’occhio del lettore non è la stranezza delle storie o la loro unicità, ma il tono in cui l’autrice descrive la vita di tutti i giorni.
L’ironia graffiante
Il tema è fondato sull’empowerment femminile. Quasi tutte le storie hanno come protagonista una figura femminile e le poche che concernano uno sguardo maschile sono ridotte a piccoli gesti di sottomissione o subordinazione rispetto alla controparte femminile.
Non si parla solo di presente, perchè la lotta femminista attraversa i secoli: c’è Budicca – potente regina della Britannia, dal 61 dC – e Mary Read – piratessa, dal 1720 – per citarne alcune. I contesti in cui le protagoniste vivono aggiungono potenza e colore alle loro introspezioni sul tema, permettendo una visione d’insieme non solo contemporanea ma vissuta e combattuta nel tempo.
Abbraccio mia nonna mentre mi accarezza la testa, promette a mia madre i soldi che spettano a un figlio maschio e ci chiede di non tornare mai più. La ringrazio per la lezione che ho capito perfettamente: se il mondo dà del denaro a un bambino morto anziché a una bambina viva, sarò una figlia dentro un figlio, sorella dentro un fratello, uomo il mio fodero, donna la mia lama.
Lo stile di Kirby non ha paura di esprimersi, infatti, attraverso le voci delle sue protagoniste. Cerca, sì, di dimostrarsi forte ed esplosivo, ma resta anche crudo e veritiero. Sebbene alcune storie restino sopra le righe, come il virus che permette alle donne di mutare e prendere aspetti animali che le aiutano a difendersi – altre sono estremamente vivide e vere. L’adolescenza, oltretutto, è parte integrante di alcuni di questi racconti come prima esperienza di distacco e oppressione derivata dal genere.
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Lo slancio iniziale
I racconti di Kirby sono interessanti e ben studiati, ma purtroppo questo esordio ha un ottimo racconto iniziale. Potrebbe sembrare un punto a suo favore, ma nasconde un’insidia non indifferente. Lo schifo che ha visto Cassandra è il nome del primo racconto e la sua potenza narrativa ed ironica è esplosiva, alzando l’asticella talmente in alto che, purtroppo, i racconti successivi non riescono a stare al passo.
Alcune storie, soprattutto quelle ambientate nel passato così come il primo, mantengono questa forza, ma il resto non riesce a mantenere il livello imposto dal primo racconto. Le visioni di Cassandra sono congeniali allo stile di Kirby, ipnotizzano il lettore e lo affascinano… abbandonandolo troppo in fretta.
Una vergine uguale a una donna sedotta uguale a una donna violata uguale a una donna consenziente, tutte le donne aprono la bocca per vederne uscire serpenti che si allontanano strisciando. […] Le donne di Troia potrebbero ascoltarla. Sanno che la maledizione di Cassandra è anche la loro.
Lo schifo che ha visto Cassandra (acquista) è un titolo forte, interessante e sicuramente merita il tempo della nostra lettura, ma purtroppo roba il cuore solo il racconto finale, lasciando poco affetto da donare a tutti i restanti. Sarebbe stato più interessante espandere la storia di Cassandra, renderci partecipe non solo dello slice of life del momento della caduta della città, ma tutto ciò che viene prima e dopo.
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