Quasimodo nel suo Poesia contemporanea scrive: «il poeta non rinnega mai la vita anche se attraverso la disperazione riconosce l’aridità, una dispersione del cuore degli uomini, e li vede metà d’oro e metà di sangue che cola nel loro continuo dialogo con la morte». Ne Il coraggio necessario (Lamantica Edizioni, 2019) Luca Lanfredi risponde a questa definizione.
Sempre per citare Quasimodo, la nascita del poeta è «un atto di “disordine”» in quanto comporta un nuovo modo di pensare. Si vengono a definire nuovi scenari stilistici e di pensiero. La poetica di Lanfredi è dunque un continuo interrogarsi. Chiedersi il senso dei rapporti umani, del dualismo uomo-poeta e soprattutto dell’esistere. «L’ombra del giorno è un ventre che si allunga»: l’inesorabile avanzare del giorno e con esso l’affiorare delle domande. Ogni ora concepita sia come continua scoperta sia come motivo di turbamento.
Il senso del tempo
Nella silloge emerge un senso del tempo precipuo della poetica dell’autore. Come precisa Mauro Germani nella prefazione al volume: «c’è spesso un prima e un dopo nei versi di Lanfredi: qualcosa che è accaduto per sempre e che segna una sorta di confine più o meno sottile o marcato tra ciò che è lontano ed ormai sembra indicibile». Questa sensazione emerge chiaramente in Il difficile degli occhi:
«Si è di questo tempo
e si è qui per dire.»
Non ho un ricordo attento dei miei passi,
ma intanto ci si domandava:
«Che ne sai, tu, della paura?
In un giorno che muove troppo in fretta.»
«Una poesia sommessa»
Dopo aver pubblicato la breve silloge A mezza luce (Clepsydra Edizioni, 2009), Lanfredi si afferma nel panorama poetico grazie a Il tempo che si forma (L’Arcolaio, 2015). La raccolta gli vale diverse menzioni, fra cui la finale del Premio Internazionale di Letteratura Città di Como. Nel 2019 è la volta, appunto, de Il coraggio necessario.
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Germani precisa come il poeta «ci consegn[i] una poesia sommessa, incrinata dal vuoto, e al tempo stesso segnata dall’esistenza, dove la parola appare senza enfasi alcuna, tra luce ed ombra, in momenti appena accennati». I componimenti di Lanfredi sono spiragli: è come se il poeta sussurrasse al lettore le proprie impressioni dalle grate di un confessionale. Le poesie vengono così «rilanciate come accuse, / oppure come una massima preghiera». Ed è proprio in questi momenti che si delinea la voce tanto flebile quanto distinta dell’autore:
Piove, quando si esce
ed è il buio che dischiude gli occhi.
Uno smuoversi di quiete.
Un essersene andati nell’estate
senza nessun saluto,
e non tornare.
La fame è ancora, vedi? –
la domanda è ancora.
Dentro la voce del poeta
Diviso in quattro sezioni, Il coraggio necessario è un viaggio tanto intimo da risultare universale. Si ha la perenne sensazione che il poeta aleggi sulle strade che l’hanno visto passante, «che ora qui la vita, adesso, è vita d’altra cosa». La quiete formale viene sconvolta da una vena poetica in continuo tumulto.
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Lanfredi dialoga con il paesaggio non a parole ma per il tramite delle proprie impressioni. Razionalizza il pensiero per poi analizzarlo in ogni sua minima parte. Solo con lo studio attento e calibrato, Lanfredi riesce nell’ardua impresa di innalzare le proprie suggestioni a qualcosa di superiore. La desolazione sembra, a volte, prendere il sopravvento, mischiandosi con le imperiture architetture cittadine:
La fontana della piazza è muta.
Un non-gesto di delicatezza: un non
voler ferire la pietra più di quanto
non lo siano già queste mani d’albero,
di terra e di respiro.
Un corrispettivo pittorico potrebbe essere il de Chirico metafisico, ma questo sentimento viene perfettamente immortalato anche in un componimento di Sylvia Plath:
Vuota, io echeggio ogni minimo passo,
museo senza statue, grandioso di pilastri, portici, rotonde.
Nel mio cortile una fontana zampilla e affonda giù dentro se stessa,
cuore di monaca e cieca al mondo. Gigli di marmo
esalano il loro pallore come profumo.
Nonostante la ricchezza di dettagli, impera il silenzio. L’ampio ed elegante vocabolario dell’autore è al servizio di una profonda introspezione. Il dialogo esiste, ma è innanzitutto un confronto con sé – anche se esternato. Un parallelismo – per citare Pier Vincenzo Mengaldo – si potrebbe trovare con «i silenzi čechoviani [che] fanno parte di un teatro non di dialoghi ma di monologhi truccati da dialoghi, che si sfiorano senza incontrarsi». Lo stesso Lanfredi ne La bellezza necessaria riprende direttamente questi concetti:
Così il gioco, ora:
il percorrere attento le stanze,
le memorie, le estati.
E la pioggia,
che fuori trascolora.
Il senso di inadeguatezza: «prima del tempo»
La poesia di Lanfredi è caratterizzata da componimenti brevi, i cui versi irregolari si strutturano in poche strofe. Il poeta ha un occhio interiore rivolto non solo verso i propri ricordi, ma anche indirizzato “prima del tempo” – come suggerisce, d’altronde, anche il titolo della prima sezione («Sono belle, le tue fotografie / Ritraggono gli scambi rarefatti tra le pelli / e i pigli colorati dei fanali.»). L’autore si dissocia e staccatosi dalla corporeità rivaluta, considera. Il senso di inadeguatezza dell’artista viene plasmato da una spiccata introspezione:
Eppure io adesso potrei avere gli strumenti
per vivere di più: l’accesso alle pareti,
la stima tua e sua e di tutti,
il tempo
per non trovare d’essere
di troppo.
«Non ho mai detto di me»
Il ricordo gradualmente sfuma («non ho un ricordo attento dei miei passi») fino alla dissoluzione. Il poeta rifugge ogni connotazione patetica; dipana il suo canto immergendolo e avvolgendolo dentro e intorno a sé. Tanto che nel quarto componimento della sezione La città vecchia Lanfredi giunge addirittura ad affermare: «Non ho mai detto di me: ho solo scritto».
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In un’ambientazione gotica tanto consunta quanto grandiosa l’autore s’aggira. La decadenza emerge, come se Lanfredi intessesse una confessione con una Bruges personale, privata. Con queste impressioni – anche se in apparente contrasto – ritornano alla mente alcuni versi di Tersa morte (acquista) di Mario Benedetti:
Ma io nella mia vita non ho scritto nessuna poesia,
io nella mia vita non ho letto nessuna poesia.
E questa nessuna l’ha scritta, nessuno l’ha letta.
L’altro e l’assenza
Gradualmente nella raccolta affiora la figura dell’altro. L’autore ha l’eterna tentazione di dedicarsi alla propria solitudine, mirando verso una quasi ascetica missione di comprensione. Eppure il mondo affiora e la propria opera «parla dei morti» ma anche «di quelli che non lo sono / più». Lanfredi sembra rispondere alla domanda di Louise Glück contenuta in Notte fedele e virtuosa (acquista): «Cambiamenti della superficie, non è poi questo / tutto ciò che mai vediamo?»
Per Lanfredi bisogna vivere con la consapevolezza della mancanza. Forse è qui che si nasconde il senso audace e suggestivo del suo titolo:
Che il giorno è stato fatto. Che si abbia
il coraggio necessario per vivere o morire
in quest’assenza.
Immagine in copertina: «Il coraggio necessario» di Luca Lanfredi. Foto di © Alessandro Rossini per www.lamantica.it
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