Alcune amicizie nascono sotto pelle, spinte da un bene istintivo che supera il legame in sé e la memoria. Non contano gli anni, non conta la lontananza, è impossibile restare sordi al richiamo. È per questo che Giorgio, giornalista milanese, quando riceve su Facebook una richiesta d’amicizia rimane interdetto ma non indifferente. Si tratta di Febo, l’amico inseparabile degli anni universitari, morto di overdose quasi trent’anni prima in circostanze non del tutto chiare. D’un tratto…
L’opzione assurda: che lui non sia morto davvero, ma solo a prenderla in considerazione si presenta già come una solenne idiozia, alle frontiere dell’impossibile.
Nel tentativo di smascherare l’impostore, Giorgio pone domande di cui solo il vero Febo ha memoria delle risposte, ma di chiunque si tratti è ben informato. Chi è? Chi vuole fargli credere che l’amico non è morto? O forse, per assurdo che sia, Febo non è mai morto? Da questo mistero inizia il romanzo Lunedì mi innamoro di Enrico Fovanna (Giunti Editore, 2023), inizia il viaggio indietro nel tempo fino a «quei fosforescenti anni ’80.»
In un attimo il passato ti risucchia e inizi a ripercorrere con la mente l’incontro e l’amicizia con quel fratello scomparso nel fiume degli anni. E a ricordare che avresti voluto dirgli molte cose, prima che sparisse dall’orizzonte.
«Lunedì mi innamoro», un lungo flashback
Il protagonista Giorgio è nato e cresciuto a Cravegna, un paesino tra Domodossola e la Val Formazza, con la nonna, da quando è rimasto orfano dei genitori. Sognava di fare Lettere, di diventare giornalista, ma nella scelta del corso universitario si lascia guidare dalla promessa segreta di trovare subito un lavoro concreto e si iscrive alla facoltà di Economia e commercio. Fuori e dentro la camera 27 il tempo è scandito da esami, lezioni e feste universitarie. Tra i corridoi del collegio Fraccaro, a Pavia, risuonano i Pink Floyd, i Talking Heads, gli U2, Pino Daniele, i Police e… si fa strada l’eroina.
Giorgio è un tipo solitario, introverso, figlio delle montagne a cui è fedelmente legato ma da cui desidera fuggire. La sua valvola di sfogo: il poker. Al contrario, Febo è orfano di genitori assenti. Legge i libri giusti, ascolta la musica giusta. È un ragazzo brillante e tormentato, di quelli che potrebbe far innamorare una ragazza diversa ogni sera. «Solo che io non mi innamoro mica ogni lunedì» dirà Febo.
Il lettore s’immerge in un lungo flashback – intervallato dal presente, il 2010 – necessario per comprendere gli albori di un’amicizia tra due ragazzi così diversi da scoprirsi identici nelle speranze, nel desiderio di rivalsa, nel sentirsi più forti di qualsiasi dipendenza.
«Mi faccio una volta alla settimana, Toro, da un sacco di tempo. Di cos’hai paura?»
Tacqui e lui riprese.
«Non sono un tossico, solo uno che assaggia. Di drogati ne ho visti un casino, tutti uguali. Larve. Io faccio sport, sto attento a come mangio. Mi regolo.»
Con una scrittura agile e accattivante, Enrico Fovanna (giornalista de Il Giorno) trae spunto da un giallo per raccontare qualcosa di più: la maturità tra consapevolezze e ambizioni, gli amori mai dimenticati, le radici di una storia che farà sempre parte di noi, le amicizie che non chiedono altro che un posto sicuro a cui fare ritorno, la tremenda libertà di chi fa il primo salto nel vuoto e di chi si perde nell’eroina.
Più mi trovavo immerso nelle ricerche, più una domanda mi assillava: come poteva essere esploso in quella stagione – e in modo così improvviso – il fenomeno che aveva ucciso il mio amico e devastato intere generazioni? Io e i miei colleghi ne eravamo sempre più certi: l’eroina non poteva essere stata solo un fenomeno sociale, men che meno casuale. Cosa c’era dietro? Chi e perché aveva avuto interesse a promuoverlo?
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La memoria, contro ogni logica
L’autore segue il personaggio e ogni suo passo diventa un modo per descrivere la realtà circostanza, ogni sua decisione diventa un elemento che aiuta a comprendere il carattere timido e temerario, ogni suo silenzio diventa un delicato modo di ascoltare i fantasmi di un ricordo intimo e felice.
Per Giunti ha già pubblicato il romanzo d’esordio Il pesce elettrico (Premio Stresa 1996, Premio primo romanzo al Salone del Libro di Torino 1997) e L’arte sconosciuta del volo. Ha pubblicato anche per E/L e Utet e realizzato reportage da Paesi in guerra all’estero, tra cui Iraq e Afghanistan.
Lunedì mi innamoro (acquista) è un romanzo costruito su una doppia linea narrativa, che si lascia seguire in un passato dove il mondo è ancora una possibilità da scegliere, tra una gita in Vespa e un’indagine in corso di un passato mai dimenticato.
«Chi amavo, spariva» dirà Giorgio, eppure qualcosa è rimasto di quella storia di fratellanza, di quel tempo che passa e non lascia mai indietro nulla. La memoria e i fantasmi che, contro ogni logica, tornano a bussare più forte di prima.
Un libro dedicato a chi non ha paura di perdersi tra le versioni di un sé passato, di scavare in un mistero e ritrovarsi di fronte a un dolore non ancora sopito. Consigliato a chi ha imparato a rendere il silenzio il custode dei ricordi più preziosi.
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