Per la prima volta in Italia WoM Edizioni presenta Macario, uno dei racconti più suggestivi e coraggiosi di B. Traven. Pubblicato originariamente nel 1953 sulla rivista Fantastic come Macario o Il terzo convitato, il testo viene poi ribattezzato semplicemente Macario. Complice senz’altro l’omonimo film con la regia di Roberto Gavaldón che vanta il primato d’essere stata la prima pellicola messicana ad essere candidata come miglior film straniero agli Academy Award.
Il libro è il primo volume della collana i Mostri. La copertina si contraddistingue per i colori accesi a ricordare – come commentano gli stessi editori – «una parata del Día de Muertos». Inoltre, come immagine risalta Le Roustisseur tratto da Les Songes drolatiques de Pantagruel di François Rebelais – volume di recente uscita presso la stessa casa editrice e accompagnato da “pantagruelici” tarocchi ispirati alle figure del libro.
La fiaba del cantore misterioso
Wom Edizioni ha già pubblicato La rivolta degli appesi e La nave morta di B. Traven, confermando così la loro attenzione verso uno degli autori senz’altro più enigmatici e misteriosi del secolo scorso. Particolarmente attento per quanto concerne le dinamiche sociali, B. Traven diventa il cantore dei poveri lavoratori latino-americani. Ne analizza la psicologia rendendoli così personaggi memorabili, capaci di imporsi per il tramite della pagina. Avviene così l’affermazione dell’individuo contro l’inesorabile accavallarsi delle rivoluzioni industriali, contraddistinte dal più forsennato sfruttamento e dal crollo di valori come la libertà e la fratellanza. Forse, dunque, abituati a esodi e odissee atipiche dal carattere rivoluzionario, ci sorprende questo racconto con i suoi toni fiabeschi.
Senza entrare nel merito degli studi Vladimir Propp, potremmo affermare che Macario è caratterizzato da molti elementi tipici della fiaba senza contare poi che ripercorre la tradizione folkloristica messicana. B. Traven, infatti, parte dal presupposto per cui:
La famiglia di Macario era la più povera del villaggio, e tuttavia era tra le più apprezzate per l’onestà e la modestia – e soprattutto perché i poveri sono sempre più amati dei ricchi, e questo in ogni parte del mondo.
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Il tacchino e i tre convitati
Macario è un tagliatore di legna che oltre lui e la moglie ha da sfamare ben undici figli. Se questo non bastasse, è riconosciuto come la persona senz’altro più povera di tutta la comunità. Questa sua ereditaria disgrazia – Macario è a sua volta il figlio del più povero taglialegna del paese – gli porta comunque la simpatia e compassione degli altri abitanti. Ma ciò non basta: Macario dopo interminabili e sfiancanti giornate di lavoro riesce a racimolare uno o due soldi, il necessario per procurarsi il solito cibo insipido. Il nostro sventurato amico, però, accetta con rassegnazione e coraggio il destino assegnatogli. Ma l’essere umano, comunque sia, coltiva sempre dei sogni, per quanto modesti siano. E Macario ne ha uno piccolo piccolo: mangiare un tacchino tutto intero, solo per lui. E affinché questo s’avveri prega tutte le sere:
O Signore che sei nei cieli, se solo potessi almeno una volta nella mia triste esistenza avere un tacchino arrosto tutto per me, allora potrei morire felice e riposare in pace fino al giorno del Giudizio Universale. Amen.
E finalmente la preghiera viene esaudita. La moglie di Macario con i risparmi accumulati negli anni compra un tacchino e lo cucina con rara maestria. Come sorpresa glielo consegna e invita il consorte a mangiarlo lontano da occhi indiscreti, così che anche lui possa avere finalmente il suo momento di felicità. Ma il taglialegna giunto nel bosco incontra tre viandanti che chiedono di poter accomodarsi con lui e di dividere quel succulento pasto. Ma se il primo forestiero fosse il Diavolo? E il secondo il Cristo? E infine la Morte?
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Nel momento della sua massima vulnerabilità, Macario si trova a fronteggiare con rara sapienza i tre visitatori. Infatti, mentre resiste alle tentazioni di Satana e si scusa profondamente per non aver corrisposto la benevolenza di Gesù, cede alle suppliche della Morte. In segno di riconoscenza gli viene donato un liquido che lo renderà «il più grande medico del secolo». Però la Morte precisa:
«Ogni volta che verrai chiamato al capezzale di un malato, io sarò lì con te. […] Non aver paura, compadre, nessun altro mi vedrà. […] E non dimenticare mai quel che sto per dirti: se mi vedi accanto ai piedi del tuo paziente, versa una goccia della pozione in una tazza o un bicchiere d’acqua fresca e fagliela bere, e prima che siano passati due giorni, sarà guarito e vivrà ancora a lungo. […] Ma, […] se mi vedi accanto alla sua testa, non dargli la pozione, perché morirà qualunque cosa tu faccia e qualunque siano gli sforzi dei più brillanti medici per strapparlo dalle mie grinfie»
E che ne sarà, dunque, di Macario? I suoi presunti poteri lo porteranno ad essere uno dei guaritori più richiesti di tutto l’impero? Ma soprattutto, con i soldi raccolti, riuscirà a comprare un tacchino e mangiarne, finalmente, uno intero tutto per sé?
L’umiltà contro la Morte
Macario è grottesco, macabro e dannatamente divertente. Eppure nelle parole di B. Traven emerge tutta la sapienza sociologica nel capire le necessità di un popolo da troppi secoli sottomesso dall’egemonia occidentale.
Macario, nonostante tutte le tentazioni e successi, rimane un personaggio umile, modesto, consapevole e orgoglioso delle sue radici. Non si corrompe mai totalmente e la sua vita diviene un continuo dialogo con la morte. Una Morte che, però, viene umanizzata e da semplice emissario prova una profonda e sincera empatia per la sorte umana. Un racconto encomiabile che nulla ha da invidiare alle grandi opere dell’autore. Anzi, proprio per questo potrebbe essere l’approccio ideale per riscoprire B. Traven.
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