«Magic Fish»: adolescenza tra fiabe e migrazioni

Una dolce rivisitazione fumettistica delle fiabe

7 minuti di lettura

Magic FishLe storie del pesce magico, ultimo lavoro e primo graphic novel di Trung Le Nguyen, è un’opera che come poche riesce a toccare delle corde universali, smuovendo emozioni comuni e al tempo stesso uniche. La storia è ambientata negli anni Novanta e parla di Tiến Phong, un tredicenne di origini vietnamite, ma nato e cresciuto negli Stati Uniti. Una premessa che sembrerebbe andare verso uno storytelling molto specifico, forse addirittura di nicchia, soprattutto per il mercato italiano – il romanzo grafico è stato recentemente edito da Tunué – eppure non è così.

«Magic Fish»: un ponte fra due culture

Tiến è un adolescente qualsiasi, con le paure, i sogni, le necessità di ogni adolescente, al di là dell’origine geografica. Ma quella di Tiến è anche la storia di tanti migranti. Soprattutto di tante seconde generazioni di migranti, che si trovano a camminare lungo i confini tra due culture. Il protagonista è ben integrato nella società americana, ma a ricordare le sue origini abbiamo la madre, ancora in contatto con i parenti e soprattutto con la nonna. Il ponte tra la cultura americana e vietnamita è il ragazzo stesso. Ogni sera legge alla madre delle favole in inglese. In questo modo, la aiuta con la lingua e al tempo stesso per – indirettamente e involontariamente – aiutarla a ripercorrere il suo passato, la sua storia.

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Fiaba dopo fiaba, intermezzo dopo intermezzo, la storia di Tiến e della sua famiglia viene scandita e ricostruita proprio grazie al mezzo narrativo. Raramente un’opera sa approfondire con abilità e profondità personaggi così diversi. Grazie a questo espediente, Magic Fish (acquista) esplora tanto la figura della madre quanto quella del figlio, mescolando con naturalezza le loro storie di vita alla cornice fiabesca.

Le fiabe scavalcano infatti generazioni e territori e si fanno simboli universali, oltre che modificabili a seconda delle esigenze. Narrazioni fluide, che parlano di quei sentimenti umani non differenziati da età e cultura. Le storie affascinano tanto la madre quanto il figlio, sono per entrambi utili, forse necessarie, e aiutano a dare un senso alle loro vite. Fanno da specchio del proprio vissuto, della propria identità, fornendo una bussola per non perdersi nelle gioie e nelle sofferenze – dalla paura di scoprire chi si è veramente alla perdita dei propri cari.

La delicatezza della narrazione

Anche le questioni legate all’identità vengono toccate da Magic Fish con delicatezza, anzi, sono probabilmente uno dei punti chiave dell’opera. Il protagonista adolescente ha una cotta per il suo amico Julian, ma il focus non è tanto sull’amore, quanto sul desiderio di fare coming out con la propria famiglia. Tiến vorrebbe tanto, ma non sa trovare le parole, non sa come esprimersi a causa di una barriera tanto linguistica, quanto emotiva. E allora le fiabe si fanno elemento di supporto, anche rivisitandone il finale, se necessario, per dare forma a una società più inclusiva. Si accoglie l’amore nelle sue diverse sfumature, verso un lieto fine ancor più concreto e veritiero di quello tipicamente fiabesco.

«Magic Fish»: l’uso della fiaba

Magic Fish propone poi fiabe che si rifanno a narrazioni molto note in Occidente e in Oriente, come Cenerentola, Pelle d’Asino, La Sirenetta. La malinconica storia di Andersen attualizza così ancor di più le sue tinte omo-romantiche. A questa si aggiunge anche la metafora del viaggio, della migrazione verso un mondo altro, affascinante ma misterioso, pauroso. Al contrario, Cenerentola e Pelle d’Asino ci parlano di amore, rabbia, odio, di fughe e di ritorni.

Le fiabe sono reinterpretate e attualizzate, così da legarsi ancor più facilmente alle storie di vita dei protagonisti. Anche nelle narrazioni lette dal ragazzo si intrecciano culture e punti di vista, andando a sottolineare tanto le differenze, quanto le somiglianze tra tradizioni e popoli. Alla fine del libro, l’autore e illustratore stesso racconta il processo di ricostruzione e parziale adattamento delle tre storie. Svela, così, le scelte narrative alla base dell’opera, oltre che ai numerosi riferimenti presenti.

Ogni storia è ben distinta da una scala cromatica diversa: rossa, gialla e blu/viola. Si indirizza così visivamente il lettore, che passerà con semplicità tra le varie narrazioni, ovvero quella fiabesca, quella presente e quella passata. Il tratto di Le Nguyen è poi molto particolare e ricalca in parte l’arte orientale, in parte alcuni elementi stilistici più legati all’Occidente, mescolando nella sua stessa arte le origini miste dei suoi personaggi. Le vignette scorrono veloci, con poche parole e dialoghi ma ben calibrati, mai eccessivamente didascalici e sempre in grado di trasmettere l’essenza del momento ritratto.

Lo stile di «Magic Fish»

La narrazione si presenta come sincera, schietta, ben ancorata al reale. Forse proprio grazie all’elemento autobiografico: Trung Le Nguyen, vietnamita, nasce in un campo profughi nelle Filippine e si trasferisce poi negli Stati Uniti. Per imparare la lingua, le fiabe sono – anche nelle realtà – il mezzo più efficace.

La letteratura si fa fonte di fantasia e sogno, ma anche strumento di apprendimento e integrazione. La spinta autobiografica, così come la semplicità mai banale sia dello stile che della trama, rendono Magic Fish un libro davvero per tutti, che accompagnerà ragazzi e adulti nella quotidianità di un ragazzo qualsiasi, che rappresenta però molti di noi.

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