«Con la Malnata non ci dovevo stare»

«La Malnata» di Beatrice Salvioni

9 minuti di lettura
«La Malnata» di Beatrice Salvioni

Da bambini giocare con la fantasia non è mai un errore, sognare di poter volare è un lusso che puoi permetterti soltanto lontano dallo sguardo degli adulti. È quando pensi di poter volare davvero che un gioco si trasforma in una catastrofe. La cattiveria, poi, è un atteggiamento spinto da sentimenti che un bambino non è ancora in grado di gestire, se non attraverso parole di cui non conosce il peso. Anche queste, come i sogni, possono trasformarsi in una catastrofe. Ma dopo quanti incidenti casuali si diventa una malnata?

Attraverso gli occhi di Francesca, voce narrante di questa storia, ricostruiamo la storia di Maddalena, da tutti additata come la Malnata. Il romanzo d’esordio di Beatrice Salvioni, La Malnata (Einaudi, 2023), è la storia di un’amicizia indissolubile, un’affinità sincera. È già stato venduto in 32 Paesi. È uscito, in contemporanea con l’Italia, in Francia, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Turchia e Bulgaria; a breve arriverà anche in Germania e negli Stati Uniti. E dal libro sarà tratta una serie TV.

Siamo a Monza nel 1936, in pieno fascismo. Il corpo delle donne va nascosto, aggiustato secondo il volere della società patriarcale. Non è un limite che riguarda soltanto l’essere “femmina” ma anche l’essere “maschio”, il dover diventare un uomo virile, forte e impermeabile alle emozioni. La bellezza sta nella complessità, nell’autenticità, e la Malnata è l’amica geniale di cui abbiamo bisogno per non sopprimere il proprio desiderio di ribellione in un mondo di regole inviolabili.

Quando avevo chiesto perché non potessi andare con lei a dondolarmi dagli alberi, mia madre mi aveva preso per un polso e mi aveva raccontato che con la Malnata non ci dovevo stare: portava sfortuna.

«La Malnata», un lungo flashback

In riva al Lambro, due ragazzine cercano occultare il cadavere di un ragazzo che porta sulla camicia una spilla con il fascio. È il 1936, e il prologo apre a un lungo flashback che racconta quanto è accaduto nell’anno precedente. Attraverso lo sguardo di Francesca iniziamo ad amare la Malnata da lontano, a invidiarla per i suoi giochi spericolati, giù al fiume, in compagnia di due maschi, Matteo e Filippo (anch’essi malnati).

Dovevo sforzarmi per allontanare lo sguardo dai bambini giù al fiume, i bambini che non ero e che avevo sempre spiato. Ma quella domenica, per la prima volta, la Malnata mi fissò con i suoi occhi lucenti e neri. Poi fece un sorriso.

Le due protagoniste dodicenni di questa storia, Francesca e Maddalena, vengono da mondi apparentemente lontani. Le figure genitoriali non sono punti di riferimento, né figure da cui prendere esempio: agli occhi di Maddalena e Francesca sono mondi a cui sperano di non assomigliare mai.

Il padre di Francesca è un cappellaio che si fa strada negli affari grazie alle raccomandazioni del fascismo, pur non abbracciando l’ideologia. In questo, la moglie è la sua fortuna: ha una relazione extraconiugale con il signor Colombo, un uomo influente. La madre di Francesca è una donna anaffettiva che educa la figlia a diventare una ragazza perbene.

Leggi anche:
Chiagnere, fottere e jastemmare nel ventre del polpo

La famiglia di Maddalena, invece, vive in un quartiere popolare. La Malnata ha altri due fratelli: Edoardo, che per lei è come un padre, e Donatella, fidanzata con il figlio maggiore dei Colombo. La sua è una famiglia umile, colpita dalle disgrazie di cui Maddalena si sente responsabile, come la morte del fratellino Dario, caduto dalla finestra di casa, e l’incidente del padre, che ha perso una gamba in un ingranaggio della fabbrica.

Mentre passava le donne digrignavano un «diocenescampi» e si facevano un frenetico segno della croce; gli uomini invece sputavano a terra. Allora lei rideva forte e tirava fuori la lingua, poi faceva un inchino, come se di quelle offese fosse grata.

L’amicizia tra la Malnata e Francesca prende forma nel corso delle pagine. Basta poco, un episodio da nulla, per renderle complici. La Malnata diventa per Francesca la spinta vitale all’evoluzione personale. Sarà lei a raccontarle quello che accade al corpo femminile quando si diventa donne, le dirà: «Noi femmine non ci dobbiamo schifare del sangue». Quel corpo che cambia ogni giorno, cresce verso l’esterno e attira attenzione in una società patriarcale in cui le donne «l’unica cosa che devono imparare a fare le femmine è a darsi senza pretendere, proprio come le donne del duce». In cambio, Maddalena torna a scuola grazie a Francesca

Il peso delle parole

Il periodo fascista sembra essere stato scelto appositamente per raccontare l’essere “maschio” come un limite. Il dover essere un uomo virile, che confonde l’onore col saper uccidere, che considera suo ciò che conquista con la forza. L’ideologia fascista non entra davvero nei personaggi e nelle vicende, è un escamotage per affrontare il tema del sessismo, della violenza, per raccontare l’obbedienza e l’esaltazione della difesa della patria.

Tra lealtà e confidenze, cambiamenti e sostegno, l’affetto tra le due si fa sempre più forte. La Malnata dirà a Francesca: «Io non ho paura». E Francesca, davanti allo specchio, proverà a imitarne lo sguardo, il tono, si dirà di non avere paura. È un mantra che ritorna spesso all’interno del romanzo: che non sia forse in grado, la Malnata, di far accadere anche le cose belle e di infondere coraggio attraverso le sue parole?

Leggi anche:
Una fratellanza silenziosa

La Malnata è senza dubbio la spina dorsale del romanzo, una voce che «nella testa della gente ci entra per non uscirne più». Attraverso uno stile narrativo inizialmente lento e poi vorace, Beatrice Salvioni ricuce insieme la storia di un’amicizia geniale, attraversa le emozioni senza scivolare nel loro oblio. L’effetto sarà quello di pensare nelle prime pagine di avere a che fare con due bambine, e poi di colpo con due ragazze molto più grandi della loro età.

Consigliato a chi è alla ricerca di una storia di formazione della propria identità in un passato in cui essere donna è una colpa. La Malnata (acquista) è un romanzo che ha l’odore del fango del fiume Lambro e della brillantina in testa ai giovani balilla. Un libro che soffoca come una camicia stretta e graffia come il bisogno di libertà.

Segui Magma Magazine anche su Facebook e Instagram!

Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Tendenzialmente irrequieta, da capire se è un pregio o un difetto. Trascorro il mio tempo libero tra le pagine di JD Salinger, di Raymond Carver, di Richard Yates o di Cesare Pavese, in sottofondo una canzone di Chet Baker, regia di Woody Allen.

Lascia un commento

Your email address will not be published.