Orientarsi in un evento denso e dinamico, a tratti frenetico, come il Salone del Libro di Torino ha lo stesso sapore di un’avventura o di un viaggio per cui hai soltanto un biglietto in tasca e nulla più. Ad accompagnarti una borraccia da riempire e una gran sete, che conti di placare ampiamente nelle ore trascorse al Lingotto. Quel che accade, una volta arrivati sul luogo, è però che ad ogni incontro – che sia materiale, con il libro, o umano, con gli autori e le personalità incontrate – corrisponde inevitabilmente sia un nutrimento, sia un’ulteriore ricerca.
Questo è accaduto anche (o meglio, ancora) a tutti i Cuori Selvaggi della XXXIV edizione della fiera del libro più famosa d’Italia che, come fanno le grandi avventure, qualcosa ti dà e qualcos’altro ti mostra, in un gioco continuo di spazi e porte, lasciate sempre semiaperte.
Maura Gancitano e Lidia Ravera: superare lo specchio
Ad aprire una di queste porte ci hanno pensato Maura Gancitano e Lidia Ravera che, sabato 21 maggio, moderate da Valeria Parrella, hanno partecipato all’incontro Oltre lo specchio, tra i tanti in programma nella fiera torinese. L’evento è nato in occasione della recente pubblicazione con Einaudi di Gancitano del libro Specchio delle mie brame. La prigione della bellezza, un’ampia e strutturata panoramica del concetto di bellezza, del suo sviluppo e del suo essere intrinsecamente un costume sociale, che spinge le persone a valutarsi e valutare gli altri in base al loro aspetto esteriore. Si può dire che una porta non è stata aperta, ma più propriamente buttata giù, a colpi energici e sonori, quando opportuno.
L’ironia tagliente di Lidia Ravera e le spiegazioni così tangibili e chiare di Maura Gancitano hanno alimentato questa riflessione sulla considerazione estetica del proprio Sé, ripulendo le lenti sporche degli occhiali che il sistema performativo in cui ci ritroviamo (per dirla con Gancitano) continua a vendere al suo pubblico.
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La società ha creato un paradosso: ci si sente costantemente osservati e tremendamente invisibili. Si agisce ormai condizionati da come si appare e si fa di questo un valore un indice: l’indice del proprio valore.
Non ricordo la prima volta in cui ho pensato che, se fossi stata più magra, se avessi iniziato a vestirmi meglio e se avessi imparato a truccarmi, finalmente sarei stata felice. Deve essere accaduto molto presto, perché molto presto il mio corpo mi è apparso strano, indefinibile e sbagliato.
La bellezza è la risposta ai propri tormenti. Lo specchio è un giudice schietto e diffidente. Puoi fare sempre meglio: se mangiassi meno dolci, se ti aggiustassi quella riga nei capelli, se nascondessi quelle occhiaie. Il mercato si presenta come grande aiutante, elargisce doni e una felicità a basso prezzo.
La «grande rinuncia maschile» e le pressioni sulle donne
Si sente spesso affermare dalle vecchie generazioni di come prima fosse raro trovare una ragazza considerata bella. Grazie ai prodotti promossi dalle pubblicità, ora chiunque può diventare carina, se non addirittura raggiungere lo status di bella ragazza ed elevare finalmente la propria condizione, il proprio posizionamento all’interno della società. Le grandi catene di abbigliamento restringono le vite e diminuiscono le taglie, vendono elisir per uno sguardo sempre levigato. Se la pelle raggrinzisce, ahimè, il tempo è scaduto.
Nessun concetto è più labile di quello che distingue il bello dal suo opposto. Da una parte, Gancitano svela le narrazioni indotte da un sistema che vuole le donne per sempre giovani, seducenti, in forma, attive e parla della grande rinuncia maschile teorizzata da John Flügel, che dall’800 in poi ha voluto che gli uomini finissero per indossare solo capi monocromatici e minimal, per dimostrare di essere efficienti, decisi e risolutivi.
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Dall’altra Ravera porta la sua lotta sul palco del Salone, non ci sta a sentirsi vecchia e arrivata, perché non più confacente agli ideali di bellezza: «Dobbiamo essere fresche, come la verdura», dice scherzando. La scrittrice dichiara di non voler raggiungere soltanto il pubblico che sabato 21 maggio è venuto a Torino ad applaudirla e confermarla: vuole andare oltre, arrivare a chi non la conosce ancora e chi può anche non apprezzarla.
Verso una nuova autenticità
L’incontro non può che trasformarsi in una rivelazione. In quarantacinque minuti si vedono elencate tutte le nostre contraddizioni e i nostri automatismi. Sta sparendo la gratuità del gesto, la propria capacità di secernere e di scegliere cosa sia una cura per noi e cosa un’azione indotta, una sovrastruttura. Quanta autenticità si sta perdendo? Quanto ne siamo complici? Ecco che, ancora una volta, la sete ricompare e le borracce tornano a svuotarsi.
L’obiettivo del libro Specchio delle mie brame (acquista) è comprendere cosa sia successo nell’ingarbugliato ponte che dal Settecento lancia nell’Ottocento, nell’era della borghesia. Maura Gancitano torna nelle librerie con una missione: essere utile a una considerazione nuova e autentica del proprio Sé. Divenire Soggetto in una società che programma oggetti. Perché sculettare con la propria mente – affermano le scrittrici – può essere di gran lunga più appagante.
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