Quando si parla di zombie, l’immaginario che affiora nelle nostre menti è quello post-apocalittico. Si pensi ad esempio a The Walking Dead, The Last of Us, Resident Evil e tanto altro fra videogiochi e letteratura horror. Gli zombie, nati dalla superstizione haitiana, ci vengono presentati come cadaveri ambulanti, persone vive ma in fase di trance che non hanno pieno controllo di sé, rese in questo stato generalmente a causa di un’epidemia.
E se gli zombie prendessero coscienza di sé? Se, come il mostro di Frankenstein, scoprissero all’improvviso di avere un’anima e uno scopo sulla terra? Questa è la domanda a cui cerca di rispondere Luca Cristiano, romanziere, poeta e saggista potentino tornato in libreria per i tipi di Del Vecchio Editore con Mezzafaccia.
La trama di «Mezzafaccia»
Mezzafaccia è ambientato in una Roma divisa in due: da un lato quella dei vivi, che devono difendersi dal degrado e dalla delinquenza in luoghi ormai abbandonati come il Vaticano; dall’altro quella dei non-morti, ridotti in questo stato per via di un’epidemia. Quest’ultimi sono costretti dal governo a passare il resto dei loro giorni in metropolitana nella stazione di Sant’Agnese a cibarsi di topi quando non sono impiegati come deterrente per i tossici.
Protagonisti di questo romanzo post–apocalittico sono Luca, il narratore che racconta e annota le vicende che leggiamo, DiCaprio, Tokyo, Topolino, la scrittrice AnnaCambi, Enrico, membro dei Dead Friendly e colui che invece vuole aiutare i non-morti, e Giovanni Mezzafaccia, personaggio che dà il nome al romanzo. Il nome “Mezzafaccia” è emblematico di ciò che muove i personaggi di questa vicenda: un’ossessiva ricerca di scopo e di senso per la propria vita che faccia uscire i non-morti dal loro stadio di cadaveri ambulanti.
«Mezzafaccia»: l’importanza delle parole e della letteratura
Mezzafaccia di Cristiano usa il genere del racconto zombie per porre al centro riflessioni sull’importanza dell’oralità e della letteratura. In questo senso ricorda un romanzo distopico come Fahrenheit 451, dove il rogo di libri inscenato da Ray Bradbury pone una questione politica importante, ovvero la centralità della cultura e della letteratura nella nostra società.
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Attraverso la voce di Luca – omonimo, tra l’altro, dell’autore – questo romanzo cerca attraverso la parola e la narrazione di stabilire un legame fra la vita e la memoria: non esiste la vita se, infatti, non esiste chi la può raccontare. Luca scrive difatti le memorie di ciò che accade e di quanto gli è accaduto perché solo in questo modo, creando una letteratura del passato, può da un lato continuare a vivere e dall’altro far vivere gli altri.
Zombie che leggono Bukowski, Richler e Foster Wallace
Fondamentale, dunque, è la letteratura, che gioca un ruolo centrale nelle vicende di Mezzafaccia. Grazie all’aiuto di Enrico, Luca riesce a leggere capolavori della letteratura come i libri di Charles Bukowski. Oltre a ciò, Luca ricorda anche le letture del passato, da Lolita e La versione di Barney, i cui ricordi arrivano a intermittenza nella sua memoria:
Ma che c’entra Lolita adesso? Stavo parlando d’altro. Mordecai Richler, La versione di Barney. Ho a cuore quel libro. Mi ricorda la mia mente perché il protagonista, che è anche il narratore, ha l’Alzheimer e a un certo punto non riesce a tenere insieme ricordi e parole. A volte assomiglio a Barney. Solo che il mio Alzheimer va e viene. Come lui, non ricordo chi sosteneva che i poeti sono misconosciuti legislatori del mondo, però ci credo fermamente e tra i poeti ci metto anche i romanzieri, chi se ne importa.
Luca sa che «abbandonarsi alla meccanica fisiologica e all’oblio di sé» lo rende «uno del branco, come tutti gli altri, uno sciacallo tra gli sciacalli e una iena tra le iene». Ricordare a intermittenza le letture del passato e il suo passato come la sua morte per infarto o il volto della madre sono ciò che gli permettono di avere una coscienza e stabilire un’empatia con gli altri.
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Raccontare, dunque, è ciò di cui Luca si serve per rendere vivi gli altri zombie e far sì che non muoiano del tutto. In questo senso è fondamentale il paragone che si fa con la liquefazione del sangue dei santi: la creazione dell’illusione, in questo caso la finzione narrativa, permette il contatto con la nostra parte più umana, dandoci la consapevolezza che sono queste storie che ci permettono di vivere e di agire nel mondo.
Liquefazione letteraria del sangue zombie
Quella di Luca è dunque la liquefazione del sangue degli zombie, ovvero un’irruzione attraverso le parole nell’animo degli zombie come DiCaprio, Tokyo o AnnaCambi di modo che essi capiscano come «la coscienza sopravvive al corpo dando traccia fisica di sé». Il motivo per cui, però, il governo confina gli zombie nella metropolitana impedendo «di umanizzare ciò che umano non è» è perché risvegliare la memoria del passato è ciò che impedisce di controllare le masse, che una volta consapevoli della propria coscienza, possono rendersi libere e indipendenti dal potere.
Se da un lato il diario di Luca a un certo punto finisce, dall’altro c’è chi lo continua, perché è consapevole di come la memoria del passato vada alimentata per permettere la vita. La letteratura è «un milione di liturgie in lotta tutti contro tutti», «l’insurrezione ontologica degli scriventi contro le parole, attraverso le parole». Essa è il mezzo che contrasta la demagogia e la dittatura dei media e dei consumi, che mantengono il controllo sulle masse per far sì che non insorgano. È per questo che Luca e chi dopo di lui scrivono: perché è pura illusione che «qualcosa smetta mai di accadere». La vita non finisce, e nemmeno l’anima, e questa consapevolezza ci permette di essere umani anche quando chi è al potere ci vuole controllare.
Metà zombie, metà umani
Attraverso gli stilemi della narrazione zombie, Luca Cristiano ci consegna con Mezzafaccia (acquista) un sofisticato racconto post-apocalittico che sfruttando l’immaginario zombie e la letteratura post-apocalittica ci mostra l’importanza della letteratura. La letteratura è memoria, coscienza e vita, ed è il mezzo più potente temuto da chi detiene il potere, in quanto è capace di instillare nelle masse la seguente credenza: tu hai un passato, hai una memoria, dunque hai una vita, e se ce l’hai sei libero.
Sei morto, esci dal tempo come un proiettile dalla canna di un fucile. L’esperienza soggettiva di te stesso, che credevi fosse tutta la tua vita, si condensa in un attimo che assorbe al suo interno spazi, tempi, dimensioni, prospettive, tutto quanto. Fa malissimo, fino al momento in cui non smette di succedere e vieni sbattuto in qualcosa che non prevede nemmeno la possibilità di una sensazione fisica. Non è solo il dolore che sparisce. L’idea stessa di poter percepire qualcosa attraverso i sensi diventa assurda. Poi eccoti ricacciato indietro, imprigionato in un estenuante contrario della nascita. I tuoi occhi si riaprono sul corpo paralizzato che sei, molto prima che tu possa renderti conto di essere tornato. L’unica parola che la tua mente riesce ancora a formare è inferno. Credi di esserci davvero.
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