Se da un lato non è raro scovare un sorprendente esordio in cui si narra la selvaggia vita di un solitario eroe, dall’altro è raro che un esordiente decida di dedicarsi a una favola moderna in grado di unire crudeltà e spietatezza narrativa. Scoprire che questo genere d’esordio, I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni, viene proprio dalla Sellerio Editore e ha vinto la 60esima edizione del Premio Campiello ha suscitato la curiosità della redazione di Magma Magazine.
Sulla copertina del libro, incastrata nella riconoscibile cornice blu, ecco il ritratto di una faina, protagonista e voce narrante. Il suo nome è Archy, la sua vita non è molto diversa dagli altri animali del bosco: il padre è morto, la madre e i suoi fratelli si dedicano quotidianamente alla caccia, la stagionalità della vita è l’unica paura. Archy, tuttavia, è zoppo, è l’anello debole della catena familiare e la madre ha troppi cuccioli a cui badare: la piccola faina non ha molte possibilità di sopravvivenza.
Nel mondo animale ogni cosa ha un valore, tutto è nutrimento e allora la madre decide di scambiare Archy per una gallina e mezza con il bandito del bosco, il furbo usuraio che cambierà per sempre l’esistenza della faina, una volpe che all’uva c’arriva (eccome). Solomon gli insegnerà il prezzo del dolore, del dovere, e poi a leggere e a scrivere. Non sarà un padre eppure Archy gli regalerà il suo tempo con devozione e rispetto, scoprendo l’irreversibilità della morte e il potere della Bibbia. Sentirà parlare di Dio, un essere misterioso che la volpe onora perché bisognoso del perdono divino. Ma la conoscenza è una condanna?
Mi aveva insegnato a leggere, a scrivere, a lavorare sodo. Mi aveva aperto gli occhi sul mondo e sulla nostra esistenza, dolorosa ed effimera. Mi aveva insegnato ad adorare un Dio che non ci avrebbe salvato, ma che avrebbe salvato lui dal suo più grande terrore, sparire, come stava facendo adesso, come avremmo fatto tutti. Salutai un’ultima volta il mio maestro, senza parole; lo riprendeva la terra assieme alle sue cose, con il suo nuovo libro in una zampa, e la parola di Dio nell’altra.
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Archy si dedicherà alla scrittura dell’autobiografia (molto romanzata) di Solomon e, a sua volta, a tempo debito, la regalerà a un altro animale, che con la stessa devozione si prenderà amorevolmente cura di lui: l’istrice Klaus. Riuscirà Klaus a tramandare quel dono? Non possiamo saperlo.
I miei stupidi intenti non è altro che una crudele favola sulla scoperta della parola, tanto umana quanto potente, uno strumento in grado di riprodurre un’infinità di storie che guidano l’uomo nella ricerca di un senso. È la speranza di lasciare una traccia (anche il più stupido degli intenti) del proprio passaggio sul mondo prima di sparire per sempre.
Giunto al termine del suo viaggio, comprende di essere destinato all’umana solitudine prima di abbandonarsi all’ignota morte.
Questo è il mio ultimo, stupido intento: scappare, come tutti, dall’inevitabile.
Un esordio che è una metanarrazione di altre storie parallele. Il vangelo di un animale il cui martirio è l’accettazione dell’evoluzione umana. Archy inizia a scoprirsi uomo nel momento in cui sperimenta il sesso, nella stagione degli amori, con la sorella Louise, quando conosce la sofferenza, la fame, e la solitudine. Conoscerà la violenza, riuscirà a restare a galla, a scoprirsi felice, a fidarsi e a dimostrare lealtà reciproca. Infine, si rassegnerà all’anima di un mondo crudele in cui nulla è prevedibile e nessun istinto potrà mai salvarti del tutto. Alla scoperta di Dio e della morte, inoltre, s’aggiunge la scoperta del tempo.
Se per un animale la vita è scandita in stagione estiva e stagione invernale, tra natura e letargo, la scoperta del tempo per Archy è una definitiva rivoluzione. Da strumento per dimostrare un amore sincero, che non è guidato dagli ormoni, il tempo si trasforma in conto alla rovescia, un avversario temibili. È impossibile provare a sconfiggerlo, la faina non può combattere con un nemico invisibile.
Dio porterà la mia anima chissà dove, disperderà il mio corpo nella terra, ma i miei pensieri rimarranno qui, senza età, salvi dai giorni e dalle notti. Questo basta a darmi la pace, come il Paradiso per Solomon. Forse, come aveva scritto lui, davvero sono un uomo anch’io, e sarò salvato. Forse Dio mi ha reso un animale per mettermi alla prova.
Consigliato a…
Dal punto di vista narrativo e stilistico I miei stupidi intenti (acquista) è un romanzo scorrevole ma capriccioso, Bernardo Zannoni incastra temi assoluti con la coscienza della verità, al lettore sembrerà di zoppicare come Archy in un vortice di esistenzialismo e interrogativi, inciampando nel peso della ricerca di una risposta. La vera crudeltà, per l’indifesa faina, è sentire l’umanità.
Se felici in un posto dolce, oppure scomparsi nella notte, il mondo sta per dirlo anche a me. Non posso indugiare oltre, arriva questo ultimo spavento, che si affronta da soli, dall’inizio alla fine.
Consigliato a chi è in grado di lasciar lievitare un romanzo, a chi è pronto a scoprire la cura del pensiero e non vede l’ora di riacciuffare il brivido della vita. Dedicato a chi cerca una consolazione dalla paura dell’ignoto. Scoprire la morte è un dolore tremendo, cosa c’è più umano di questo?
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