/

«Mordi e fuggi» e la Milano di piombo

9 minuti di lettura
Mordi e Fuggi, Alessandro Bertante

Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR, edito Baldini + Castoldi, segna l’ingresso di Alessandro Bertante nella dozzina del Premio Strega 2022 su proposta di Luca Doninelli. Il romanzo affronta una delle pagine più complesse della Storia italiana, in uno spaccato breve ma incisivo dell’inizio degli anni di piombo.

«Mordi e fuggi», la trama

In Mordi e Fuggi Bertante adotta il punto di vista di Alberto Boscolo, giovanissimo militante nel cosiddetto “nucleo storico” delle Brigate Rosse. In apertura al romanzo Alberto sta facendo volantinaggio per conto del Collettivo Politico Metropolitano fuori dalla fabbrica della Sit-Siemens.

Figlio di una classe media statica e cristallizzata, studente della Statale di Milano e militante nell’ala più radicale del Movimento Studentesco, Alberto tronca ben presto i rapporti con gli ambienti accademici per entrare nella sinistra extraparlamentare.

Dopo aver assistito in prima persona ai momenti immediatamente successivi all’attentato di Piazza Fontana, la traiettoria della militanza di Alberto subisce una rapida accelerazione. Il protagonista partecipa con sempre più slancio agli atti di intimidazione e ritorsione verso i padroni delle fabbriche.

Leggi anche:
«Nova» e la forza deflagrante delle pulsioni

In modo inestricabile rispetto al processo di radicalizzazione di Alberto, Mordi e fuggi illustra la nascita del nucleo storico delle Brigate Rosse. Al contempo il romanzo illustra le pesanti conseguenze che la vita da brigatista comporta per Alberto una volta esaurita la spinta iniziale.

La genesi delle Brigate Rosse

All’interno della narrazione, sia storica sia narrativa, di fenomeni come il terrorismo si rivolge spesso un’attenzione particolare alle origini e ai miti fondativi. Si ha la convinzione che ricostruendone la nascita e circoscrivendola a uno spirito del tempo li si possa esorcizzare e mettere a una giusta distanza da quella dell’osservatore.

Il punto di vista di Alberto in Mordi e fuggi è invece dichiaratamente parziale, carico di rabbia ed euforia prima e di angoscia poi. Questa scelta spinge l’autore sul filo del rasoio nella resa del lato umano, scomodo ma necessariamente presente, dei protagonisti del nucleo storico delle Brigate Rosse.

C’è tuttavia un punto della narrazione di Mordi e fuggi in cui Bertante accontenta la curiosità a cui si accennava, sebbene in modo poco convenzionale. Si tratta della genesi del termine «Brigate Rosse»:

La Volante Rossa sarebbe perfetta – commentò come se stesse riflettendo da solo – sia dal punto di vista politico che da quello dell’azione militare ma purtroppo nella storia le cose non succedono mai due volte nello stesso modo. Certo che il rosso è fondamentale, è il mito rivoluzionario che prende forma in un’immagine potente, dobbiamo avere il rosso nel nome.
Brigata Rossa, allora.
La voce di Mara fu come un colpo di rivoltella. Dentro alla Fiat 850 il tempo si fermò e per una ventina di secondi non parlo più nessuno.
Accostai la macchina sul marciapiede e guardai Renato.
Brigata Rossa è perfetto, disse.

Si tratta di un passo di grande impatto, per quanto anacronistico: pur calato nel contesto storico del romanzo, riprende l’ideazione della strategia di marketing di un brand. D’altronde, per parafrasare un concetto approfondito dallo studioso di cultura visuale W.J.T. Mitchell nel suo saggio Pictorial Turn, il terrorismo si basa proprio sull’esecuzione di azioni ad alto tasso simbolico e utilizza consapevolmente il potere comunicativo delle immagini.

Milano: l’epicentro

Milano è protagonista di Mordi e fuggi tanto quanto Alberto Boscolo. Bertante tratteggia il capoluogo lombardo con toni cupi e violenti: l’atmosfera della stagione delle stragi trova un corrispettivo materiale nella coltre di nebbia che ai tempi arrivava ancora fino al centro città, nell’anonimato delle masse che si dirigevano in fabbrica la mattina, nei quartieri popolari isolati e claustrofobici ai confini della città.

Ma a parte le paranoie, noi brigatisti rossi eravamo sempre più decisi e coesi, un nucleo ristretto di una dozzina di militanti che potevano contare su circa un centinaio di simpatizzanti, soprattutto alla Pirelli, dove operava già una brigata di fabbrica, alla Sit-Siemens, alla Falck e nei quartieri popolari milanesi come Lorenteggio, Quarto Oggiaro e la fascia della periferia est che andava da Lambrate all’Ortica.

Anche la toponomastica della città di Milano svolge un ruolo fondamentale in Mordi e fuggi. L’autore conduce i lettori attraverso uno snodo di strade e punti di riferimento ancora oggi riconoscibili, dai più centrali come Piazza Fontana e Piazzale Loreto alle fabbriche dell’hinterland come la Pirelli e la Falck di Sesto San Giovanni, passando dai già menzionati quartieri proletari di QT8 e della Bovisa.

Leggi anche:
«A Milano con Luciano Bianciardi», viaggio in una metropoli scomparsa

L’immagine della Milano degli anni di piombo si sovrappone a quella di oggi e rivela una città segnata da profonde disparità. Milano diventa un crocevia tra la crescita, quella del settore industriale allora e del terziario ora, e una conseguente proliferazione di vita ai margini.

«Mordi e fuggi»: un mosaico complesso

Come già si capisce dalla citazione in apertura, Mordi e fuggi (acquista) risente in più di un modo dell’influenza di Vogliamo tutto di Nanni Balestrini. Bertante cerca pertanto di rendere il senso di urgenza e frenesia della storia con una forma scostante.

La narrazione di Bertante scivola purtroppo nell’incoerenza interna in alcuni punti, ma trova la sua massima realizzazione proprio quando riporta senza filtri strutture ed espressioni del parlato del protagonista.

Il taglio soggettivo che contraddistingue Mordi e fuggi non deve far pensare tuttavia alla mancanza di un’ampia contestualizzazione storica. Alla ricostruzione degli eventi in presa diretta Bertante aggiunge un sottile ma denso strato di ricerca e citazionismo e non perde l’occasione di richiamare (volontariamente o meno) un’altra narrazione sui generis dell’Italia degli anni di piombo come Il nome della rosa:

Certo, capivo la straordinaria potenza rivoluzionaria della figura di Gesù Cristo ma questo non aveva nulla a che fare con la religione bensì con l’innato senso di giustizia sociale che nel corso della storia talvolta illumina gli uomini di valore, come Spartaco, Fra Dolcino o Thomas Müntzer.

Con Mordi e fuggi Bertante unisce in poco più di 200 pagine i punti di una delle vicende più complesse della storia italiana. Nel farlo l’autore non ha paura di toccare questioni che ancora oggi restano delicate, come il coinvolgimento dell’editore Giangiacomo Feltrinelli nelle azioni di lotta armata.

A tale proposito, Bertante prende le precauzioni necessarie per evitare di intendere l’opera come un documento storiografico, a partire dalla parola «romanzo» ben presente nel sottotitolo. D’altronde, solo l’aggiunta dell’elemento di finzione può restituire a questi anni il filo logico impossibile da ritrovare nella Storia.

Segui Magma Magazine anche su Facebook e Instagram!

Francesca Fenaroli

Classe 1997, laureata in Editoria a Milano. Appassionata di libri, tecnologia e tutto quello che c'è nel mezzo. Umberto Eco sarebbe fiero di lei, o almeno così le piace pensare.

Lascia un commento

Your email address will not be published.