Cosa ci resta degli ultimi anni di Fernanda Pivano? Enrico Rotelli, suo assistente dal 2004, affida al toccante memoir Nanda e io (La Nave di Teseo, 2023) frammenti intensi e indimenticabili dell’eterna ragazza che ha scoperto l’America. Ne traccia un ritratto intimo ed inedito, svelando ai lettori il volto di un’amica e di una maestra di vita: il volto della sua Nanda.
Coltivare un sogno
Nanda e io è l’intreccio di due esistenze. Da una parte c’è Pivano, ormai anziana e provata dalla malattia, ma costantemente proiettata nel futuro. Dall’altra, un giovanissimo Rotelli, in cerca della sua strada nel mondo tra le insicurezze della giovinezza. Tra loro scorrono quarantasette anni, ma non sono altro che un mero dato anagrafico. Per tutta la sua vita Pivano è stata al fianco di giovani dai sogni magnifici. Lei, a quei sogni, ha sempre dato spazio, custodendoli, coltivandoli, moltiplicandoli. Così è stato anche per Rotelli, a cui si è affidata fin dal loro primo incontro, proponendogli di diventare suo assistente:
Io a Nanda avrei presto permesso di prendere molto del tempo della mia giovinezza e di dividerlo come più le pareva e piaceva. Era diversa da qualsiasi persona avessi incontrato fino ad allora e sembrava conoscere tutto, o perlomeno tutto quello che io avevo bisogno di conoscere.
Rotelli si accorge presto che la grandezza di Pivano non si limita alla sua smisurata eredità umana e culturale, ma si spinge oltre, nella fermezza del suo insegnamento: bisogna sopravvivere alla paura e bisogna farlo con coraggio.
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Parlare di libertà
«Nanda ha avuto coraggio fin dall’inizio della sua vita», riflette Rotelli in un’intervista, «da quando accettò di finire in prigione pur di tradurre Addio alle armi e tutti gli altri i libri che vietava il regime. Ha mantenuto lo stesso coraggio anche a novant’anni, continuando ad avere fiducia e speranza nella non violenza». Malgrado la rigida educazione vittoriana Pivano, nella sua strenua lotta contro un’epoca di oppressione, ha professato la libertà incessantemente.
Spinta dal suo mentore Cesare Pavese, è riuscita a concretizzare il senso più letterale del “tradurre”, del “condurre da un punto all’altro“, costruendo un solido ponte con gli Stati Uniti e presentando all’editoria italiana le voci dei giganti della letteratura americana. Da Edgar Lee Masters, a Ernest Hemingway, a Francis Scott Fitzgerald, fino alle personalità più rivoluzionarie di Charles Bukowski e della Beat Generation di Allen Ginsberg, Jack Kerouac e William Burroughs.
«Tu lo sai che cosa hanno significato in Italia. Per la prima volta qualcuno parlava di libertà» (…) Poi si rilassò, premette un poco le labbra come per dare un bacio e, giocando con il pollice a rigirare l’anello di meteorite al suo indice, concluse: «La mia base politica e intellettuale è sempre stata l’antifascismo. L’antifascismo per me poi è diventato anarchia, che è la difesa della libertà a tutti i livelli».
«I miei anni con Fernanda Pivano»
Rotelli ha affiancato Pivano nell’intera stesura della sua autobiografia, rievocando assieme a lei viaggi, momenti, incontri del passato con personalità geniali che hanno segnato intere generazioni. Tutti ricordi affidati alle pagine del suo libro (acquista), un diario di crescita in cui il ricordo del singolo si fa collettivo, risuonando nell’animo dei lettori come un sincero inno alla speranza. La stessa inestinguibile speranza radicata nella sua Nanda, una figura che, più di chiunque altro, ha fatto della fiducia nei giovani un’arte senza eguali.
«Grazie a Dio ci sono questi ragazzi di 18 anni che mi mandano le loro poesie, i loro racconti, i loro auguri e mi chiedono suggerimenti su come fare a superare le tragedie della vita. Ahimè. A 92 anni ancora non so cosa rispondere. Dico loro di sperare. Di battersi per vivere in un mondo senza guerre volute solo da capitani ansiosi di medaglie. Di sorridere senza il rimorso di non aver aiutato nessuno. E proprio questi giovani sono una grande, meravigliosa, consolazione. Il segno che qualcosa di ciò che hai fatto ha lasciato un piccolo segno, un piccolo seme».
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