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Comprendere e com-prendere, per una narrazione storica

«Nella stanza dell'Imperatore» di Sonia Aggio

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«Nella stanza dell'imperatore» di Sonia Aggio

Ci troviamo nell’Impero Bizantino, in un’epoca che si tende troppo spesso a non ricordare fino in fondo, il decimo secolo. Le ragioni dell’oblivione sono due. La prima è che al liceo si tende soltanto a sfiorare l’argomento en passant per arrivare rapidi ad epoche considerate più interessanti, come il basso medioevo di Dante, Boccaccio, Crétien, Tommaso. La seconda è che si tratta di un’epoca trasformativa, forse la più trasformativa dentro un periodo, quello medioevale, che può essere considerato un grande laboratorio di civiltà; e come ogni laboratorio è caotico, scevro da principi ordinanti, punti dove com-prendere il tutto per poterlo semplificare senza desemantizzarlo. E credo che sia questa la vera difficoltà di scrivere un libro come Nella stanza dell’Imperatore (Fazi, 2024) di Sonia Aggio: comprendere e com-prendere, capire e mettere tutto assieme: prendere con sé. Il libro è stato candidato al Premio Strega 2024 su proposta di Simona Cives con la seguente motivazione:

(…) Sono lieta di proporre all’attenzione del Premio Strega un romanzo ambizioso e robusto scritto da un’autrice giovane e piena di talento, Sonia Aggio, che con la stessa passione che nutre nei confronti della Storia, lavora in biblioteca con grande dedizione ed entusiasmo. Il libro, dalla lingua ricca curata fin nel dettaglio, e una trama complessa e piena di sviluppi narrativi, si inserisce appieno nel filone del romanzo storico nella sua accezione più alta.

Giovanni Zimisce è l’imperatore dell’Impero bizantino tra il 969 d.C. e il 976 d.C.: un breve regno si può dire. Tuttavia, non è destinato al soglio imperiale sin dalla nascita. Cresciuto nella famiglia Foca, i suoi zii, si distingue ben presto come condottiero; è un uomo di armi, sangue e battaglie: una sorta di paladino dai tratti rolandiani. E come Roland, o Orlando, è sempre accompagnato da dei comites, dei compagni di vita e battaglia, Niceforo e Leone Foca. Quando muore la moglie, e quando viene emarginato dalla famiglia del padre, la sua esistenza sembra ormai segnata dall’attività di Marte. Tuttavia, delle streghe gli profetizzano l’ascesa al soglio imperiale, che in un primo momento lo trova spiazzato, e quasi non capisce il senso di quel responso. Ma appena Niceforo, divenuto imperatore, un po’ come Oliviero per Orlando, lo tradisce, lui decide di accettarlo quel responso, e di dargli forma reale. Ma senza indugiare oltre sulla trama, torniamo al comprendere.

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Com-prendere

Quando si parla di storia medioevale si parla sovente di supposizioni, semplificazioni, dati convenzionali ma passibili ancora di smentite. Insomma, una materia magmatica fatta di luci e di ombre, di cose conosciute e misteri che mai si sveleranno perché ormai risucchiati dal baratro del tempo, e non ricordati a dovere. In altre epoche, anche quelle più remote, la cultura, e dunque la consapevolezza di poter sopravvivere a se stessi, ha portato molti storiografi, come Tucidide, Livio o Tacito, a lasciarci scritte le loro testimonianze sull’epoca antica. Ma nel medioevo era più complesso, perché la storiografia medievale aveva ancora bisogno di tempo per consolidarsi davvero. E poi, anche grandi storiografi che seguivano metodi filologici nel ricostruire il loro tempo o il passato delle loro civiltà, spesso non avevano la possibilità di avere molto materiale su cui lavorare, di viaggiare, di scoprire. Dunque è un’epoca buia, ma non come lo si intende comunemente: un’epoca buia perché non la si conosce fino in fondo. E quando non si conosce si è ignoranti, e forse questo spiega la connotazione corrente di medioevo come “tempi bui”.

Dunque, com-prendere significa anche ricostruire. Significa prendere una serie di pezzi e incollarli in qualche modo e cercare un ordine, una successione, una cronologia, dunque una semplificazione. In questo Sonia Aggio credo abbia fatto un lavoro certosino, benché, come ho spiegato poco sopra, si tratti di una fatica da Ercole, soprattutto quando ci si approccia al medioevo. Ma arriviamo al capire.

Capire

Capire è un verbo italiano che deriva dal latino capere, ossia prendere. Capere, a sua volta, deriva dalla radice indoeuropea KAP che esprime l’idea di possedere, ottenere; e così abbiamo, ad esempio, in inglese keep. Capire dunque significa impossessarsi di qualcosa, renderlo proprio: com-prenderlo. Ma in questo caso non è il comprendere di prima, che è solo la prima fase dell’azione del verbo, ossia riunire il magmatico del reale e porlo davanti a sé. Qui vi è la seconda fase dell’azione del verbo, prenderlo con sé, dentro di sé, dunque capirlo.

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Non è facile capire. Non lo è in generale con l’altro e l’alterità che ci si pone quotidianamente di fronte agli occhi. E la risposta è spesso l’indifferenza, la semplificazione, la superficialità, che non sono per forza comportamenti negativi; talora semplicemente non c’è tempo per andare a fondo. Nel caso di Giovanni Zimisce, parliamo di un uomo vissuto in un’altra epoca, in un’altra realtà, quasi un altro mondo. Un mondo di cavalieri, sangue, imperi, esecuzioni. Un mondo molto difficile da descrivere, proprio perché è difficile capirlo. Sonia Aggio, in questo libro (acquista), credo sia riuscita invece a capire quell’uomo di un altro tempo, fornendogli un armamentario psicologico che è certamente un punto di vista, una visione parziale di quella realtà, ma credo molto vicina al reale.

Inoltre, lo pone in una dimensione narrativa molto costruita, con un intreccio che non si ferma mai, incalzato ad ogni pagina da rivolgimenti e stravolgimenti, quasi la trama volesse contenere e affrontare tutto quel reale magmatico di cui si parlava prima cercando di ordinarlo. Un romanzo scorrevole e piacevole, che credo getti davvero una luce su un’epoca troppo spesso incompresa.

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Vladislav Karaneuski

Classe 1999. Studente di Lettere all’Università degli studi di Milano. Ama la letteratura, il cinema e la scrittura, che gli dà la possibilità di esprimere i silenzi, i sentimenti. Insomma, quel profondo a cui la parola orale non può arrivare.

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