Convalescenza è la raccolta d’esordio di Nicola Curti, un autore giovane che ha deciso di trattare di un tema assai spinoso: la “Convalescenza” a chi si fa riferimento non è fisica, bensì mentale. Pubblicata da L’Erudita, marchio di Giulio Perrone Editore, la raccolta di poesie tratta, infatti, di malattia mentale, un tema delicato, su cui in realtà moltissimo già si è parlato.
Anche in poesia, naturalmente, se ne è parlato tantissimo, essendo un genere sovente dedicato all’introspezione dell’io. Ma probabilmente non se ne parla mai abbastanza. Nicola Curti ne tratta con l’occhio giovane di uno studente universitario, che frequenta la magistrale in Editoria e scrittura alla Sapienza, conosce bene il mondo della letteratura e sceglie di parteciparvi così.
«Convalescenza» di Nicola Curti: la malattia mentale
La raccolta ha inizio con l’antitesi di due poesie e di due muse: una musa malata e una musa sana. Quindi fin dall’inizio siamo coscienti del viaggio che affronteremo. Dalla prima poesia, Musa malata, sembra che si voglia cercare una sorta di salvezza da qualcosa che risiede in se stessi, e quindi rende il viaggio anche più complesso.
Tu, Figlia-madre della malattia,
lascia l’antro del mio ventre. Dai,
va via. Su, svuotami degli incubi.
Sono stanchi i miei orecchi succubi.
Io lo so: la bellezza non l’ho mai
conosciuta. Dov’è la vita mia?
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Le rime sono sostanzialmente libere, ci sono componimenti in cui sembra di avere davanti più una narrazione, mentre altri ancorati fin troppo a un rigido protocollo. Sicuramente la raccolta è stata scritta come si scrive un diario: nell’idea, cioè, di esprimere se stessi liberamente e confidarsi con la pagina.
Il sogno, i luoghi e la terapia
Nel climax di Convalescenza (acquista), lo spartiacque sembra essere la scoperta dello psichiatra e quindi la terapia come salvezza, un elemento evidentemente autobiografico. Pertanto, sono tanti i riferimenti al sogno e al dolore, argomenti tipici dei componimenti poetici del Novecento, letti tante volte e qui ricalcati in una chiave più giovanile e forse anche più facile da rendere popolare. Ne è un esempio, infatti, la poesia Il pescatore:
Nel sogno, un uomo non più ragazzo è steso
su bianchi massi marini. Sopra, il cielo
è un lontano velluto bianco: promette,
d’accecante bagliore, la presenza nascosta
del sole. L’uomo sente farsi greve sulla fronte
il peso della luce, volta la vista nelle strette
fessure: lontano c’è un grosso pescatore,
nell’ombra di un masso più grande, ritira
le tristi reti sulle cosce.
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Non tutto però è ambientato all’interno. Ci sono diversi luoghi nella raccolta di poesie: Roma, con il quartiere di San Lorenzo (che si trova vicino all’università), Genova, e i luoghi dell’infanzia. Curti nell’incipit di una poesia dice di non avere le colline di Pavese. Sicuramente nessuno le ha: anche chi ha vissuto le stesse cose, visto le stesse colline, non eguaglia la grandezza poetica di un autore simile, ma sono i versi di Pavese che probabilmente scuotono emotivamente chiunque lo studi.
Una salvezza è possibile?
A un certo punto Nicola Curti decide, con una poesia che si chiama S.O.S., di esprimere una fragilità che forse qualsiasi lettore ha sentito:
Sempre fedele al mio dolore, sto,
in questo primo novembre uggioso,
fumando la sesta sigaretta rollata,
nonostante il catarro e la tosse; sto
giocando al “m’ama o non m’ama”
con l’infinita margherita delle mie
ossessioni, nonostante io l’ami; sto
scendendo nel mio tugurio marcio
dove si secca e fa la muffa il cuore,
nonostante io desideri il mare; sto
lasciando i remi all’acqua.
Venitemi a salvare.
Questo componimento conserva al suo interno un pregio enorme: in un momento in cui sembra che tutti noi dobbiamo essere supereroi, resistere, non chiedere aiuto a nessuno, qui si chiede aiuto. E al lettore sembra scontato sia un uomo a farlo, la categoria che deve mostrare più forza.
Questo e molto altro in una raccolta giovanile, non per questo acerba, apprezzabile e scorrevole.
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