Tre inediti di Nunzio Bellassai

Lorenzo Gafforini commenta le opere del poeta Nunzio Bellassai

8 minuti di lettura
Nunzio Bellassai

La linea di frattura esiste
E quel vuoto che reputavi necessario
è un obbligo mal celato di un tempo
che non ritorna.
Celebri ancora intatta
la sua calma apparente
ogni singolo attimo concesso
senza perdono.

***

Non trovo alcuna consolazione
nella ricerca di altri reliquiari
troppo ordinati, antica aspirazione
che nutre e avvelena lasciando altari
vuoti. E un nuovo invito alla dispersione
sulla terra bruciata, familiari
sagome arse in cerca di assoluzione
fisse come nudi cinerari. Senza dare
nomi agli oggetti amati, anime
in perenne dissolvenza, tornerà
quel silenzio che mente e promette ancora.

***

Le case vuote disperdono
i vapori esalati da altri,
voci che sgranano
le finestre appannate, i cassetti
costipati. E un silenzio nuovo
che argina l’inondazione,
che arrossisce sottovoce.
La paura di arrivare
sempre troppo tardi.

«Due tempi»: il debutto di Nunzio Bellassai

Nunzio Bellassai ha debuttato lo scorso anno con la raccolta poetica Due tempi. Edita da Edizioni Ensemble, la silloge è costituita da una cinquantina di liriche che dimostrano la maturità stilistica dell’autore. Classe 2000, Bellassai è un poeta cosciente e perspicace. Le parole assumono un singolare peso e hanno una musicalità intrinseca. Quasi a ricalcare le composizioni del glorioso cantautorato italiano, le poesie sono dei preziosi pezzi di bravura capaci di suggestionare.

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La sensibilità artistica in Bellassai si sviluppa già nella prima adolescenza, ma la svolta avviene nel 2020 quando Maurizio Cucchi nota alcune sue poesie e decide di pubblicarle su «La Repubblica». Lo stesso anno, infatti, l’autore aveva sviluppato in sé la volontà di scrivere il suo personalissimo e sentito punto di vista sulla pandemia.

Una “composta maturità”

Nella prefazione a Due tempi Cucchi ne elogia «la composta maturità dello stile e del tono, la compiutezza formale, insieme a una articolata visione del mondo nella sua complessità». La raccolta si compone – come suggerisce il titolo stesso – di due tempi. Infatti, la prima sezione – Linea obliqua – vede come epicentro dell’analisi Milano, colpita particolarmente dal flagello del Covid-19: «La vedi anche tu la fila di camion / dispensatrice di un’umanità agonizzante? / al tempio crematorio?».

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La seconda, invece, da contraltare, ricorda le estati del poeta e viene identificata emblematicamente come Il bambino. Il ricordo dello stupore, della meraviglia e della spensieratezza ricrea un’atmosfera apparentemente perduta. Tuttavia, il tono è ancora quello sommesso – a tratti cupo -, ma estremamente consapevole della prima sezione. La nostalgia e la presa d’atto della caducità del tempo è onnipresente: «Sorrisi intrappolati in foto, sagoma / sporgente nella rigidità del marmo, / la monotonia di un tempo che non / ti è mai appartenuto veramente».

La calma apparente secondo Nunzio Bellassai

In questa occasione Bellassai ci fornisce tre inediti, i primi dall’uscita di Due tempi (acquista). La struttura è similare e riconferma l’approfondimento tematico e stilistico del poeta. Si tratta di versi compatti con una loro omogeneità, caratterizzati dal frequente utilizzo di rime e/o assonanze interne. Viene mantenuto un ritmo studiato e uniforme, accentuato anche dalla presenza di strofe monolitiche e meditabonde. Ancora una volta figura l’analisi del tempo in tutto il suo stagliarsi sublime sulle speculazioni quotidiane. Il senso di morte, deterioramento, alleggia in tutti i componimenti; eppure il linguaggio ricercato conferisce a tutti e gli inediti uno studio quasi filologico.

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La poesia di Bellassai non è immediata, ma come i migliori versi trasmette fin da subito un’emozione singolare e caratteristica. Senza titolo, i tre inediti figurano come delle ragionate analisi tanto improvvisate quanto studiate. La linea di frattura esiste, per esempio, simboleggia un trauma, una sorta di passaggio obbligato per comprendere nuovi aspetti dell’esistenza. La scioccante scoperta del vuoto, del non programmato, si insinua inesorabile nelle nostre vite.

A volte vi sono segnali, a volte ancora si presenta in tutta la sua mostruosa sorpresa. Il non necessario diventa onnipresente e l’autore rimpiange «la sua calma apparente», quando la frattura – come il muro di una rovina – era semplicemente da guardare con distacco. Cadere nel pantano del dolore, inevitabilmente, comporta uno sguardo nostalgico non tanto alla felicità quanto alla pace. Dalla presenza del trauma si passa al dolore più grande: la morte.

Sulla morte e l’addio

In Non trovo alcuna consolazione Bellassai conferisce al componimento un’atmosfera ben più liturgica, alludendo più volte a figure rinvenibili nella cremazione. Non ci è dato sapere se si tratta di morte naturale o violenta. Rimane, tuttavia, la netta impressione del silenzio: la manifestazione uditiva strettamente connessa al vuoto. Emerge chiaramente un senso di spaesamento, di rassegnata frustrazione.

La presa d’atto e la resa incondizionata di fronte al decesso è un omaggio/condanna alla dissolvenza. Lasciare qualcosa sì, ma con il rischio che alla fine rimanga solo un’assordante assenza di suoni: «E un nuovo invito alla dispersione / sulla terra bruciata familiari / sagome arse in cerca di assoluzione / fisse come nudi cinerari». Ancora una volta la cadenza del verso trasmette un senso di raccoglimento e profonda meditazione.

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Le impressioni di Bellassai vengono impreziosite da un vocabolo colmo, calibrato e delicato – nonostante i forti concetti che comunica. Queste sensazioni, infine, trovano la loro ultima materializzazione in una casa abbandonata – o meglio, disabitata. La mancanza produce una serie di suggestioni: è come se la struttura tutta sussurrasse, rimarcando il ricordo di chi non c’è più. Respiriamo i profumi e sentiamo le voci nella più totale solitudine fisica.

La compagnia sussiste solo nella memoria e l’apprezzare ogni attimo arriva «sempre troppo tardi». Anche quando i cari vengono a mancare si genera un «silenzio nuovo» a cui non si era abituati. Ma proprio da tutta questa analisi sulla mancanza, il dolore, nasce la poesia di Bellassai. Un modo per comprendere meglio se stessi e approfondire in maniera inequivocabile e suggestiva sentimenti universali.

L’autore

Nunzio Bellassai (Siracusa, 2000), laureato in lettere moderne, attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Filologia moderna. Nel 2019 ha vinto il Premio “Valerio Gentile” per i racconti brevi. Suoi componimenti sono stati selezionati per la Bottega di poesia de «La Repubblica» e per l’Ufficio Poesie Smarrite del «Corriere della Sera». Collabora con «L’indiependente» e «Grado Zero», dove si occupa di letteratura, arte e cinema.

Illustrazione di Stefano Cotelli
© Riproduzione riservata

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Lorenzo Gafforini

Classe 1996, è nato e vive a Brescia. Laureato in Giurisprudenza, negli anni i suoi contributi sono apparsi su riviste come Il primo amore, Flanerì, Frammenti Rivista, Magma Magazine, Niederngasse. Ha curato le pièces teatrali “Se tutti i danesi fossero ebrei” di Evgenij Evtušenko (Lamantica Edizioni) e “Il boia di Brescia” di Hugo Ball (Fara Editore). Ha anche curato la raccolta di prose poetiche "Terra. Emblemi vegetali" di Luc Dietrich (Edizioni Grenelle). Le sue pubblicazioni più recenti sono: la raccolta poetica “Il dono non ricambiato” (Fara Editore), il racconto lungo “Millihelen” (Gattomerlino Edizioni) e il romanzo “Queste eterne domeniche” (Robin Edizioni). Partecipa a diversi progetti culturali, anche in ambito cinematografico.

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