Un’epopea familiare: le storie elbane di Pier Luigi Luisi

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All’ombra dei fichidindia. Storie elbane quasi tutte vere di Pier Luigi Luisi, edito inizialmente da Gianni Iuculano Editore all’uscita nel 2002, viene riproposto oggi da Medea Edizioni. La prefazione posta in apertura dell’opera è scritta da Dante Isella e così si legge nelle sue prime righe:

Un giorno mi sono sorpreso a osservare fra i mei allievi che seguivano un corso su Le occasioni montaliane questo insolito uditore, e più volte in seguito me lo vidi davanti, al primo banco, con altri suoi colleghi in materie scientifiche

L’«insolito uditore» è, appunto, l’autore del volume: Pier Luigi Luisi. Dopo la laurea alla Scuola Normale di Pisa, Luisi diviene Professore di chimica al Politecnico Federale di Zurigo per poi proseguire la sua carriera universitaria a Roma Tre. Studioso dagli svariati interessi, l’autore vanta al suo attivo più di seicento pubblicazioni su riviste internazionali in campo scientifico.

Questa breve introduzione permette di comprendere la meraviglia di Isella nel vedere Luisi fra gli ascoltatori delle sue lezioni. Infatti, all’epoca Isella era ordinario di Letteratura italiana presso l’Università di Zurigo. I due riescono a istaurare un «minimo di confidenza iniziale», tanto che Luisi sottopone alla lettura di Isella le prime storie elbane. Il filologo ne percepisce fin da subito l’importanza, soprattutto in considerazione della struttura che il libro gradualmente assume.

All’ombra dei fichidindia è formalmente una raccolta di racconti che si possono leggere in maniera autonoma, tuttavia solo a una lettura complessiva se ne percepisce l’effettivo valore. Quelle che potrebbero, almeno inizialmente, sembrare delle storie scollegate, in realtà sono parte di un progetto unitario. Ogni racconto vede per protagonista uno o più personaggi che vengono ripresi interamente o in parte nelle storie successive. Solo proseguendo con la lettura si delinea un albero genealogico che vede il suo ideale inizio nella seconda metà dell’Ottocento e si conclude con la parte finale del secolo scorso.

La riscoperta e il ritorno in All’ombra dei fichidindia

Come anticipato, la raccolta di racconti si ambienta principalmente all’isola Elba. Come precisa Luisi nell’introduzione:

Un’isola piccola, da cui erano originati i miei genitori e i loro stessi genitori, un posto dove si ritornava d’estate per lunghi mesi, attorniati da un gran numero di parenti che ti baciavano ma non sapevi chi fossero.

Dopo gli studi universitari Luisi comincia a visitare i luoghi più svariati, anche grazie ai suoi meriti accademici. Probabilmente il suo vivere così sradicato dalla sua terra d’origine lo porta ad alcune riflessioni. La sua volontà di ripercorrere la storia della sua famiglia non è un impulso narcisistico, tutt’altro. In Luisi emerge chiaramente la volontà di raccontare l’epopea dei suoi avi con un intento semi autobiografico, ma anche per far riscoprire le storie di quella terra così tanto presente nei suoi pensieri. I protagonisti del volume sono persone qualunque, dotate però di storie eccezionali.

Spesso capita di incontrare donne e uomini che, nel narrare le proprie vicissitudini, ritengono che la propria vita sia degna di un romanzo. Eppure, anche se un’affermazione del genere – fra il goliardico e il faceto – può portare a un sorriso dell’interlocutore, si percepisce un fondo di verità. Quanti scrittori hanno ispirato episodi delle proprie opere (se non interi libri) a vicende realmente accadute? Luisi è consapevole di non poter trasporre in maniera totalmente attinente alla realtà i fatti, tanto che il sottotitolo del libro lo precisa: Storie elbane quasi tutte vere. Ma Luisi non permette al lettore di comprendere il confine sottile fra realtà e finzione, tanto che spesso i racconti assumono la forma delle fiabe.

Si tratta di una scrittura immaginifica, capace di emozionare il lettore/spettatore con semplici situazioni apparentemente stereotipate. D’altronde gli eventi sono giunti all’autore tramite un complesso e caratteristico passaparola, in cui il vero diventa mito. Ogni intermediario aggiunge e toglie un dettaglio, tanto da far figurare la vicenda oscura e incoerente. Luisi interviene a limare questo aspetto. Con la sua capacità narrativa, riesce a ricondurre tutte le storie a un percorso preciso e unitario. Condensa decenni di avvenimenti tramandati e li raccoglie in queste pagine.

Come tutto ebbe inizio: l’arrivo di un anarchico calabrese.

Il libro ha inizio con l’arrivo sull’isola di Vito Michele e del figliolo Giovanni. Vito viene mandato al confino come esiliato politico. Considerato un anarchico inveterato e irruento, viene accusato di aver spaccato una bottiglia in testa a un compagno di osteria. Perciò dal suo paese calabrese è costretto a spostarsi e approdare all’Elba, su una grossa barca a vela della Finanza. Al suo seguito, il dodicenne Michele che, come il padre, soffre il mal di mare.

Al loro arrivo, Michele cerca subito nei contorni dell’isola qualcosa di simile alla sua Calabria, ma senza successo. Eppure «gli piacquero i fichidindia, e soprattutto gli piacquero quelle colline così ricolme di uva. La terra non era poi così ruvida e arcigna come quella delle sue parti; ma era forte e seria, una di quelle terre che son generose solo se tu lavori duro». Lentamente Vito e Michele si inseriscono nelle quotidianità dell’isola e cominciano a stringere legami con gli autoctoni, fra tutti con Maria Isolina.

Con l’avanzare della lettura, così, si percorre la vita di tutte le persone incontrate. Come un calibrato gioco teatrale i personaggi vengono alla ribalta per poi ritirarsi nella penombra, ma solo per ricomparire nuovamente. A ognuno è assegnato un ruolo che, anche se a volte analizzato marginalmente, ha sempre e comunque la sua dignità.

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La struttura di All’ombra dei fichidindia è apparentemente semplice. I racconti si possono leggere come storie a sé stanti; tuttavia, si perderebbe gran parte del piacere e della sorpresa. Viene svelato di pagina in pagina il mondo degli antenati dell’autore, come se il lettore possa scoprirlo ed apprezzarlo insieme a lui. Il libro è una continua ricerca verso il senso della vita che si coglie negli aneddoti, negli episodi quotidiani. Viene così a strutturarsi un monologo e Luisi diventa un cantastorie ideale. È il piacere della narrazione popolare che ad ogni episodio fornisce una morale.

Si tratta di novelle da leggere lentamente e il lettore sarà sorpreso nel constatare la vividezza dei personaggi. D’altronde si tratta di storie vere, o quasi. Però, il Luisi scrittore compie un passo ulteriore: infatti, il libro spazia anche nel genere narrativo. Particolarmente interessanti risultano le parentesi storiche sull’isola, che rendono alcuni capitoli dei brevi e suggestivi saggi attentamente documentati.

«Ed è subito sera…»

In All’ombra dei fichidindia (acquista) la politica ricopre un ruolo fondamentale. Dal neonato Regno d’Italia alla Repubblica per passare dalla Seconda guerra mondiale. La vena anarchica e socialista dei personaggi caratterizza l’intero racconto. Le lotte sindacali e il conflitto con la Chiesa sono ricorrenti in molti racconti.

In Luisi, però, non c’è l’esposizione netta di un proprio pensiero. Il lettore può percepirlo tramite il veicolo del tono assunto nell’esporre alcuni avvenimenti piuttosto che altri. Ci sono inevitabilmente attimi in cui il tono si fa particolarmente greve, eppure quello che si evidenzia maggiormente è il lato nostalgico, malinconico e ironicamente amaro. Nelle parole dell’autore c’è compassione per i propri protagonisti/parenti, ma anche la convinzione che essi abbiamo comunque vissuto pienamente:

Cercai di sorridere, così da solo nel silenzio, ma oramai avevo un nodo alla gola. Mi venne in mente il verso del poeta: “Ed è subito sera …” di cui capii solo ora, d’un tratto, il significato. Si stava facendo scuro, lentamente, come succede qui nel maggio, quando i colori resistono a lungo prima di cedere alla sera.

Luisi ricorda appassionatamente ed è così che si assume l’onere di omaggiare la gente comune. Ci vuole una vita per rendere un’esistenza davvero straordinaria.

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Lorenzo Gafforini

Classe 1996, è nato e vive a Brescia. Laureato in Giurisprudenza, negli anni i suoi contributi sono apparsi su riviste come Il primo amore, Flanerì, Frammenti Rivista, Magma Magazine, Niederngasse. Ha curato le pièces teatrali “Se tutti i danesi fossero ebrei” di Evgenij Evtušenko (Lamantica Edizioni) e “Il boia di Brescia” di Hugo Ball (Fara Editore). Ha anche curato la raccolta di prose poetiche "Terra. Emblemi vegetali" di Luc Dietrich (Edizioni Grenelle). Le sue pubblicazioni più recenti sono: la raccolta poetica “Il dono non ricambiato” (Fara Editore), il racconto lungo “Millihelen” (Gattomerlino Edizioni) e il romanzo “Queste eterne domeniche” (Robin Edizioni). Partecipa a diversi progetti culturali, anche in ambito cinematografico.

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