La natura, per Annie Proulx, rappresenta da sempre una personalissima consolazione, ma anche una fonte di costante dolore. Durante un’intervista, la scrittrice statunitense ha confessato che la sua paura più grande risiede proprio nel timore che il mondo naturale che ha conosciuto fin da bambina possa sgretolarsi da un momento all’altro.
Per fronteggiare questa imminente minaccia non restano che la memoria e la scrittura. L’autrice porta avanti questa convinta lotta ambientalista tra le pagine del suo saggio La palude, pubblicato nella sua prima edizione italiana da Aboca Edizioni con la traduzione di Teresa Albanese.
Un attaccamento viscerale
La palude nasce da un’immagine del passato che ha cristallizzato per l’autrice «il valore del mondo»:
Il mio ricordo più antico riguarda la luce del sole che filtrava tra le foglie quando mi misero a dormire sotto un albero. Da quella famiglia, in quel decennio, ricevetti in dono uno spiraglio sulle intricate complessità del mondo naturale. Sono ancorata a quel tempo infantile in cui trovare un’amica nella frangia boschiva significava distinguere un cespuglio di sassofrasso dalle sue foglie a forma di muffola. Credevo di conoscere qualcosa del mondo.
Fin da piccola Proulx ha sempre percepito un attaccamento viscerale alla sua terra. Eppure, non ha mai sentito la necessità di mettere le radici in un luogo preciso. Dopo un’infanzia vissuta tra Connecticut e New England, si è trasferita ripetutamente verso Ovest, mossa dal desiderio di conoscere e raccontare la vita quotidiana in diverse parti dell’America. La sua passione per i paesaggi naturali l’ha spinta a studiarne la geologia, le montagne, le coste, l’acqua, e anche le paludi.
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Alla scoperta delle paludi
Proulx non è una scienziata, ma prova a scavare nella scienza, spingendosi ancora più oltre. Prendendo ispirazione dalla «pratica dell’osservazione ripetitiva» dell’autore americano David Thoreau, traccia una dettagliata geografia delle zone umide nel mondo e prende nota dei loro cambiamenti. Tra le pagine, dipinge un quadro vivido che non solo ritrae un paesaggio, ma anche le esistenze di tutti coloro che nel tempo lo hanno abitato.
La denuncia per la salvaguardia di queste aree del pianeta non si limita unicamente a un impegno ambientale. La graduale distruzione di un ecosistema contribuisce anche al deterioramento del ricco repertorio linguistico che lo descrive. La scrittrice, infatti, lancia una sfida contro questa duplice perdita, impegnandosi nel recupero di un sistema di sostantivi e aggettivi legati alle zone umide. Tra le pagine, sono protagonisti i termini inglesi fen, bog e swamp, traducibili in lingua italiana come torbiera bassa, torbiera alta e foresta torbiera. Non è un caso che parole come queste, seppure molto presenti nel linguaggio tecnico, facciano sempre più fatica ad emergere nel vocabolario quotidiano. La scarsa diffusione di zone umide nel pianeta e la decrescente familiarità dell’essere umano con questi ecosistemi rischiano di compromettere anche il repertorio culturale di tutto il mondo.
Un grido all’azione
La palude (acquista) è un contributo significativo di scrittura naturalistica che accompagna i lettori in un viaggio che abbraccia storia, biologia, linguistica e letteratura. La voce lirica ed appassionata di Proulx non si limita ad esplorare il mondo naturale, ma lancia un vigoroso grido di denuncia in sua difesa, incoraggiando all’azione nonostante la crescente minaccia di una sconfitta imminente.
Spero che i lettori guadagnino una parte della flessibilità mentale che si può creare quando si affronta un mondo che trema per gli sconvolgimenti portati da incendi, alluvioni, fiumi atmosferici, acidità degli oceani, cupole di calore e correnti oceaniche indecise in mezzo alle “ruote vorticose del cambiamento”. È bene ricordare che questa vecchia Terra è costantemente cambiata da quando era una massa girevole di magma in degassamento.
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