«Paris, s’il vous plaît»: mappa di una vita parigina

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Paris s'il vous plaît

Su Parigi è stato scritto di tutto. È la città prediletta dagli artisti almeno da due secoli, è il campo di battaglia per il turismo più sfrenato e consumistico, è un luogo che custodisce una storia secolare, e che in qualche modo sembra sempre omogeneo, in ogni suo palazzo dal tetto di lamiera. E poi, per qualcuno, è casa.

Eleonora Marangoni – autrice di Lux, vincitore del Premio Opera Prima – ci è arrivata per un Erasmus e ci è rimasta otto anni, giungendo a intessere con la città un rapporto fisico, oltre che sentimentale.

Una guida ai posti della memoria

La citazione in esergo, tratta da Cronaca berlinese di Walter Benjamin, inizia significativamente così: «Da tempo, in effetti da anni, gioco con l’idea di articolare lo spazio della vita – bios – in una mappa». Questo sembra essere l’obiettivo di Eleonora Marangoni in Paris s’il vous plaît (Einaudi, 2022), costruire una mappa di Parigi, tutta personale e quindi necessariamente legata al bagaglio individuale. Una mappa fatta non solo di strade e edifici, ma anche di interni e dettagli, momenti e persone, alcune frequentate per anni, altre solo sfiorate in un negozio di costumi.

Lo sguardo dell’autrice è la costante che accompagna il lettore in giro per la città e attraverso i ricordi che in essa ha costruito: a partire dalle scale del suo primo appartamento, nel XVI Arrondissement, che ad ogni piano conservano, scritte nel legno, frasi di incoraggiamento per chi dovesse raggiungere le Chambres de bonne, le vecchie stanze della servitù oggi adibite ad alloggi per studenti:

A ogni piano aveva scritto delle frasi di incoraggiamento col pennarello: «Ah oui, c’est dur la vie» al quinto; «Courage, t’es bientôt arrivé(e)» al sesto; «Voilà t’es chez toi» al settimo (a cui qualcun altro, in stampatello, aveva aggiunto: «Pas moi, moi j’habite au huitième»).

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Le storie e l’arte nascoste in ogni angolo di Parigi

Paris, s’il vous plaît è un po’ un memoir, un po’ un manuale enciclopedico, accurato e godibile, sulla città. Ha scritto Calvino:

Ecco cos’è Parigi, è una gigantesca opera di consultazione, è una città che si consulta come un’enciclopedia.

Eleonora Marangoni nel suo libro riesce a dare un saggio, anche con un appartato fotografico, di questo «archivio a cielo aperto» che è Parigi. Dagli scaffali della Bibliothèque Publique d’Information dedicati a Marcel Proust, ai lampioni fotografati da Charles Marville, ultime testimonianze di una Vieux Paris spazzata via dalla rivoluzione urbanistica di Haussmann, alla storia del grande centro commerciale La Samaritaine. 

E anche chi dovesse aver frequentato molto bene la città, si accorgerà di non conoscere tanti dei luoghi raccontati dall’autrice, o di non averli mai visti sotto questa luce. Ciò che vuole trasmettere il libro è la certezza che il rapporto che ognuno costruisce con la città è personalissimo e irripetibile. Forse, però, non indicibile. 

Le mie non sono delle vere flâneries, perché non dimentico la fame, non resisto al richiamo di negozi, antiquari e cafés. Eppure camminando per Parigi mi è capitato di capire cose e prendere decisioni che hanno contribuito a cambiare la mia vita, a ridefinire il mio rapporto con lei o con altre città.

Tutti i libri nel libro

Paris, s’il vous plaît (acquista) è anche un libro fatto di libri: una flânerie letteraria o anche, se si vuole, un catalogo di letture. La prima è À la recherche du temps perdu di Marcel Proust, un’opera imponente per la quale forse «l’unica via è iniziare e basta». Un’epopea che si può affrontare in modo romantico, entrando in un mondo in cui ci si sente presto a casa, oppure sistematicamente, seguendo la lista Bayard sulle digressioni presenti nella Recherche. Ci sono poi Les miserables di Victor Hugo, e i Poèmes en prose di Charles Baudelaire, che fotografano una Parigi al crocevia di due ere, e le opere-fiume di Benjamin, che dell’era nuova hanno scritto il manifesto artistico e sociale. E c’è il libro di George PerecLa vie, mode d’emploi, un romanzo fatto di interni, che cerca di raccontare un intero condominio parigino, e le vite che in esso si conducono.

Perché «Parigi resta prima di tutto una città vista dall’interno», come scrive Marangoni, e forse è vero: forse le parole non potranno mai esaurire Parigi, ma potrà scriverne davvero solo chi, almeno in un momento della propria vita, l’avrà potuta chiamare casa

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Michela La Grotteria

Classe 1999, genovese, dopo la triennale a Milano si sta specializzando in Italianistica a Bologna. Ama i racconti brevi – ogni tanto ne scrive e pubblica qualcuno – e i romanzi lunghi, le tazze da tè e il francese. Sogna di trasferirsi a Parigi e lavorare in una libreria indipendente.

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